Lo slogan
Oggi va tanto di moda la parola barbara slogan che come recitano i vocabolari è una «frase molto concisa ed efficace, usata in campo propagandistico e pubblicitario». Vogliamo vedere che cosa è, esattamente, questo termine che in buona lingua italiana va evitato?
Slogan, dunque, è vocabolo scozzese composto con le voci gaeliche sluag, esercito e gairm, grido e alla lettera significa grido di guerra, anzi, grido dei soldati. È il grido lanciato dai soldati allorché vanno all'assalto per far coraggio a sé stessi e incutere paura al nemico.
Il grido, si sa, crea eccitazione collettiva e attenua la percezione del pericolo cui si va incontro; lo slogan, insomma, è una sorta di medicamento psicologico contro la paura. Oggi, con questo termine, non si intende più un grido di guerra vera, bensì pubblicitaria e i mezzi di comunicazione di massa (giornali e radiotelevisioni) ce lo propinano senza soluzione di continuità.
Oggi, dunque, lo slogan è un grido che non sparge sangue ma pubblicità. È, insomma, una frase pubblicitaria o propagandistica che serve a catturare l'attenzione delle persone. Si pensi in proposito – senza entrare nel merito – ai vari slogan coniati dai leghisti.
Non possiamo concludere queste modeste considerazioni sullo slogan senza riportare ciò che dice il Panzini nel suo Dizionario: «Si è tentato l'adattamento italiano slògano. Grazie a Dio la proposta non trovò il successo sperato in quanto l'omologo italiano è motto e anche e forse soprattutto per la confusione che sarebbe sorta con la terza persona plurale del presente indicativo del verbo slogare: slogano».
In italiano, dunque, c'è la voce motto che fa alla bisogna; se proprio si vuole adoperare questo barbarismo lo si lasci invariato, per lo meno. Ci è capitato di leggere: «Tutti i manifestanti gridavano slogans contro il ministro».
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