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Giuseppe Verdi
(✶1813 †1901)
Nel marzo 1843 Verdi visitò Vienna (dove Gaetano Donizetti era direttore musicale) per allestire una produzione del Nabucco. Il compositore più anziano, riconoscendo il talento di Verdi, osservò in una lettera scritta nel gennaio 1844: "Sono molto, molto felice di dare modo a persone di talento come Verdi... Niente impedirà al buon Verdi di raggiungere presto una delle posizioni più onorevoli nella corte dei compositori."Verdi si recò a Parma, dove il Teatro Regio stava producendo Nabucco con Giuseppina Strepponi nel cast. Queste rappresentazioni eseguite nella sua regione natale furono un vero trionfo personale tanto più che suo padre, Carlo, partecipò alla "prima". Verdi rimase a Parma per alcune settimane dopo la data di partenza prevista. Il fatto alimentò le speculazioni che il ritardo fosse dovuto alla Strepponi (che, in seguito, dichiarò che la loro relazione era iniziata nel 1843). La Strepponi fu infatti conosciuta anche per i suoi numerosi rapporti amorosi (e i molti figli illegittimi) e la sua storia passata fu un fattore imbarazzante all'inizio del loro rapporto, almeno fino a quando non formalizzarono l'accordo di matrimonio.
Dopo il successo degli allestimenti di Nabucco a Venezia (con venticinque repliche nella stagione 1842/43), Verdi avviò trattative con l'impresario della Fenice per mettere in scena I Lombardi e per scrivere una nuova opera: lErnani. Tratto dall'omonimo dramma di Victor Hugo, Ernani fu concepito da Verdi fin dall'estate del 1843. Musicato nell'inverno successivo su libretto di Francesco Maria Piave, venne presentato al pubblico veneziano in marzo. La vicenda, ricca di colpi di scena e incentrata su un triplice amore, diede la possibilità a Verdi di approfondire la caratterizzazione di alcuni personaggi dal punto di vista drammaturgico e di iniziare ad affrancarsi dall'ingombrante influsso dei grandi compositori italiani dei primi decenni dell'Ottocento: Gioachino Rossini, Vincenzo Bellini e Gaetano Donizetti. L'opera fu premiata da un largo successo, e in sei mesi fu replicata in altri venti teatri italiani, nonché a Vienna.
Lo scrittore Andrew Porter osservò che per i successivi dieci anni, la vita di Verdi "si legge come un diario di viaggio - un calendario di visite - per portare nuove opere sul palcoscenico o per sovraintendere alle prime locali". La Scala non fu scelta per il debutto di nessuna di queste nuove opere, ad eccezione di Giovanna d'Arco. Verdi "non perdonò mai i milanesi per la ricezione di Un giorno di regno".
Durante questo periodo, Verdi iniziò a lavorare in modo più coerente con i suoi librettisti. Ingaggiò nuovamente Piave per I due Foscari, eseguita a Roma nel novembre 1844, e Solera per Giovanna d'Arco, debuttata al Teatro alla Scala nel febbraio 1845, mentre nel mese di agosto dello stesso anno iniziò a lavorare con Salvadore Cammarano su Alzira per il Teatro di San Carlo di Napoli, di cui lo stesso compositore dirà "era proprio brutta". Solera e Piave lavorarono insieme su Attila. quest'ultima opera venne rappresentata alla Fenice di Venezia il 17 marzo 1846 ed ebbe un buon successo.
«L'Attila ebbe esito lietissimo. [...] Li amici miei vogliono che questa sia la migliore delle mie opere; il pubblico quistiona: io credo che non sia inferiore a nissuna delle altre mie. Il tempo deciderà»
Ad aprile 1844 Verdi assunse Emanuele Muzio, otto anni più giovane di lui, come allievo e amanuense. Lo conosceva fin da circa il 1828 come uno dei protetti di Barezzi. Muzio, che di fatto fu il solo allievo di Verdi, divenne una persona indispensabile per il compositore. Egli riferì a Barezzi che Verdi "ha una larghezza di spirito, di generosità, una saggezza". Nel novembre 1846 Muzio scrisse a proposito del maestro: "Se tu potessi vedere noi, mi sembra più come un amico, piuttosto che essere il suo allievo. Siamo sempre insieme a cena, nei caffè, quando giochiamo a carte... tutto sommato non va da nessuna parte senza di me al suo fianco, in casa abbiamo un grande tavolo e scriviamo insieme, quindi ho sempre il suo consiglio". Muzio rimase sempre associato a Verdi: assistette alla preparazione delle partiture e delle trascrizioni e condusse molte delle sue opere nelle loro "prime" negli Stati Uniti e altrove fuori d'Italia. Era stato scelto da Verdi come uno degli esecutori testamentari, ma scomparve prima del suo maestro, nel 1890.
Dopo un periodo di malattia, Verdi iniziò a lavorare su Macbeth nel settembre 1846. Egli dedicò l'opera a Barezzi: "Ho sempre inteso a dedicare un'opera a te, come sei stato un padre, un benefattore e un amico per me. È stato un dovere che avrei adempiuto prima se le circostanze imperiose non mi avessero impedito. Ora, io mando a voi Macbeth, che io apprezzo sopra tutte le mie altre opere, e quindi la ritengo degna di dedicarla a voi". Nel 1997 Martin Chusid scrisse che Macbeth fu l'unica delle opere di Verdi del suo "primo periodo" a rimanere regolarmente nel repertorio internazionale, anche se nel XXI secolo anche Nabucco è entrato in questa lista. Macbeth, presentata al Teatro La Pergola di Firenze nel 1847, è con ogni probabilità il capolavoro giovanile di Verdi. Musicata su libretto di Francesco Maria Piave, si ispira alla tragedia omonima di William Shakespeare, che nel 1830 era stata tradotta in italiano da Giuseppe Nicolini. Negli ultimi decenni è stata sottoposta a un intenso processo di rivalorizzazione, anche se generalmente viene rappresentata nella sua veste definitiva del 1865, riveduta e ampliata dal compositore bussetano. L'opera, dalle potenti connotazioni drammatiche, si differenzia dalle precedenti per un maggiore approfondimento psicologico dei protagonisti della tragedia (Macbeth e Lady Macbeth), preannunciando, con il suo debordante lirismo, la trilogia popolare di un Verdi entrato nella sua piena maturità espressiva.
La voce della Strepponi andò decadendo e i suoi impegni scemarono tra il 1845 e il 1846 e quindi tornò a vivere a Milano, pur mantenendosi in contatto con Verdi come sua "sostenitrice, promoter, consigliera non ufficiale e segretaria occasionale" fino a quando decise di trasferirsi a Parigi nel mese di ottobre 1846. Prima di lasciare Verdi gli diede una lettera in cui gli prometteva il suo amore.
Verdi, nel maggio 1847, completò I masnadieri per Londra, tranne che per l'orchestrazione. Lasciò ciò fino a quando l'opera fu in prova, dato che voleva sentire la "[Jenny] Lind e modificare il suo ruolo per adattarlo a lei il più precisamente." Verdi accettò di condurre la prima il 22 luglio 1847 al Teatro di Sua Maestà, nonché la seconda rappresentazione. La regina Vittoria e il principe Alberto presenziarono alla recita inaugurale e la maggior parte della critica fu generosa nei suoi commenti.
Per i successivi due anni, ad eccezione di due visite in Italia durante periodi di agitazione politica, Verdi abitò a Parigi. Ad una settimana dal suo ritorno nella capitale francese, nel luglio 1847, egli ricevette il suo primo incarico per l'Opéra di Parigi. Il compositore accettò di adattare I Lombardi ad un nuovo libretto; il risultato fu Jérusalem, che conteneva cambiamenti significativi alla musica e alla struttura del lavoro (tra cui una lunga scena di balletto) al fine di soddisfare le aspettative del pubblico parigino. Verdi fu anche insignito dell'Ordine di Cavaliere della Legion d'Onore. Per soddisfare i suoi contratti con l'editore Francesco Lucca, Verdi preparò Il corsaro. Il musicologo Julian Budden commentò che a nessun'altra delle sue opere, Verdi, dedicò così poco interesse prima che essa fosse messa in scena.
Sentendo la notizia delle Cinque giornate di Milano, gli scontri in strada avvenuti tra il 18 e il 22 marzo 1848 e che portarono momentaneamente gli austriaci fuori Milano, Verdi tornò nella città meneghina, arrivando il 5 aprile. Egli scoprì che Piave era ormai il "Cittadino Piave" della recente proclamata Repubblica di San Marco. Così gli scrisse una lettera patriottica che concluse con "Bandire ogni idea comunale meschina! Noi tutti dobbiamo tendere una mano fraterna, e l'Italia diventerà nuovamente la prima nazione del mondo... Sono ubriaco di gioia! Immagina che non ci sono più gli austriaci qui!"
Verdi era stato ammonito dal poeta Giuseppe Giusti, secondo il quale il compositore si era allontanato dai soggetti patriottici, consigliandolo di lasciare il "fantastico" per ispirarsi al "vero". Salvatore Cammarano suggerì l'adattamento de La Bataille de Toulouse di Joseph Méry del 1828, che descrisse come una storia "che dovrebbe suscitare ogni uomo con un'anima italiana". La prima fu fissata per la fine di gennaio 1849. Verdi andò a Roma prima della fine del 1848 dove vide che la città era sul punto di diventare una Repubblica (seppur di breve durata) e che aveva accolto La battaglia di Legnano con entusiasmo. Nello spirito del tempo si riscontrarono le ultime parole dell'eroe (il tenore), "Chi muore per la patria non può essere malvagio".
Fonte: Wikipedia, l'enciclopedia libera
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