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Leonardo da Vinci
(✶1452 †1519)
L'ingegneria civile e l'architettura di Leonardo
Scrive il Vasari che Leonardo «nell'architettura ancora fe' molti disegni così di piante come d'altri edifizii e fu il primo ancora che, giovanetto, discorresse sopra il fiume Arno per metterlo in canale da Pisa a Fiorenza», testimonianza che, a parte che nell'occasione del progetto di deviazione dell'Arno, avvenuto nel 1503, Leonardo non era affatto "giovanetto", mostra che gli interessi di Leonardo o le richieste a lui rivolte riguardavano soprattutto progetti di idraulica o di ingegneria militare. In compenso, nella nota lettera indirizzata a Ludovico il Moro nel 1492, Leonardo vanta le sue competenze di natura militare ma aggiunge che in tempo di pace crede di «satisfare benissimo a paragone de omni altro in architectura, in composizione di edifici pubblici e privati, et in conducer acqua de uno loco ad un altro».A Milano avrà in effetti solo il titolo di "ingegnarius", mentre nel suo secondo soggiorno fiorentino potrà fregiarsi del titolo di architetto e pittore.
È certo che per l'approfondimento delle nozioni ingegneristiche si giovasse della conoscenza personale del senese Francesco di Giorgio Martini e dei suoi scritti: possiede e postilla una copia del suo Trattato di architettura militare e civile; progetta fortificazioni con bastioni spessi e irti di angoli che possano opporsi alle artiglierie nemiche.
Sono noti suoi disegni sia per la cupola del Duomo di Milano sia per edifici signorili, per i quali pensa a giardini pensili e a innovative soluzioni interne, quali scale doppie e quadruple e nell'interno delle case «col molino farò generare vento d'ogni tempo della state; farò elevare l'acqua surgitiva e fresca, la quale passerà pel mezzo delle tavole divise [...] e altra acqua correrà pel giardino, adacquando li pomeranci e cedri ai lor bisogni [...] farassi, mediante il molino, molti condotti d'acque per casa, e fonti in diversi lochi, e alcuno transito dove, chi vi passerà, per tutte le parti di sotto salterà l'acque allo insù».
Ma si occupa anche della moderna ideazione di "una polita stalla", per giungere a immaginare una città ideale, strutturata su più livelli stradali, ove al livello inferiore scorressero i carri, e in quello superiore avessero agio i pedoni.
Nel 1502 Leonardo da Vinci produsse il disegno di un ponte a campata unica di 300 metri, come parte di un progetto di ingegneria civile per il sultano ottomano Bayazed II. Era previsto che un pilone del ponte sarebbe stato collocato su uno degli ingressi alla bocca del Bosforo, il Corno d'Oro, ma non fu mai costruito. Il governo turco, nei primi anni del XXI secolo, ha deciso la costruzione di un ponte che segua il progetto leonardesco.
La personalità di Leonardo
Presunta omosessualità
Che Leonardo possa essere stato omosessuale, è un'ipotesi incerta ma, secondo alcuni studiosi, sarebbe avvalorata da alcuni documenti e altri indizi, a partire dalla doppia denuncia anonima del 1476 in cui veniva accusato di sodomia assieme ad altri quattro giovani fiorentini, tra cui due di famiglia patrizia (una Salterelli e un Tornabuoni), conclusasi con un ammonimento. Secondo altri studiosi, le accuse che portarono al giudizio erano calunniose e create al solo fine di screditare gli interessati (all'epoca esisteva il reato di sodomia); sempre secondo questi autori è improbabile che lui fosse realmente un omosessuale. Leonardo non ebbe comunque relazioni note con donne, non si sposò mai, non ebbe figli, e lo stesso Vasari pubblicò accenni alla bellezza dei suoi discepoli. Secondo alcuni è infatti controverso il rapporto con i suoi allievi Melzi e Caprotti, molto più giovani di lui e avvenenti: forse furono semplici garzoni, forse oltre al discepolato si era instaurato un legame pederastico. Il nobile Francesco Melzi, dopo la morte di Leonardo rientrò in patria, si sposò, ebbe ben otto figli e fu sempre ben considerato tra i più importanti patrizi milanesi. Altri indizi vengono dedotti dalla esistenza di disegni erotici privati dell'artista, tra cui in particolare uno nella Royal Collection in cui un efebo, dalle fattezze tipiche dei suoi modelli, è ritratto in evidente itifallia.Dalla nota dello stesso Leonardo, «ne la mia prima ricordazione della mia infanzia è mi parea che, essendo io in culla, che un nibbio venissi a me e mi aprissi la bocca colla sua coda, e molte volte mi percotessi con tal coda dentro alle labbra», derivò l'interpretazione di Sigmund Freud, nel suo libro Un ricordo d'infanzia di Leonardo da Vinci, pubblicato nel 1910, come fantasia di un atto sessuale orale, mentre il nibbio rappresenterebbe androginicamente la madre; dalla curiosità sessuale infantile dell'artista deriverebbe la sua curiosità artistica e scientifica mai soddisfatta e conclusa.
Da questa interpretazione data da Freud deriva, in massima parte, la teoria moderna sulla presunta omosessualità di Leonardo perché fu proprio dal saggio Un ricordo d'infanzia di Leonardo da Vinci che diversi episodi della vita di Leonardo furono rianalizzati come "prove" a favore della sua omosessualità. Tuttavia, tale interpretazione era basata su una traduzione imprecisa di Marie Herzfeld che tradusse erroneamente "nibbio" con "geier", cioè avvoltoio. Lo stesso Freud, venuto a sapere di questo errore di traduzione, confessò il suo disappunto a Lou von Salomé perché, come ebbe a dire, considerava il proprio saggio su Leonardo come la cosa più bella che avesse mai scritto. Pertanto, l'ipotesi formulata da Freud, basata su alcuni geroglifici egizi che rappresentavano la madre come "avvoltoio", non può essere applicata al racconto di Leonardo.
Irreligiosità
Se l'omosessualità di Leonardo resta incerta, con tutte le possibili disquisizioni su quanto questo possa aver influito o meno sulla sua arte, la sua irreligiosità e scetticismo sono indubbi, legati alle osservazioni del Vasari, per il quale «tanti furono i suoi capricci, che filosofando de le cose naturali, attese a intendere la proprietà delle erbe, continuando et osservando il moto del cielo, il corso della luna e gli andamenti del sole. Per il che fece ne l'animo un concetto sì eretico, che è non si accostava a qualsivoglia religione, stimando per avventura assai più lo esser filosofo che cristiano».L'Aretino, secondo il suo costume di inventare anche fatti che rendessero edificante la vita dei biografati per i quali provava stima e simpatia, scrive che «vedendosi vicino alla morte, disputando de le cose cattoliche, ritornando nella via buona, si ridusse a la fede cristiana con molti pianti. Laonde confesso e contrito, se bene è non poteva reggersi in piedi, volse devotamente pigliare il Santissimo Sacramento fuor de 'l letto», morendo poi nelle braccia del re Francesco I.
Molte sue note mostrano disprezzo verso gli uomini di Chiesa: sui preti che dicono messa: «Molti fien quelli che, per esercitare la loro arte, si vestiran ricchissimamente, e questo parrà esser fatto secondo l'uso de' grembiuli»; sulle chiese: «Assai saranno che lasceranno li esercizi e le fatiche e povertà di vita e di roba, e andranno abitare nelle ricchezze e trionfanti edifizi, mostrando questo esser il mezzo di farsi amico a Dio»; sul vendere il Paradiso: «Infinita moltitudine venderanno pubblica e pacificamente cose di grandissimo prezzo, senza licenza del padrone di quelle, e che mai non furon loro, né in lor potestà, e a questo non provvederà la giustizia umana» o anche «Le invisibili monete [le promesse di vita eterna] faran trionfare molti spenditori di quelle»; o sui conventi: «Quelli che saranno morti [i santi], dopo mille anni, fien quelli che daranno le spese a molti vivi [i frati]»; o ironizza sui riti: «Quelli che con vestimente bianche andranno con arrogante movimento minacciando con metallo e foco [il turibolo con l'incenso] chi non faceva lor detrimento alcuno» e sulla devozione delle immagini: «Parleranno li omini alli omini che non sentiranno; aran gli occhi aperti e non vedranno; parleranno a quelli e non fie lor risposto; chiederan grazie a chi arà orecchi e non ode; faran lume a chi è orbo».
Altri aspetti
Il Vasari riferisce della sua generosità, della sua grandezza d'animo e del suo orgoglio: «andando al banco per la provvisione ch'ogni mese da Pier Soderini soleva pigliare, il cassiere gli volse dare certi cartocci di quattrini, ed egli non li volse pigliare, rispondendogli: "Io non sono dipintore da quattrini"»; della piacevolezza della sua conversazione e del suo amore per gli animali: «spesso passando dai luoghi dove si vendevano uccelli, di sua mano cavandogli di gabbia, e pagatogli a chi li vendeva il prezzo che n'era chiesto, li lasciava in aria a volo, restituendogli la perduta libertà». E questa sua compassione e tenerezza nei confronti degli animali si lega alla notizia, riferita da Andrea Corsali, sul fatto che Leonardo fosse vegetariano.Ma dai suoi scritti traspare l'immagine di un uomo molto meno socievole di quello che l'agiografia vasariana voglia imporre: «se tu sarai solo, tu sarai tutto tuo, e se sarai accompagnato da un solo compagno, sarai mezzo tuo, e tanto meno quanto sarà maggiore la indiscrezione della sua pratica. E se sarai con più, cadrai di più in simile inconveniente», e altrove scrive ancora che «salvatico è quel che si salva», e in tante parti dei suoi manoscritti appare la sfiducia e il pessimismo nei confronti dell'"umana spezie". Le sue ricerche e i suoi lavori venivano infatti preferibilmente espletati in solitudine, come ricorda la vivace descrizione del maestro all'opera al Cenacolo di Matteo Bandello nella sua novella LVIII. Non era solito seguire regole rigide o abitudini prefissate, preferendo assecondare l'estro e l'ispirazione del momento. La sua ricerca quasi maniacale della perfezione, con infiniti ritocchi e modifiche (come avvenne per la Gioconda) derivano dalla sua convinzione per cui la pittura, a differenza della musica, è destinata a restare e non a esaurirsi nella singola performance: «la pittura non muore immediate dopo la sua creazione come fa la musica, ma lungo tempo darà testimonianza dell'ignoranza tua [...] ma se studierai [...] tu lascerai opere che ti daranno più onore che la pecunia».
Considerato per la vastità dei suoi interessi la massima e irripetibile manifestazione del Rinascimento, Leonardo, non legato a nessuna città, Stato o principe, è il primo esempio del cosmopolitismo degli intellettuali italiani, unico in Europa, espressione di una frattura fra cultura e popolo destinata a prolungarsi fino ai nostri giorni.
Fonte: Wikipedia, l'enciclopedia libera
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