Interrogative nucleari
Tranquilli, amici lettori, non abbiamo intenzione alcuna di impartirvi delle lezioni di fisica nucleare; non è un argomento di nostra pertinenza e, oltretutto, non saremmo neanche all'altezza.
Vogliamo parlarvi, piú modestamente, di una particolarità della linguistica, ignorata — come abbiamo avuto modo di denunciare altre volte — dalla quasi totalità dei sacri testi grammaticali. Siamo fermamente convinti, infatti, del fatto che pochi lettori di questa rubrica hanno sentito parlare delle frasi interrogative nucleari, anche se vengono adoperate, inconsciamente, nel linguaggio di tutti i giorni.
Prima vediamo che cosa si intende per frase interrogativa, e qui basta consultare una qualsivoglia grammatica della lingua italiana: le frasi interrogative pongono una domanda e sono caratterizzate dall'intonazione ascendente per quanto attiene alla pronuncia e dal punto interrogativo per quanto riguarda la scrittura. Bene. Queste frasi — ed è ciò che non tutte le grammatiche riportano — a loro volta si suddividono in interrogative totali (o connessionali) e in interrogative nucleari (o parziali).
Appartengono al primo gruppo le frasi interrogative in cui la domanda verte preminentemente sul legame tra soggetto e predicato; quando, insomma, l'interrogazione riguarda tutto l'insieme della frase: hai visto Giovanni? Vuoi leggere un bel libro? Vi andrebbe di uscire? In questo tipo di interrogative (totali) la risposta che ci si deve attendere è un sí o un no, vale a dire la conferma o la negazione di quanto formulato nella domanda: hai visto Giovanni? No (non l'ho visto).
Talvolta l'avverbio olofrastico di risposta (il sí e il no) può essere inespresso come, per esempio, nella frase ti è piaciuto quel libro? Abbastanza (il sí olofrastico è, appunto, sottinteso). Se la risposta che ci si attende è, invece, un grazie, per non restare incerti sulle varie intenzioni dell'interlocutore è bene ripetere la domanda con la formula grazie sí o grazie no?
E veniamo al secondo gruppo, vale a dire alle interrogative nucleari (o parziali), cosí chiamate in quanto si riferiscono al nucleo, al nocciolo dell'intera frase.
Si chiama nucleare, in grammatica generativa, il nocciolo di una proposizione, vale a dire i componenti elementari che ne costituiscono, appunto, il nucleo, cioè il soggetto, il predicato verbale e, eventualmente, il complemento oggetto.
Appartengono alle interrogative nucleari (o parziali), dunque, le proposizioni interrogative in cui la domanda riguarda esclusivamente uno degli elementi che compongono il nucleo; quando, insomma, il legame soggetto-predicato non è messo minimamente in discussione, ma si sollecita una precisa informazione su un altro elemento nucleare della frase (soggetto, oggetto o complemento indiretto) e la risposta che ci si attende è, appunto, la precisazione dell'elemento sconosciuto: chi parla? (qualcuno parla, ma chi?).
Le interrogative nucleari si riconoscono facilmente perché sono sempre introdotte da specifici elementi d'interrogazione quali aggettivi, pronomi o avverbi (chi, quale, che cosa, come, dove, perché) preceduti, eventualmente, da preposizioni o locuzioni preposizionali. Vediamo ancora qualche esempio di interrogative nucleari per meglio focalizzare l'argomento. E qui gli esempi che proponiamo sono quelli del linguaggio di tutti i giorni: dove abiti?, quando torni?, chi ti ha scritto, che cosa intendi fare?, a chi telefoni? E la risposta che ci si attende — come dicevamo — è la precisazione dell'elemento del nucleo a noi sconosciuto: il luogo (dove abiti?), il tempo (quando torni?), l'identità (a chi telefoni?).
Peccato che i sacri testi, si fa per dire, non prendano nella dovuta considerazione il fatto che queste cose interessino a coloro che amano il bel parlare e il bello scrivere, riservando l'argomento solo agli eletti. No amici, cosí si rende un cattivo servigio alla nostra bella lingua; soprattutto in questo momento in cui la lingua di Albione la fa da padrona in tutti i campi. No, non ci stiamo.
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