Passare in razza
Ci scrive Vincenzo S. da Potenza: «Ieri, conversando con un amico, ho sentito una locuzione sconosciuta: passare in razza. Le sarei grato se potesse illuminarmi in merito. Grazie e cordiali saluti».
Effettivamente, gentile amico, la locuzione è poco conosciuta e affine all'altra — nota — in lingua latina: promoveatur ut amoveatur (sia promosso perché possa essere rimosso).
Colui che passa in razza, dunque, viene promosso a un'alta carica, puramente onorifica, che, in realtà, comporta l'allontanamento dai compiti importantissimi espletati dall'interessato.
Si dice, insomma, di personaggi che vengono promossi di grado, appunto, perché smettano di occuparsi di determinate e importanti attività.
L'espressione allude al trattamento riservato agli animali da competizione — cani e cavalli, in particolare — i quali al tramonto della loro carriera agonistica vengono impiegati esclusivamente per la riproduzione; passano, quindi, in... razza.
Di qui l'uso figurato della locuzione adoperata anche in senso ironico o scherzoso.
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