L'anfibologia, questa sconosciuta
Qualche domenica fa decidemmo, con la famiglia, di trascorrere una giornata lontani dalla vita caotica della città e, saliti in auto, ci dirigemmo verso i famosi castelli romani. Giunta l’ora di pranzo, girovagando per una cittadina di cui ci sfugge il nome, ci lasciammo guidare da un buonissimo odore di arrosto che profumava l’aria riuscendo, così, a trovare un locale per rifocillarci. Appena varcata la soglia la nostra attenzione fu attirata da un vistoso cartello che faceva bella mostra di sé: «Salsicce casarecce fatte con le mie mani di porco». Uscimmo disgustati: non avevamo intenzione alcuna di mangiare delle salsicce fatte e cucinate da un... maiale!
È evidente che nel redigere il cartello era stato invertito l’ordine delle parole. Quest’inversione viene chiamata dai grammatici anfibologia (dal greco: significa discorso ambiguo e non ha nulla che vedere con gli... anfibi) perché la mal collocazione delle parole può dare adito ad ambiguità.
Coloro che cadono maggiormente nel trabocchetto dell’anfibologia sono proprio quelli che, per mestiere, dovrebbero usare la massima chiarezza perché divulgano quotidianamente la lingua: gli addetti ai lavori del mondo della carta stampata e no.
Ci capita sovente, infatti, di leggere nel corso di un articolo, frasi del tipo «dopo il pauroso incidente il signor Pasquali è uscito dall’automobile che sanguinava». Fatta la dovuta analisi logica della proposizione risulta evidente che l’automobile grondava sangue e Pasquali, bontà sua, caricatala sulle spalle l’ha portata di corsa al pronto soccorso. Invitiamo, per tanto, tutti coloro che amano il bello scrivere (e quindi la semplicità e la chiarezza) a non cadere nell’anfibologia come fanno molto spesso, ahinoi, lo ripetiamo, i comunicatori del mondo dell’informazione.
La cattiva collocazione delle parole, infatti, oltre a creare ambiguità, molto spesso dà anche una connotazione ridicola alla frase. Poiché l’argomento ci sembra della massima importanza facciamo un altro esempio di anfibologia affinché chi ci segue abbia ben chiaro il concetto.
Fino a poco tempo fa, se non cadiamo in errore, i medicinali dati in omaggio ai medici recavano questa scritta: «campione gratuito per medici di cui è vietata la vendita». Era vietata la vendita dei medici o dei campioni?
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