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Cesare Pavese
(✶1908 †1950)
A Roma: amore, l'ultimo
Dopo essere stato per un brevissimo tempo a Milano, fece un viaggio a Roma dove si trattenne dal 30 dicembre del 1949 al 6 gennaio del 1950, ma rimase deluso: il 1º gennaio scriveva sul suo diario:
«Roma è un crocchio di giovanotti che attendono per farsi lustrare le scarpe. Passeggiata mattutina. Bel sole. Ma dove sono le impressioni del '45-'46? Ritrovato a fatica gli spunti, ma niente di nuovo. Roma tace. Né le pietre né le piante dicono più gran che. Quell'inverno stupendo; sotto il sereno frizzante, le bacche di Leucò. Solita storia. Anche il dolore, il suicidio, facevano vita, stupore, tensione. In fondo ai grandi periodi hai sempre sentito tentazioni suicide. Ti eri abbandonato. Ti eri spogliato dell'armatura. Eri ragazzo. L'idea del suicidio era una protesta di vita. Che morte non voler più morire.»
(Cesare Pavese)
In questo stato d'animo conobbe in casa di amici Constance Dowling, giunta a Roma con la sorella Doris, che aveva recitato in Riso amaro con Vittorio Gassman e Raf Vallone, e, colpito dalla sua bellezza, se ne innamorò.
Ritornando a Torino, cominciò a pensare che, ancora una volta, si era lasciato sfuggire l'occasione, e quando Constance si recò a Torino per un periodo di riposo, i due si rividero e la donna lo convinse ad andare con lei a Cervinia, dove Pavese s'illuse di nuovo. Constance infatti aveva una relazione con l'attore Andrea Checchi e ripartì presto per l'America per tentare fortuna a Hollywood, lasciando lo scrittore amareggiato e infelice. A Constance, come per un addio, dedicò il romanzo La luna e i falò: «For C. - Ripeness is all».
Il Premio Strega
Nella primavera-estate del 1950 uscì la rivista Cultura e realtà; Pavese, che faceva parte della redazione, aprì il primo numero della rivista con un suo articolo sul mito, nel quale affermava la sua fede poetica di carattere vichiano, la quale non venne apprezzata dagli ambienti degli intellettuali comunisti.
Cesare venne attaccato e, sempre più amareggiato, annotò nel suo diario il 15 febbraio «Pavese non è un buon compagno... Discorsi d'intrighi dappertutto. Losche mene, che sarebbero poi i discorsi di quelli che ti stanno più a cuore», e ancora il 20 maggio: «Mi sono impegnato nella responsabilità politica che mi schiaccia.»
Pavese era terribilmente depresso e neppure riuscì a risollevarlo il Premio Strega che ricevette nel giugno del 1950 per La bella estate; in quella occasione fu accompagnato da Doris Dowling, sorella dell'amata Constance.
La morte
Nell'estate 1950 trascorse alcuni giorni a Bocca di Magra, vicino a Sarzana, in Liguria, meta estiva di molti intellettuali, dove conobbe un'allora diciottenne Romilda Bollati, sorella dell'editore Giulio Bollati, appartenente alla nobile famiglia dei Bollati di Saint-Pierre (e futura moglie prima dell'imprenditore Attilio Turati poi del ministro Antonio Bisaglia). I due ebbero una breve storia d'amore, come testimoniano i manoscritti dello scrittore, che la chiamava con lo pseudonimo di "Pierina".
Tuttavia, nemmeno questo nuovo sentimento riuscì a dissipare la sua depressione; in una lettera dell'agosto 1950, scriveva:
«Posso dirti, amore, che non mi sono mai svegliato con una donna mia al fianco, che chi ho amato non mi ha mai preso sul serio, e che ignoro lo sguardo di riconoscenza che una donna rivolge a un uomo? E ricordarti che, per via del lavoro che ho fatto, ho avuto i nervi sempre tesi, e la fantasia pronta e precisa, e il gusto delle confidenze altrui? E che sono al mondo da quarantadue anni? Non si può bruciare la candela dalle due parti – nel mio caso l'ho bruciata da una parte sola e la cenere sono i libri che ho scritto.
Tutto questo te lo dico non per impietosirti – so che cosa vale la pietà, in questi casi – ma per chiarezza, perché tu non creda che quando avevo il broncio lo facessi per sport o per rendermi interessante. Sono ormai di là dalla politica. L'amore è come la grazia di dio – l'astuzia non serve. Quanto a me, ti voglio bene, Pierina, ti voglio un falò di bene. Chiamiamolo l'ultimo guizzo della candela. Non so se ci vedremo ancora. Io lo vorrei – in fondo non voglio che questo – ma mi chiedo sovente che cosa ti consiglierei se fossi tuo fratello. Purtroppo non lo sono. Amore.»
Il 17 agosto aveva scritto sul diario, pubblicato nel 1952 con il titolo Il mestiere di vivere. Diario 1935-1950: «Questo il consuntivo dell'anno non finito, che non finirò» e il 18 agosto aveva chiuso il diario scrivendo: «Tutto questo fa schifo. Non parole. Un gesto. Non scriverò più».
In preda ad un profondo disagio esistenziale, tormentato dalla recente delusione amorosa con Constance Dowling, alla quale dedicò i versi di Verrà la morte e avrà i tuoi occhi, mise prematuramente fine alla sua vita il 27 agosto del 1950, in una camera dell'albergo Roma di Piazza Carlo Felice a Torino, che aveva occupato il giorno prima. Venne trovato disteso sul letto dopo aver ingerito più di dieci bustine di sonnifero.
Sulla prima pagina dei Dialoghi con Leucò, che si trovava sul tavolino aveva scritto: «Perdono tutti e a tutti chiedo perdono. Va bene? Non fate troppi pettegolezzi». All'interno del libro era inserito un foglietto con tre frasi vergate da lui: una citazione dal libro, «L'uomo mortale, Leucò, non ha che questo d'immortale. Il ricordo che porta e il ricordo che lascia», una dal proprio diario, «Ho lavorato, ho dato poesia agli uomini, ho condiviso le pene di molti», e «Ho cercato me stesso». Qualche giorno dopo si svolsero i funerali civili, senza commemorazioni religiose poiché suicida e ateo.
Opera e poetica
Importante fu l'opera di Pavese scrittore di romanzi, poesie e racconti, ma anche quella di traduttore e critico: oltre all'Antologia americana curata da Elio Vittorini, essa comprende la traduzione di classici della letteratura da Moby Dick di Melville, nel 1932, ad opere di Dos Passos, Faulkner, Defoe, Joyce e Dickens.Nel 1951 uscì postumo, edito da Einaudi e con la prefazione di Italo Calvino il volume La letteratura americana e altri saggi con tutti i saggi e gli articoli che Pavese scrisse tra il 1930 e il 1950.
La sua attività di critico in particolare contribuì a creare, verso la metà degli anni trenta, il sorgere di un certo "mito dell'America". Lavorando nell'editoria (per la Einaudi) Pavese propose alla cultura italiana scritti su temi differenti, e prima d'allora raramente affrontati, come l'idealismo ed il marxismo, inclusi quelli religiosi, etnologici e psicologici.
Opere
L'elenco è in ordine cronologico in base alla data di pubblicazione delle rispettive prime edizioni. Poiché molti testi furono pubblicati anni dopo essere stati composti, dove opportuno sono segnalate le date di composizione, per le quali si rimanda alla cronologia in C. Pavese, Racconti, 1960, Torino, Einaudi, 1960, pp. 517-22.Romanzi, racconti
Paesi tuoi, (romanzo), Einaudi, Torino 1941.Prima che il gallo canti, Einaudi, Torino 1948. Il volume comprende 2 romanzi: Il carcere, scritto nel 1938-1939, e La casa in collina.
La spiaggia, (romanzo) nella rivista "Lettere d'oggi", n. 7, Roma 1941; poi in volume, Lettere d'oggi, Roma 1941; nuova edizione postuma, Einaudi, Torino 1956.
Feria d'agosto, (racconti), Einaudi, Torino 1946.
Dialoghi con Leucò, (racconti - conversazioni a due tra personaggi mitologici), Einaudi, Torino 1947.
Il compagno, romanzo, Einaudi, Torino 1947.
La bella estate, Einaudi, Torino 1949, Il vol. comprende 3 romanzi: il romanzo eponimo, scritto nel 1940, Il diavolo sulle colline e Tra donne sole.
La luna e i falò, romanzo, Einaudi, Torino 1950.
Notte di festa (racconti), raccolta postuma, Einaudi, Torino 1953.
Il diavolo sulle colline - Gioventù crudele (due soggetti cinematografici), in "Cinema Nuovo", settembre-ottobre 1959.
Fuoco grande (scritto a capitoli alterni in collaborazione con Bianca Garufi), romanzo incompiuto e postumo, Einaudi, Torino 1959.
Racconti (frammenti di racconti e racconti inediti, in aggiunta a quelli di Notte di festa e di Feria d'agosto), raccolta postuma, Einaudi, Torino 1960.
Ciau Masino, Einaudi, Torino 1968 (ed. fuori commercio, nello stesso anno in Racconti, Einaudi, Torino 1968, Opere, vol. XIII, tomo I)
Tutti i romanzi, a cura di Marziano Guglielminetti, Einaudi, Torino 2000 (collana "Biblioteca della Pléiade").
Tutti i racconti, a cura di Mariarosa Masoero, introduzione di Marziano Guglielminetti, Einaudi, Torino 2006 (collana "Biblioteca della Pléiade"). Oltre a tutti i racconti già riuniti in Racconti, questa edizione comprende anche la raccolta Ciau Masino e altri testi già inseriti a partire dall'ed. del 1968 dell'opera omnia.
Il serpente e la colomba: scritti e soggetti cinematografici,a cura di Mariarosa Masoero, introduzione di Lorenzo Ventavoli, Einaudi, Torino 2009.
Fonte: Wikipedia, l'enciclopedia libera
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