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Leonardo da Vinci
(✶1452   †1519)

La biblioteca di Leonardo

La biblioteca di Leonardo venne lasciata in eredità al fedelissimo Francesco Melzi che, all'indomani della scomparsa del suo maestro, si trasferì da Amboise alla propria villa di famiglia a Vaprio d'Adda, portando con sé libri, manoscritti e strumenti di bottega appartenuti a Leonardo. Di questa raccolta parlarono l'Anonimo Gaddiano (1537-1542), Giorgio Vasari (1568) e Giovanni Paolo Lomazzo (1590), che la ricordano come gelosamente custodita. Inoltre Vasari ricordò come un pittore milanese (Aurelio Luini?) possedesse alcuni scritti di Leonardo "scritti con la mancina a rovescio".

Dall'analisi dei codici vinciani, si è potuto ricavare almeno una parte dei testi posseduti da Leonardo per i suoi studi. Nel 1504 dichiarava infatti in un suo scritto di avere oltre un centinaio di libri più una cinquantina di raccolte di suoi scritti: venticinque "piccoli", sedici "più grandi", due "maggiori", sei in "carta pecora" e uno con "coverta di camoscio verde". La biblioteca di Leonardo doveva comprendere:

Leon Battista Alberti, De pictura
Alberto Magno, Commentum in libros phisicorum, Mineralium libri V
Alberto di Sassonia, De proportione velocitatum in motibus
Dante Alighieri, Divina Commedia
Jacopo Alighieri, Dottrinale
Al-Kindi, Libellum sex quantitatum
Giovanni Antonio Amadeo, libro d'architettura
Aristotele, De phisica, De metheoris
Avicenna, Il canone della medicina
Ugo Benzi, Tractato utilissimo circa la conservatione de la sanitate
Guido Bonatti, Liber astronomicus
Poggio Bracciolini, Facezie
Burchiello, Sonetti
Cecco d'Ascoli, Acerba
Cleomede, De mundo
Pietro de' Crescenzi, Libro dell'agricoltura
Gregorio Dati, Spera
Paolo dell'Abbaco, Recholuzze del maestro Pagolo astrolacho
Diogene Laerzio, Vite dei filosofi
Gian Giacomo Dolcebuono, libro d'architettura
Elio Donato, Ars minor
Euclide, De ponderibus, De levi et ponderoso fragmentum, De prospectiva
Marsilio Ficino, Theologia platonica
Francesco Filelfo, Epistulae
Jacopo Filippo Foresti, Il supplemento delle cronache
Angelo Fosinfronte, De motu locali
Federico Frezzi, Quadriregio del decorso della vita umana
Galeno, Terapeuticorum libri XIV
Francesco di Giorgio Martini, Trattato di architettura militare e civile
Marco Giuniano Giustino, Epitome delle Storie filippiche di Pompeo Trogo
Guglielmo di Heytesbury, De velocitatis augmentatione
Isidoro di Siviglia, Etymologiae
Cristoforo Landino, Formulario di epistole volgari
Lorenzo Guglielmo di Saona, Rethorica nova
Tito Livio, Deca I, III, IV
John Mandeville, Il cavalier Zuanne de Mandavilla
Mondino de' Luzzi, Anathomia
Giovanni di Mandinilla, Tractato delle più maravigliose cosse e più notabili
Ovidio, Epistulae
Luca Pacioli, De divina proportione
John Peckham, De prospectiva
Biagio Pelacani, Quaestiones de coelo et mundo, De ponderibus
Francesco Petrarca, Canzoniere
Piero della Francesca, De prospectiva pingendi
Platina, Dell'onesta voluttà
Plinio il Vecchio, Naturalis historia
Luca Pulci, Driadeo
Luigi Pulci, Morgante
Riccardo di Swineshead, De motibus naturalibus
Ermete Trismegisto, De alchimia
Giorgio Valla, De expetendis et fugiendis rebus
Roberto Valturio, De re militari
Witelo, De prospectiva

Non è difficile immaginare la rapida dispersione di quella grande mole di libri, fogli e appunti un tempo posseduta da Leonardo. Gli eredi di Francesco Melzi infatti vendettero tutto il patrimonio lasciatogli dal maestro, dando inizio alla dispersione dell'opera di Leonardo.

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I manoscritti

Nella caratteristica scrittura speculare, svolta da destra a sinistra, tale da poter esser letta facilmente solo ponendo i fogli davanti a uno specchio, i manoscritti di Leonardo, dati in eredità a Francesco Melzi, pervennero dopo la morte di questi allo scultore Pompeo Leoni che, per commerciarli più facilmente, li suddivise in diversi gruppi, mutandone l'aspetto originario. Raccolti in gran parte nel XVII secolo dal conte milanese Galeazzo Arconati, furono donati alla Biblioteca Ambrosiana di Milano dalla quale furono trasferiti nel 1796 a Parigi, da dove tornò a Milano, dopo la caduta di Napoleone, il solo Codice Atlantico, mentre gli altri, per un errore dell'incaricato austriaco, rimasero all'Institut de France. Altri codici erano già da tempo finiti in Inghilterra.

Oggi esistono oltre 8.000 fogli di appunti (più di 16.000 pagine) con molte decine di migliaia di disegni lasciati da Leonardo, ma si ritiene che siano solo una piccola parte di ciò che ha scritto e disegnato. Alcuni pensano che abbia scritto 60.000, forse 100.000 pagine, ormai perdute. Ma forse qualcosa ancora esiste, sepolta in qualche antico archivio; nel 1966 per esempio sono stati trovati due nuovi codici a Madrid. Si tratta di pagine scritte quasi "di getto", tant'è vero che gli esperti di Leonardo dicono: "sembra di sentirlo parlare come da un registratore".

Leonardo scrittore

La prosa di Leonardo viene giudicata tra le migliori del Rinascimento italiano; aliena da ogni retorica, artificio e sonorità, è tutta aderente alle cose: rifacendosi al linguaggio parlato, ha colore, robustezza, concisione, in modo da dare energia e spigliatezza all'espressione.

Per Francesco Flora, Leonardo si dimostrò inventore anche nella scrittura, tanto da apparire molto più moderno rispetto tanto ai suoi predecessori che ai suoi contemporanei: «Non diremo più il Boccaccio padre della prosa italiana [...] nel suo insieme la prosa di Boccaccio tende alla sintassi lirica [...] prosa fu quella del Convivio di Dante e d'alcune cronache e trattati; ma la prosa grande, la prima prosa grande d'Italia, è da trovare negli scritti di Leonardo: la prosa più alta del primo Rinascimento, sebbene in tutto aliena dal modello umanistico e liberamente esemplata sul comune discorso».

La sua opera più importante è il Trattato della pittura, raccolta postuma curata da un allievo anonimo.

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Leonardo e la musica

Leonardo teneva in grande stima la disciplina musicale. Tra le migliaia di pagine pervenuteci i progetti di carattere musicale sono moltissimi. Non si trovano solo considerazioni di carattere matematico o i semplici rebus noti ai più, ma articolati progetti di strumenti musicali del tutto inediti. I più semplici riguardano strumenti per lo più con impiego militare: tamburi meccanici di vario tipo, trainati da animali o azionati da leve mosse da suonatori. In questi progetti semplici Leonardo cerca di automatizzare, come spesso accade, il funzionamento dello strumento rendendone elementare l'utilizzo. Il più celebre tra questi è sicuramente il tamburo meccanico disegnato sul foglio 837 del Codice Atlantico.

La Lira a forma di teschio (codice Ashburnham I, f. Cr) è un altro celebre strumento disegnato da Leonardo. Si racconta che l'avesse realizzata utilizzando un teschio e, dotatala di corde, l'abbia utilizzata presentandosi al Duca di Milano. Ma si tratta di testimonianze molto deboli, che non trovano un reale riscontro. I progetti musicali di Leonardo interessanti sono altri, ed in particolar modo due: la viola organista (Codice Atlantico f. 586), e la clavi-viola (Codice Atlantico f. 93r),. Ancor oggi esistono decine di progetti di strumenti musicali estremamente complessi progettati da Leonardo e ancora mai realizzati. Entrambi gli strumenti sono estremamente complessi e dimostrano come Leonardo non solo fosse un abile ingegnere-inventore, ma anche un profondo conoscitore dell'arte musicale. Il tentativo di progettare, inventare e realizzare strumenti completamente inediti testimonia come Leonardo intendesse contribuire in maniera fondamentale, con il suo genio, a questa arte.

Le fattezze di Leonardo

Le fattezze di Leonardo si conoscono da un presunto Autoritratto senile, databile al 1515 circa e conservato nella Biblioteca Reale di Torino. L'opera, dalla quale derivano altri ritratti ideali, fa parte ormai dell'immaginario collettivo.

Sulle fattezze di Leonardo in età giovane o matura restano alcune ipotesi di identificazione in opere sue o di altri artisti, come nel giovane in piedi all'estrema destra dell'Adorazione dei Magi, nel David di Verrocchio o nella figura di Platone nella Scuola di Atene di Raffaello.

Esistono poi varie fonti che, pur senza descrivere il suo aspetto fisico in maniera precisa, parlano dei suoi modi e celebrano la sua bellezza. Ad esempio l'Anonimo Gaddiano scrisse: «[La Natura] non solo della bellezza del corpo, che molto bene gli concedette, volse dotarlo, ma di molte rare virtù volse anchora farlo maestro. [...] Era di bella persona, proportionata, gratiata et bello aspetto. portava uno pitocco rosato corto sino al ginocchio, che allora s'usavano i vestiri lunghi, haveva sino al mezo in petto una bella capellaia et anellata et ben composta».

Vasari colse invece l'aspetto docile e amorevole del suo carattere: «Egli con lo splendor dell'aria sua, che bellissima era, rasserenava ogni animo mesto, e con le parole volgeva al sì et al no ogni indurata intenzione. Egli con le forze sue riteneva ogni violenta furia. [...] Con la liberalità sua raccoglieva e pasceva ogni amico povero e ricco, pur che egli avesse ingegno e virtù. [...] Per il che ebbe veramente Fiorenza grandissimo dono nel nascere di Lionardo, e perdita più che infinita nella sua morte.»

Fonte: Wikipedia, l'enciclopedia libera

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