Riso sardonico
Ormai era evidente, il rag. Derossi, dopo trenta anni di duro lavoro al servizio dell’Azienda, cominciava ad accusare un po’ di stanchezza e, alcune volte, dava i numeri. Se ne rese conto personalmente un impiegato quando, convocato dal Derossi per una pratica, vide il ragioniere, con un riso sardonico, puntargli una pistola ed esclamare: «Ora basta! Non sono affatto soddisfatto di lei, la sfido all’arma bianca!» Era evidente, dicevamo, che la stanchezza accumulata in oltre trent’anni di lavoro stava giocando un brutto scherzo al capufficio.
La pistola, come tutti sanno, non è un’arma bianca. Si chiamano armi bianche quelle da taglio o da punta (baionetta, sciabola, spada, pugnale) perché, secondo il linguista Ottorino Pianigiani, il loro nome deriva dal tedesco blanch che, oltre a bianco, significa luccicante, splendente, «onde il senso primitivo si conserva nell’espressione… ‘arma bianca’… congiunto a blinken: scintillare, brillare».
Quanto all’espressione dare i numeri che, come sappiamo, significa parlare a vanvera, dire delle cose che non hanno alcun senso o che non sono in logica relazione con ciò di cui si parla, deriverebbe dalla professione degli indovini che, secondo interpretazioni di avvenimenti o visioni oniriche, consiglierebbero dei numeri da giocare al lotto. Poiché, ovviamente, i numeri non sempre escono sarebbe nato questo modo di dire.
Il riso sardonico, cioè maligno, provocatorio, pieno di derisione o di sarcasmo, è provocato da un’erba velenosa, usata anche in medicina: ranunculus sceleratus. Si riteneva, anticamente, che questa pianta crescesse solo in Sardegna (donde il nome di riso sardonico) e che provocasse in chi la ingeriva improvvise contrazioni dei muscoli facciali, dando l’impressione che il malcapitato, appunto, ridesse.
E a proposito del riso, ma non sardonico, ci piace riportare un pensiero di Giacomo Leopardi: «Grande tra gli uomini e di gran terrore è la potenza del riso: contro il quale nessuno nella sua coscienza trova sé munito da ogni parte. Chi ha il coraggio di ridere è padrone del mondo, poco altrimenti di chi è preparato a morire».
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