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Vincenzo Monti
(✶1754   †1828)

Al periodo parigino risale la Mascheroniana, opera in cinque canti in terzine sulla falsariga della Bassvilliana, rimasta incompleta e scritta in occasione della morte dell'amico scrittore, sacerdote e naturalista illuminista Lorenzo Mascheroni, avvenuta il 14 luglio 1800. Il poema svela un Monti moderato, quindi più autentico, deluso sia dai primi che dai secondi entusiasmi, ossia la corte papale e Napoleone, per quanto non manchi la lode a quest'ultimo, dispensatore di pace. Tuttavia l'ispirazione non raggiunge le vette dell'opera-modello, e nelle vicende post mortem di Mascheroni, in un Paradiso immobile abitato da alcune anime a lui culturalmente affini (quali Pietro Verri, Parini, Spallanzani, Beccaria), si avverte uno stridore con il contesto storico che mal si adattava a vagheggiamenti astratti. Ci si duole delle sorti italiche, ma in una situazione astratta, cui a torto si è paragonata l'opera dantesca, perché qui non vi è nulla di soprannaturale. Non mancano tuttavia belle pagine, come quelle dedicate a Parini.

In ogni caso, in una lettera Stendhal raccontò come molti anni dopo, a Milano, durante un pranzo in casa di Ludovico di Breme Byron fosse rimasto estasiato nell'ascolto dei versi montiani, segno che la pulizia delle immagini e lo stile classicheggiante continuavano a sostenere il poeta, frutto di un'innata vena lirica.

Il ritorno in patria
Quando Napoleone riprese il controllo della Cisalpina, Monti si lasciò andare ad una canzonetta entusiasta, preludio a un prossimo ritorno in Italia e sincero giubilo per le sorti dell'amata patria: si tratta di Per la liberazione dell'Italia, uno dei suoi componimenti più popolari.

Dopo la battaglia di Marengo, del 14 giugno 1800 Monti si vide infine premiato, e Napoleone ne fece il proprio aedo, il proprio poeta di corte, assegnandogli anche la cattedra di eloquenza presso l'Università di Pavia, che il 25 giugno 1800 fece riaprire dopo la chiusura imposta dagli Austro-Russi. Monti inizierà l'insegnamento solo nel 1802, in quanto decise di rimanere ancora qualche mese in Francia, dove completò l'ultima tragedia, il Caio Gracco, e dove terminò la traduzione de La pucelle d'Orléans di Voltaire.

All'Università di Pavia
Nel 1802 Monti si insedia all'Università di Pavia con la prolusione del 24 marzo, e vi tiene lezioni tra il 1802 e il novembre 1804, ricevendo in seguito la nomina di poeta del governo italico. In questo periodo delle lezioni pavesi Monti si discosta nettamente dai giovanili ardori per i moderni di marca illuminista. Nelle sue lezioni la capacità di "invenzione", in pratica l'originalità, è accordata solo agli antichi. Il "progresso" concerne le sole scienze; nella poesia non si ha progresso, semmai "regresso" poiché i suoi elementi furono già interamente scoperti dagli antichi.

Di questo magistero pavese ben poco ci è giunto: Monti ricevette numerose censure, oltre all'impedimento della stampa degli ultimi due capitoli della Mascheroniana, pubblicati solo postumi. Questo Monti censurato ci appare distante da quello voluto da De Sanctis, "segretario dell'opinione dominante"; se il governo dovette ripetutamente impedirne gli scritti, è palmare che Monti non ne promuoveva gli interessi. Dunque neanche esatto è definire Monti come "poeta del consenso".

Delle lezioni pavesi ne sono pervenute solo nove e il frammento di una decima. La lezione VI è consacrata a Socrate (anche la V gli era stata dedicata) e risponde all'obiettivo di promuovere modelli ideologico-letterari "convenienti". Monti scarta Demostene, nonostante sia un classico giudicato come "modello di eloquenza": ciò perché lo ritiene inadatto ad essere proposto alla meditazione degli allievi. La sua eloquenza gli appare quasi tutta deliberativa e politica, "pericolosa" per l'attuale forma di stato: non più una "turbolenta democrazia" ma una "tranquilla e temperata repubblica". "Non più di Demosteni c'è bisogno, ma di Socrati".

Nel 1804 fu sostituito da Luigi Ferretti, cui non risparmiò polemiche, e sulla cattedra nel 1808 si insediò Ugo Foscolo, che fu subito allontanato per le sue posizioni anti-napoleoniche.

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L'aedo di Napoleone
Alla fine del 1804 il Nostro fece una nuova importante conoscenza. Il 30 dicembre giunse a Milano Madame de Staël, accompagnata dai tre figli e dal loro precettore, Friedrich Schlegel. Mandato un invito a Monti, si conobbero il giorno dopo, e si legarono subito di una forte amicizia, testimoniata dalla fitta corrispondenza del periodo successivo, e dalla visita che il poeta farà alla donna a Coppet nel novembre 1805.

Dopo che Napoleone s'incoronò Re d'Italia nel 1805 Monti divenne Istoriografo del Regno e poeta ufficiale di corte, percependo 6000 zecchini annui. Fu anche insignito della Legion d'Onore. Compose molte opere inneggianti a Bonaparte, alle sue vittorie e alla sua politica. L'incoronazione fu il motivo de Il beneficio (1805), commissionato dal governo e sorta di investitura a poeta cortigiano, in cui richiama dall'oltretomba lo spirito di alcuni grandi italiani (tra questi Dante) che individuano nel nuovo re l'unica salvezza. Bodoni ne curò quattro edizioni a spese del governo, fra cui una in folio.

Sopra tutti famoso è il poema Il Bardo della Selva nera (1806), scritto di ritorno da un viaggio in Germania dove aveva fatto parte della delegazione congratulatasi con Napoleone per i recenti successi. Monti tenne fede alla tradizione di lasciare le opere incompiute, e anche qui si fermò, stavolta al principio del canto ottavo. L'opera si ispirò a un testo del poeta sepolcrale inglese Thomas Gray, intitolata appunto Il Bardo.

Gli otto canti (dei quali i primi quattro in versi sciolti e i rimanenti in ottave) volevano cominciare un'opera di elogio totale a Napoleone, di cui si dovevano celebrare tutte le gesta. In questo senso si può leggere la fatica di cui Monti ci dà notizia al principio dell'anno: "[..]un lungo e grande lavoro che mi tiene occupato giorno e notte e Dio sa quando potrò terminarlo [..] ho intrapreso un poema, il cui piano abbraccia tutte le imprese di questo grand'uomo. Ora vedete se ne ho per un pezzo".

La storia si apre sulla discesa del Bardo Ullino, assieme alla figlia Malvina (sono tutti nomi ossianeschi), verso i resti del campo di battaglia di Albeck, dove il combattimento è appena finito. Qui salvano un giovane ferito, Terigi, e gli danno rifugio. Terigi e Malvina si innamorano, e il soldato comincia a narrare le proprie vicende celebrando il Bonaparte. Tuttavia fa solo in tempo a riportare il successo di Albeck e ad accennare a quello di Austerlitz, perché poi l'opera si interrompe.

Il poema rimane un abbozzo, e sembra quasi un'accozzaglia di cose che gravitano attorno ad un intreccio amoroso che poco aveva a che spartire con l'intenzione dell'opera. Tuttavia, come sempre, si possono cogliere pregi in singoli passaggi, e la variazione di metro dimostra una volta di più come Monti fosse "davvero il Signore d'ogni metro e d'ogni forma". Del resto, l'opera piacque a Napoleone, che solo si dolse di non comprendere appieno la lingua italiana per gustarne le meraviglie poetiche.

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Il 5 ottobre 1806, giorno in cui è ufficialmente inaugurata la Loggia Reale Eugenio a Milano, Vincenzo Monti (che è massone), vi recita la cantata L'Asilo della Verità.

Quando Napoleone vendicò in Prussia le sconfitte contro Federico II, il poeta diede alla luce il breve componimento La spada di Federico II, dove, nel rispetto del vinto sovrano ma sempre nell'adulazione esagerata di Napoleone, il Còrso impugna la spada del nemico e la porta in patria per consegnarla al Palazzo degli Invalidi.

L'ode In occasione del parto della vice-regina d'Italia risale al marzo del 1807 e celebra la nascita di Giuseppina, figlia primogenita di Eugenio di Beauharnais (che Napoleone adottò come figlio e fece viceré) e della sua sposa Augusta Amalia, bavarese. Si intrecciano, al solito, riferimenti mitologici e storici, in una struttura che piacque ad Alessandro Manzoni ma fu implicitamente derisa da Ugo Foscolo.

C'è ancora spazio per La Palingenesi politica, poemetto nel quale Foscolo ha visto una derivazione dalla Pronea di Melchiorre Cesarotti, e che non ha mancato di definire "delirio". Qui, come Dio ha dato ordine alle cose, così dal caos politico si giunge, per merito dell'imperatore, all'unità delle nazioni (esattamente come avviene nel testo cesarottiano).

Non c'è più freno all'adulazione né capacità di sganciarsi dalle trite apparizioni o dalle ritrite immagini mitologiche. Monti sembra aver smarrito la vena fantastica, forse anche per la difficoltà a sostenere un idolo al quale non sapeva più bene cosa dire. Le propaggini epigonali dell'epopea sono del 1810, La Ierogamia in Creta (in occasione delle nozze viennesi di Napoleone con Maria Luisa), e del 1811, l'anacreontica (barbara come l'Invito descritto sopra) Le api panacridi in Alvisopoli, scritta su commissione del senatore del regno Alvise Mocenigo per celebrare la nascita di Napoleone Francesco, definito "re di Roma", che, pur piacendo a Pietro Giordani, confermò una stanchezza che sembrava irreversibile, ma che ben presto mostrò altri risvolti, non appena Monti si affrancò dal posticcio ruolo di poeta cesareo.

Fonte: Wikipedia, l'enciclopedia libera

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