Apparsa o pubblicata?
Qualche osservazione sull'uso non ortodosso — a nostro modesto avviso — di due verbi: apparire e proferire.
Si leggono spesso, sulla stampa, frasi del tipo «la lettera apparsa il 25 del mese scorso è stata attribuita a Tizio; l'autore è, invece, Caio. Ci scusiamo con l'interessato e con i lettori».
Le apparizioni, ci sia consentito, sono una caratteristica degli ectoplasmi: una lettera si pubblica, non appare.
Apparire significa, infatti, manifestarsi e una lettera — dicevamo — non si manifesta, si pubblica. Neanche una persona viva e vegeta appare, bensì compare: all'improvviso è comparso Giovanni.
E che dire di profferire in luogo di proferire? In alcuni sacri testi si legge che il predetto verbo si può scrivere con una o due f; (proferire e profferire), una specie di verbo sovrabbondante. Le cose non stanno affatto così: cambiando di grafia cambia anche di significato.
Con una sola f (proferire) sta per dire, pronunciare, esclamare e simili: Francesco non proferì parola. Con due (profferire) vale offrire, regalare, mettersi a disposizione: Marcello gli profferì il suo aiuto (si mise, cioè, a sua disposizione per aiutarlo).
E per finire si deroga a, non da. È comunissimo leggere o sentire che «Carlo ha derogato da una legge»;. No, correttamente, Carlo ha derogato a una legge. Si può adoperare anche, transitivamente e raramente, nell'accezione di trasgredire, violare: tutti i presenti hanno derogato le istruzioni ricevute. Voi, amici amatori della lingua, se volete ben figurare, non derogate a queste norme linguistiche.
P.S. A proposito di derogare, abbiamo scovato il sostantivo corrispondente (non attestato nei vocabolari): deroganza. Si veda questo collegamento: Google.it - deroganza
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