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Federigo Tozzi
(✶1883   †1920)

In Con gli occhi chiusi, però, Pietro alla vista della prossima maternità di Ghisola fugge dal mondo che la sua immaginazione si era andato creando, riuscendo a interporre una distanza tra la realtà e la visione quasi onirica; mentre i fratelli Giambi, protagonisti di "Tre Croci", vedono in tutto ciò che li circonda solo inganno, lussuria, gola, sovrapponendo così in modo definitivo i due campi e perdendo la loro identità. Ai tre protagonisti, emblemi di una umanità peccatrice, del sottosuolo e refrattaria a ogni conversione, fa da contraltare la figura positiva di Modesta che cerca insistentemente di far riavvicinare il cognato Enrico alla chiesa:

«Perché, almeno, non ti converti a Dio? Anche il povero Niccolò è morto senza potersi confessare; e Giulio s’è ucciso. Forse, stanno male tutti e due; ora. Bisogna pensare alle loro anime. [...] Vai a farti aiutare dai canonici del Duomo.»
(Tre Croci)

In tutta l'opera di Tozzi, ma soprattutto in quest'ultimo romanzo, sembra esistere soltanto il mondo interiore del personaggio: tutto ciò che ne è al di fuori è solamente la dilatazione dell'interiorità dell'attore. L'uomo e le sue emozioni diventano la misura e la dimensione del mondo, un po' come in Malraux, Sartre, Camus, Durrell e altri. Si assiste nell'opera tozziana ad un'esaltazione dell'individualità che andrebbe altresì riletta alla luce della conversione al cattolicesimo da parte dell'autore. Ad una interpretazione esclusivamente nelle coordinate della psicoanalisi fanno da contraltare e risultano chiarificatrici le parole dell'autore stesso:

«L’uomo che cerca Dio esalta la propria individualità; perché cercare Dio significa spingere l’anima fin dove le è concesso di arrivare […]; la nostra religione, così trascurata e sbassata da tutti i trattati di psicologia, è il motivo spontaneo della nostra anima.»
(dalla rivista La Torre)

Questo processo empatico si può facilmente notare anche in "Bestie" se "il libro non viene letto come frammenti di storie possibili ancora allo stadio embrionale, ma come l'unica possibile vicenda di un io frantumato e diviso nei suoi innumerevoli e rapidissimi stati d'animo". (Dedola, 1990)

Per "Bestie" l'analogia fisico-psichica si allarga: non più solo uno scenario cittadino come secondo termine di paragone, ma ogni elemento che, allo stesso tempo, può essere segno e simbolo di un'emozione.

«Ecco la sera, quando le cose della stanza diventano pugnali che affondano nella mia anima; maniche che mi attendono.
Qualche altra volta mi erano sembrate - libri, tavoli, sedie, tagliacarte, cuscini, lampade, pareti - poemi immensi.
Mai, in nessun modo, sono riuscito ad essere indipendente dinanzi a loro.»
(Bestie)

La percezione diventa più importante dell'oggetto percepito, il personaggio è colui che filtra le cose attraverso i suoi stati d'animo. Spesso le descrizioni sono allucinate perché la scissione sta proprio nel personaggio stesso che non riesce a distinguere la dimensione interna da quella esterna. Proprio questa "disgregazione psichica" porta i personaggi tozziani all'inettitudine e all'incapacità di agire.

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Bibliografia

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Fonte: Wikipedia, l'enciclopedia libera

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