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Cosimo de' Medici
(✶1389 †1464)
Lutti familiari e morte
Cosimo, ai primi degli anni '60, aveva raggiunto la ragguardevole età di settant'anni. Poco prima di morire, Cosimo ebbe il dolore di veder morire il prediletto figlio Giovanni, nel 1463. Nonostante gli avesse dato parecchio dispiacere per la condotta di vita, Cosimo pianse amaramente il figlio scomparso: da un lato perché Cosimo riponeva in lui tutte le speranze per la successione, visto il pessimo stato di salute in cui versava il primogenito Piero, continuamente afflitto dalla gotta; dall'altro, per la popolarità di cui Giovanni godeva in città.
Entrato in una fase depressiva, Cosimo preparò la sua successione affiancando al malato figlio Piero alcuni suoi stretti collaboratori, quali Diotisalvi Neroni. Unica gioia negli ultimi anni di vita fu la presenza del giovanissimo nipote Lorenzo, del quale ammirava l'intelligenza e lo spirito: nonostante avesse soltanto quindici anni alla morte del nonno, Lorenzo era molto più maturo della sua età, cosa che spinse Cosimo, sul letto di morte, a raccomandare a Piero di dare a Lorenzo e al fratello di lui Giuliano la migliore istruzione in campo politico. La morte colse Cosimo il 1º agosto del 1464 nell'amata villa di Careggi, ove il vecchio statista amava trascorrere periodi di riposo in compagnia di Marsilio Ficino e dei membri dell'Accademia neoplatonica.
Funerali e Cosimo Pater patriae
La morte di Cosimo de' Medici fu accolta con lutto e costernazione all'interno sia di Firenze, sia negli altri potentati della Penisola. La Signoria, in segno di riconoscenza, desiderava che Cosimo ricevesse un solenne funerale, come se fosse morto un capo di Stato. Il figlio Piero, però, volle che fossero rispettate le volontà paterne e che fosse sepolto come un cittadino privato. Nonostante ciò, il nuovo capofamiglia dei Medici non poté rifiutare l'onore che la Signoria e il popolo decisero di tributare a Cosimo scrivendo, nel 1465, l'iscrizione Pater patriae sulla lastra della sua tomba realizzata dal Verrocchio, lastra posta all'incrocio della navata centrale col transetto posto dinnanzi all'altare della Basilica di San Lorenzo, in un luogo che nelle basiliche cristiane era di solito riservato alle reliquie dei santi ai quali era dedicata la chiesa. La tomba si trova però nella cripta della Basilica.
La politica culturale
Anche il mecenatismo fu un'arma nelle mani di Cosimo, intesa come fine investimento propagandistico. Proteggendo gli artisti, finanziando i letterati e patrocinando la costruzione di edifici pubblici, ne decretò la consacrazione a Pater patriae con cui verrà conosciuto presso i posteri. La sua straordinaria saggezza fu quella di non far dissociare mai il suo nome da quello di Firenze, permettendo così di mostrarsi ai suoi concittadini come un benefattore della cittadinanza, piuttosto che come un oligarca altezzoso. Inoltre, Cosimo si interessò anche del restauro di edifici esterni a Firenze, talvolta distanti dal capoluogo toscano migliaia di chilometri: il Collegio degli Italiani di Parigi, andato distrutto; e l'Ospizio dei Pellegrini di Gerusalemme.
Opere pubbliche
Il convento di San Marco
Cosimo, sul versante delle opere destinate al culto, fece ricostruire il convento di San Marco a metà degli anni '30, incaricando del progetto il favorito Michelozzo, mentre commissionò al conventuale Beato Angelico la decorazione delle celle claustrali, una delle quali fu destinata a suo uso qualora avesse avuto bisogno di meditare. In cambio dei 10.000 fiorini spesi per il restauro e per ogni oggetto (sacro o profano) necessario ai monaci, Cosimo convinse papa Eugenio IV a introdurre in quel monastero i frati domenicani, scacciando invece i monaci silvestrini accusati di lassismo morale. Cosimo, erede della libreria dell'umanista Niccolò Niccoli, la trasportò nel convento di San Marco rendendo accessibile a chiunque la loro consultazione.
La basilica di San Lorenzo
Cosimo inoltre portò avanti i lavori a San Lorenzo, iniziatisi nel 1419 dal padre e progettati da Filippo Brunelleschi. Subito dopo la morte di Giovanni, nel 1429, assieme al fratello Lorenzo, incaricò Donatello del completamento e della decorazione della Sagrestia Vecchia (1428), assumendo con la morte di questi l'intero rifacimento della chiesa dedicata col nome del fratello defunto.
La Badia Fiesolana
Antichissima chiesa risalente all'XI secolo, successivamente distrutta in seguito alla sottomissione di Fiesole da parte di Firenze e poi ricostruita nel XV secolo, la Badia Fiesolana passò in mano prima dei camaldolesi, poi dei benedettini e infine degli agostiniani dopo il 1439. Fu proprio nel XV secolo che l'edificio e la comunità religiosa in generale conobbero il periodo di massimo splendore, grazie al mecenatismo di Cosimo de' Medici. Questi, nel 1456, incaricò Michelozzo e Filippo Brunelleschi di ristrutturare la chiesa e di abbellirla, oltre a dotare la comunità monastica di vari servizi all'avanguardia quali l'infermeria, e altri più ordinari quali invece il refettorio, varie sale per le riunioni dell'Ordine e, infine, una ricca biblioteca a usufrutto dei monaci.
La fondazione della Biblioteca Laurenziana
Nel 1444, Cosimo decise di rendere pubblico l'accesso della sua immensa biblioteca. Vespasiano da Bisticci, curatore della Biblioteca Medicea (poi soprannominata Laurenziana in quanto collegata colla Basilica di San Lorenzo), ci descrisse molto dettagliatamente non soltanto l'imponente numero dei manoscritti ivi custoditi (più di duecento), ma anche la cura e la sollecitudine con cui il Medici volle che fosse completata e arricchita il prima possibile. I volumi conservati spaziano dai Padri della Chiesa (Origene, san Girolamo, san Gregorio di Nazianzo, Lattanzio, san Gregorio Magno, san Tommaso d'Aquino e san Bonaventura da Bagnoregio, per esempio) ai filosofi e scrittori dell'antica Grecia e Roma (Aristotele, Tito Livio, Cesare, Svetonio, Plutarco, Valerio Massimo, Virgilio, Terenzio, Ovidio, Seneca, Plauto e Prisciano, sempre per citarne alcuni).
Il mecenatismo privato
Oltre alla costruzione di conventi e al patrocinio della cultura a favore del popolo fiorentino e della chiesa locale, Cosimo si dedicò anche alla realizzazione di ville e palazzi ad uso personale, chiamandovi artisti di grido quali: Donatello, autore del celebre David realizzato su commissione di Cosimo; Filippo Lippi, Paolo Uccello, Luca della Robbia, Lorenzo Ghiberti, Desiderio da Settignano, Andrea del Castagno e il già più volte citato Michelozzo.
Il palazzo di Via Larga e la Cappella dei Magi
Non appena divenne il capofamiglia, Cosimo decise di costruire un palazzo in Via Larga, l'attuale Via Cavour, i cui lavori durarono circa dieci anni. Inizialmente, interpellò come architetto il Brunelleschi ma, visto il progetto sontuoso che l'artista gli presentò, Cosimo preferì chiamare al suo servizio Michelozzo, che invece gli presentò un disegno molto più modesto: era necessario, infatti, non suscitare l'invidia dei nemici politici di Cosimo. La decisione è sintetizzata con queste parole da Pierluigi De Vecchi ed Edda Cerchiari:
«[Cosimo] continuava a improntare il suo comportamento a modelli derivati dallo stoicismo ciceroniano (ricerca del bene comune e non del potere o del prestigio personali, moderazione, rifiuto dell'ostentazione). In tale chiave va interpretata la sobrietà delle opere di valenza anche pubblica da lui commissionate, come Palazzo Medici o il Convento di San Marco.»(De Vecchi-Cerchiari, p. 127.)
Fonte: Wikipedia, l'enciclopedia libera
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