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Federigo Tozzi
(✶1883 †1920)
Tematiche
Psicoanalisi
L’opera di Tozzi, valutata nel suo complesso, segna una tappa importante nella storia della narrativa italiana del Novecento perché, proponendo una forma di romanzo tutta ripiegata sull'interiorità umana, si colloca fra la dissoluzione del naturalismo ottocentesco e le nuove dimensioni poetiche e psicoanalitiche (dal simbolismo al recupero memoriale di Proust).Tozzi tuttavia non conosce Freud, giunge a conclusioni analoghe perché è uno scrittore "primitivo" che ha antenne per captare fenomeni culturali più ampi, è dotato di una grande potenza intuitiva. Senza molti strumenti si proietta in altre realtà. Tozzi si interessa molto di psicologia, ma non fa psicoanalisi; la realtà gli si impone con la violenza massiccia dell'incubo dell’esperienza personale per poi essere ritrasportata, sempre sotto forma di incubo, nelle sue opere.
Nelle sue opere si riscontrano sia il complesso d'Edipo, sia il complesso di Prometeo.
Inettitudine
Tozzi viene recuperato dalla critica a partire dagli anni sessanta, prima era considerato solo un narratore verista-regionalista, da allora invece si mette in luce anche la sua vena lirica. Tozzi utilizza le forme tradizionali del realismo solo per esprimere una sua particolare visione della realtà che ruota intorno all’inettitudine come inadeguatezza dell’individuo a reggere nuove richieste che la vita gli fa. I personaggi tozziani sono "incapaci di…". Nei romanzi di Tozzi si trova una sorta di rappresentazione lirica dello sbandamento dell'uomo di fronte alla cose. In questo Tozzi ricorda molto Joyce (Ulisse), Musil (L'uomo senza qualità), Kafka (Il processo), Svevo (La coscienza di Zeno, Una vita) e Mann. Tozzi si inserisce in questa scia calando in questa prospettiva l’ambito in cui vive, cioè Siena.Siena
Lo stato d'animo come chiave di lettura della città di Siena, e quindi anche delle descrizioni di città può essere un criterio per una lettura dei più famosi romanzi di Federigo Tozzi.Piuttosto apprezzato dai contemporanei (ad es. Pirandello) soprattutto per il suo interesse ai particolari psicologici e per la sua visione "da dentro" delle vicende, fu però anche accusato di autobiografismo ed "eccessi psicologici".
Dopo la sua morte una parte delle critica (Borgese, Russo, ecc.) pose l'accento principalmente sul confronto del modello verista o addirittura regionalista, perdendo di vista il vero obiettivo di Tozzi, cioè quello di rappresentare le vicende psichiche che portano i suoi personaggi all'inettitudine; mentre gli intellettuali di Solaria cercarono di recuperarne la prospettiva europea, riconoscendo nelle tematiche da lui sviluppate collegamenti con grandi scrittori come Kafka, Müsil, Joyce, Mann, Svevo, Proust.
La critica moderna mette oggi in risalto altri aspetti di Tozzi, come l'espressionismo, la rappresentazione allucinata della realtà, le "patologie psicologiche" dei personaggi (grazie all'intervento di Giacomo Debenedetti con Il personaggio uomo), la centralità dell'io e il "realismo-simbolico".
Tozzi infatti utilizza le forme tradizionali del realismo per esprimere una sua particolare visione della realtà (in particolare circa il problema dell'inadeguatezza, della difficoltà a vivere, della piccolezza) calando in questa prospettiva l'ambito in cui vive, cioè Siena (oppure Roma ne Gli Egoisti).
L'opera tozziana, come fa notare Pasquale Voza (1985), è un'incessante interazione tra spunti regionali e significati universali (espressioni dello stesso Tozzi), dove il microcosmo si dilata fino ad inglobare il macrocosmo.
Anche l'aspetto autobiografico, talvolta messo al centro della produzione di questo autore, passa in secondo piano pur non perdendo di importanza: è solamente un'altra metafora per porre con forza e angoscia l'idea della difficoltà della vita.
Molto evidente, infatti, è l'analogia fisico-psichica tra l'inettitudine, il torpore dell'anima di molti dei personaggi dei romanzi di Tozzi (primo fra tutti Pietro, il protagonista di Con gli occhi chiusi) e la descrizione di alcuni scorci di Siena, raffigurata spesso come tutta raccolta in sé e inaccostabile. La realtà provinciale in cui si muovono i personaggi fa da sfondo alla loro destino di solitudine e cecità.
«Stava a giornate intere, solo, in casa; guardando, con la faccia sui vetri, il sottile rettangolo di azzurro tra i tetti. Quell'azzurro sciocco, così lontano, gli metteva quasi collera; [...]E allora sentiva il vuoto di quella solitudine rinchiusa in uno dei più antichi palazzi di Siena, tutto disabitato, con la torre mozza sopra il tetro Arco dei Rossi; in mezzo alle case oscure e deserte, l'una stretta all'altra; con stemmi scolpiti che nessuno conosce più, di famiglie scomparse.»
(Con gli occhi chiusi)
E anche quando la città offre i suoi lati migliori, più aperti e più belli, questi servono solamente da sfondo di contrasto con la psicologia di tali personaggi, acuendo addirittura il loro senso di smarrimento di fronte alla vita.
«Andava verso la città sovra la quale si raccoglieva una dolcezza d'azzurro, tra le colline l'una più soave dell'altra. Quella bellezza meravigliosa l'umiliava»
(Con gli occhi chiusi,)
Il rapporto tra Tozzi e la sua città natale è sempre stato ambivalente, potrebbe assomigliare allo struggimento di un innamorato tradito. Tozzi ha amato Siena nei suoi vicoli storti e nei suoi baratri scoscesi, nelle sue piazze ariose e nelle torri slanciate, ma da Siena ha sempre cercato di fuggire, sia per le poche opportunità che offriva allora sia per evadere da ciò che Siena rappresenta nel suo immaginario, cioè l'immobilità, la tradizione, l'abitudine.
Siena come habitus, come una droga, un narkoticon che spegne ogni iniziativa inebriando i suoi abitanti di sé stessa e della sua indubitabile bellezza.
«La mia anima, per aver dovuto vivere a Siena, sarà triste per sempre: piange, pure che io abbia dimenticato le piazze dove il sole è peggio dell'acqua dentro un pozzo, e dove ci si tormenta fino alla disperazione.
Ma i miei brividi al tremolio bianco degli olivi! E quando io stavo fermo, anche più di un'ora, senza saper perché, allo svolto di una strada, e la gente mi passava accanto e mi pareva di non vederla né meno!
Città, dove la mia anima chiedeva l'elemosina, ma non alla gente! Città, il cui azzurro mi pareva sangue!»
(Bestie)
Una droga da cui Tozzi non riuscirà mai a liberarsi, neanche a contatto con le grandi città come Firenze e soprattutto Roma, nelle quali vedrà sempre, come allucinazioni, riflessi della sua Siena. Questo rapporto conflittuale caratterizza anche i comportamenti di molti dei personaggi di Tozzi: per questo le sue scenografie non sono solo «ad alto coefficiente pittorico» piuttosto tendono a realizzare «un progetto speculativo diretto ad interpretare il destino dei suoi personaggi» (Jeuland-Meynaud, 1991).
«Il vento frusciava nei giardini e negli orti a piedi delle case, dentro la cinta delle mura di Siena. Si sentiva chiudere qualche persiana sbattendo; e c'era un piccolo eco affilato e rauco che ripeteva pazientemente in fondo agli orti quel rumore; come se andasse ad appiattirsi laggiù; dove gli archi della fonte di Follonica s'interrano fino a mezzo; impiastricciati di muschi che si sfanno con il tartaro dell'acquiccia. L'erta delle case, silenziose, morte, non sentiva le foglie di un gran tiglio, sotto la finestra della camera, staccarsi l'una dopo l'altra, senza che potessero smettere più.»
(Tre Croci)
Le "cose" descritte dal Nostro non sono mai statiche e prive di vita, anzi, partecipano attivamente alle azioni diventandone parte integrante in quanto «gli elementi della realtà sono compartecipi del vivere umano, in un sodalizio intimo che li definisce attori a pieno titolo dell'evento». (Jeuland-Meynaud, 1991)
Fonte: Wikipedia, l'enciclopedia libera
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