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Gabriele D'Annunzio
(✶1863   †1938)

La narrativa dannunziana

Le giovanili Novelle della Pescara si ispirano al Verga pur presentando la propria gente abruzzese in uno stile barbaramente violento.

D'Annunzio raggruppò i suoi romanzi in tre cicli:
i "'romanzi della rosa"' (Il Piacere, L'innocente, Il trionfo della morte), che rappresentano lo sforzo per vincere la sensualità di fronte alla quale però cedono i protagonisti (rispettivamente Andrea Sperelli, artista raffinato vinto dall'amore per Elena Muti; Tullio Hermil che, nonostante la pietà umana, farà morire l'innocente nato da una relazione con la moglie; Giorgio Aurispa dominato dalla lussuria);
i "romanzi del giglio", che rappresentano la purificazione dalla passione: scrisse solo Le vergini delle rocce, il cui protagonista, Claudio Cantelmo, è incerto fra tre fanciulle, quale sarà degna di generare il superuomo futuro rigeneratore della stirpe latina;
i "romanzi del melograno", simbolo della rinata volontà: scrisse solo Il fuoco, in cui il protagonista Stelio Effrena riceve dalla giovane Foscarina l'ispirazione per la sua opera teatrale.

La struttura "ciclica" dei romanzi fu ideata anche da altri scrittori, per esempio Honoré de Balzac (i "cicli" de La Commedia umana); Verga (Ciclo dei Vinti); Fogazzaro (tetralogia: Piccolo mondo antico, Piccolo mondo moderno, Il santo, Leila); Émile Zola.

Estranei ai tre cicli sono il romanzo Giovanni Episcopo, che risente dello psicologismo della narrativa russa (in particolare Fëdor Dostoevskij), e Forse che sì forse che no, che esalta il mito eroico dell'aviazione.

Oratoria politica

«Italia, Italia, / sacra alla nuova Aurora / con l’aratro e la prora!»
(Canto augurale per la nazione eletta)

Negli anni immediatamente precedenti il Primo conflitto mondiale, nella mentalità collettiva e negli ambienti culturali di tutta l'Europa si affermò un diffuso atteggiamento ottimistico e di esaltazione, non di rado accompagnato da contenuti politico-ideologici. Questo stato d'animo generale, legato al clima culturale della Belle Époque d'inizio secolo, fu poi ribattezzato Superomismo, sulla base di una lettura personale dei testi di Nietzsche; tutt'oggi il dibattito su quest'argomento non è ancora concluso. D'Annunzio intuì lo smisurato potere che si può trarre dai mezzi di comunicazione di massa e compartecipò a questo fenomeno fino a divenirne uno dei maggiori propugnatori.

Il piacere fisico e gestuale della parola ricercata, della sonorità fine a sé stessa, della materialità del suono proposta come aspetto della sensualità, aveva già caratterizzato la poetica delle Laudi; ma con le opere teatrali egli aveva maturato uno stile il cui scopo era conquistare fisicamente il pubblico in un rapporto sempre più diretto e meno letterario. Facendo leva sul mito di Roma e su una vasta mitologia nazionale post-risorgimentale, creò un modulo retorico dall'aspetto al contempo combattivo ed elitario: l'abbandono della prosa letteraria e l'immersione nel rito collettivo della guerra si presentò come un tentativo di conquistare la folla, da un lato per dominarla dall'altro per annullarsi in essa, nell'ideale comunione totale tra capo e popolo. E in queste orazioni il popolo prendeva le forme impressionistiche dell'«umanità agglomerata e palpitante», mentre il capo era un re-filosofo, ora riproposto come profeta della patria.

La retorica bellica di D'Annunzio trovò un largo consenso nella popolazione, affascinata dal suo carisma e dall'aura di misticità che lo circondava. Egli elaborò in questo modo un immaginario per la propaganda interventista, la quale sarà la premessa e il prototipo della propaganda fascista nel primo dopoguerra.

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D'Annunzio e la musica

Sin dall'infanzia, Gabriele D'Annunzio ebbe un rapporto strettissimo con la musica, tanto da prendere lezioni di pianoforte e contemporaneamente di violino dietro suggerimento del padre. D'Annunzio possedeva un violino prodotto probabilmente da Jakobus Steiner (1617 - 1683), uno dei più illustri liutai del Tirolo. Il Vate era più legato a Gasparo da Salò che al sommo Antonio Stradivari. L'amore per Gasparo da Salò e per il violino è rintracciabile anche nelle stanze e nei giardini del Vittoriale. Nella villa di Gardone Riviera c'è una parte del giardino che ha la forma di un violino ed è chiamata giardino delle danze. La stanza della musica, quella che ospitava le esecuzioni intime di Luisa Baccara al pianoforte, recava inizialmente il nome di Camerata di Gasparo , proprio in onore al padre del violino moderno. D'Annunzio sapeva suonare anche la chitarra e spesso trascorreva il pomeriggio con essa. Era un finissimo conoscitore dell'opera musicale: privilegiava il sinfonismo di Ludwig van Beethoven, la poesia pianistica di Fryderyk Chopin e di Robert Schumann, il lirismo di Giuseppe Verdi e non dimenticava mai di prestare attenzione anche ai capolavori e alle innovazioni della sua epoca. Disdegnava la banda di Pescara, da lui definita brigantesca, e frequentava i concerti dei quintetti sgambatiani che Giovanni Sgambati, discepolo di Franz Liszt, teneva a Roma nella Sala Dante, alla presenza della Regina Margherita.

Amicizie, collaborazioni e inimicizie

Era intimo amico di Francesco Paolo Tosti, il cosiddetto Re della romanza. D'Annunzio fornì a Tosti numerosi testi da musicare. Il più famoso è uno dei capolavori della canzone napoletana: 'A vucchella. Scritta da D'Annunzio nel 1892, in seguito ad una scommessa con Ferdinando Russo al tavolino del Caffè Gambrinus di Napoli, divenne un successo internazionale quando fu cantata da Enrico Caruso. Russo diede il testo a Tosti, che lo musicò, e la celeberrima canzone fu pubblicata da Ricordi nel 1904 con la sua data di composizione. Tra le altre romanze di Tosti, con i versi di D'Annunzio, merita d'esser ricordata anche L'alba separa dalla luce l'ombra, famosissima lirica tratta dalle Quattro canzoni dell'Amaranta. D'Annunzio intuì il valore dell'opera verista, ma fu sempre riluttante nei suoi confronti. Definì Pietro Mascagni il capobanda e scrisse un pamphlet dallo stesso titolo che apparve su Il Mattino di Napoli il 3 settembre 1892. D'Annunzio reclamava un ritorno all'antica musicalità d'origine classica.

Divenne amico di Giacomo Puccini e col grande compositore si tentò la collaborazione per comporre due drammi storici: Rosa di Cipro e La crociata dei fanciulli. Il carteggio tra i due, di recente pubblicazione, mostra proprio queste due forze culturali, tutte tese a entrare in contatto per creare un assoluto capolavoro.

D'Annunzio legò anche con Arturo Toscanini e memorabile è il concerto che Toscanini tenne con l'orchestra del Teatro alla Scala nel 1920 a Fiume. D'Annunzio scrisse a Toscanini nel giugno di quell'anno: «… Venga a Fiume d'Italia, se può. È qui oggi la più risonante aria del mondo. E l'anima del popolo è sinfoniale come la sua orchestra. I Legionari attendono il Combattente che un giorno condusse il coro guerriero». Toscanini fu accompagnato nella città dannunziana da Leone Sinigaglia e Italo Montemezzi. La città di Fiume era una sorta di città musicale. La musica era la più intima compagna dei cittadini e nello statuto della città v'era scritto: «Excitat auroram», eccita l'alba. D'Annunzio disse ai suoi legionari dopo l'esercitazione del mattino: «Guardatelo, guardategli la mano che tiene lo scettro. Il suo scettro è una bacchetta, leggera come una verga di sambuco; e solleva i grandi flutti dell'orchestra, sprigiona i grandi torrenti dell'armonia, apre le cateratte della grande fiumana, scava le forze dal profondo e le rapisce al sommo, frena i tumulti e li riduce in sussurri, fa la luce e l'ombra, fa il sereno e la tempesta, fa il lutto e il giubilo». Quella stessa sera vi fu il concerto che prevedeva musiche di Beethoven, Giuseppe Verdi (I vespri siciliani), Wagner, Sinigaglia (Suite Piemonte) e di Respighi (Le fontane di Roma). Il legame con Toscanini non terminò dopo l'esperienza di Fiume. Il Vate invitava spesso Toscanini e sua figlia al Vittoriale.

D'Annunzio prestò numerosi suoi testi alla scena musicale. La figlia di Iorio fu musicata da Alberto Franchetti, famoso per aver concesso ad Umberto Giordano il testo dell’Andrea Chenier; Francesca da Rimini da Riccardo Zandonai che ne trasse un'opera dal valore autentico, Parisina da Pietro Mascagni, La Pisanella e La Nave ad Ildebrando Pizzetti, il più grande compositore influenzato dal dannunzianesimo assieme a Gian Francesco Malipiero e autore della Sinfonia del Fuoco per Cabiria, il kolossal cui aveva collaborato anche D'Annunzio. Non solo agli italiani finirono i grandi capolavori scenici del Vate: le musiche di scena per Fedra vennero composte da Arthur Honegger, mentre Claude Debussy ebbe il privilegio di musicare Il martirio di San Sebastiano., tragedia pagana mista a simboli cristiani.

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Composizioni da camera su testi dannunziani

I sonetti delle fate - (Gian Francesco Malipiero)
La sera fiesolana - (Alfredo Casella)
La sera - (Ottorino Respighi)
La najade - (Ottorino Respighi)
Mattinata (Spandono le campane) - (Ottorino Respighi)
Sopra un'aria antica - (Ottorino Respighi)
O falce di luna calante - (Ottorino Respighi)
Un sogno (Ottorino Respighi)
Van li effluvi de le rose da i verzieri - (Ottorino Respighi)
'A vucchella (Sì, comm'a nu sciorillo) - (Francesco Paolo Tosti)
Ancóra qualche rose è ne' rosai (Francesco Paolo Tosti)
Arcano! (Io credo udir tra li alberi un susurro) - (Francesco Paolo Tosti)
Buon Capo d'Anno (O dame che le Folgori degli occhi) - (Francesco Paolo Tosti)
Che dici, o parola del Saggio - (Francesco Paolo Tosti)
Chi sei tu che mi parli ove non s'ode - (Francesco Paolo Tosti)
Dorme la selva, e tra l'ombrose fronde - (Francesco Paolo Tosti)
E quale cosa eguaglia ne la vita - (Francesco Paolo Tosti)
En hamac (J'entends tomber des branches) - (Francesco Paolo Tosti)
Visione (Il sole ride: le nubi serene) - (Francesco Paolo Tosti)
In amaca (Mi cantano i rami) - (Francesco Paolo Tosti)
In van preghi, in vano aneli - (Francesco Paolo Tosti)
Arcano! (Io credo udir tra li alberi un susurro) - (Francesco Paolo Tosti)
Notte bianca (La mia lunga romanza in mi minore) - (Francesco Paolo Tosti)
L'alba separa dalla luce l'ombra - (Francesco Paolo Tosti)
Lasciami! Lascia ch'io respiri, lascia - (Francesco Paolo Tosti)
L'ora è tarda; deserto il mar si frange - (Francesco Paolo Tosti)
Ma chi vide più larghi e più profondi - (Francesco Paolo Tosti)
Mentre che fra le tende scolorate - (Francesco Paolo Tosti)
Mi cantano i rami (In amaca) - (Francesco Paolo Tosti)
Ninna nanna - (Francesco Paolo Tosti)
Non pianger più. Torna il diletto figlio - (Francesco Paolo Tosti)
Or dunque addio! Con le pupille ardenti - (Francesco Paolo Tosti)
Perché ti neghi con lo sguardo stanco - (Francesco Paolo Tosti)
Piangi, tu che hai nei grandi occhi la mia - (Francesco Paolo Tosti)
Quanto ha dormito, il cembalo! Mancava - (Francesco Paolo Tosti)
Se ancora col più dolce tuo sorriso (Por morire) - (Francesco Paolo Tosti)
Settembre di': l'anima tua m'ascolta - (Francesco Paolo Tosti)
Sogna, sogna, mia cara anima! Tutto - (Francesco Paolo Tosti)
Tanto accadrà, ben che non sia d'aprile - (Francesco Paolo Tosti)
Vorrei (Vorrei, allor che tu pallido e muto) - (Francesco Paolo Tosti)
Vuol note o banconote? - (Francesco Paolo Tosti)
Wenn lichter Mondenschein - (Max Reger)
Canto dell'ospite (Si frangono l'acque odorose) - (Leone Sinigaglia)
Sommerfahrt - (Leone Sinigaglia)

Fonte: Wikipedia, l'enciclopedia libera

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