La larva
La storia del sostantivo larva — come quella del sostantivo siesta — è un’altra prova provata dei mutamenti cui il significato di una parola può andare soggetto nel corso dei secoli.
I comuni dizionari dicono che la larva di un insetto è l’insetto stesso nel primo stadio della sua vita, quando non ha ancora subito le metamorfosi, cioè i mutamenti, che lo portano alla forma definitiva. Le farfalle, per esempio, prima di avere le ali e volare liberamente, passano attraverso lo stadio di larva. Questa è, dunque, per l’uomo di oggi l’accezione corrente del termine, anzi l’unico significato. Ma vediamo, subito, che non è affatto vero.
In latino e nel volgare (l’italiano antico) il senso era un altro e il termine larva non aveva nulla che vedere con gli insetti (e i vari stadi della loro esistenza). Larva, il latino larva(m), appunto, significava (e significa) spettro, fantasma, maschera per travestimento, quindi aspetto non vero. Come si è giunti, allora, all’accezione attuale? Che cosa hanno che vedere i fantasmi con gli insetti? La risposta è molto semplice.
Il celeberrimo naturalista Linneo, che nella seconda metà del secolo diciottesimo tentò di classificare piante e animali nelle varie specie con nomi latini, applicò il termine larva agli insetti nella prima fase della loro esistenza, perché le larve sono una specie di maschera da cui l’insetto è ricoperto, destinata a cadere con le successive metamorfosi: l’insetto-larva è, insomma, come un fantasma coperto da un lenzuolo o da una maschera, appunto, che cadrà con il tempo lasciando scoperta la sua vera forma.
A questo punto è facile capire come l’accezione attuale di larva abbia avuto il sopravvento sul significato originario, che ora viene quasi ignorato da coloro che non abbiano letto i testi antichi: l’adozione del nuovo significato è avvenuta, infatti, in tempi in cui si affermava il linguaggio scientifico e sempre meno si credeva ai fantasmi.
Oggi nessuno di noi, quando si parla di larve d’insetti, pensa più ai fantasmi e agli spettri. Così pure, quando diciamo, in senso figurato, che un uomo è ridotto a una larva per la sua magrezza, non pensiamo più a uno spettro ma a un insetto.
Occorre dire anche, per completezza di informazione linguistica, che talvolta il termine viene adoperato dai poeti nella sua accezione originaria. Ugo Foscolo, per esempio, nei Sepolcri chiama larve guerriere i fantasmi dei valorosi caduti che, di notte, si aggirerebbero sui campi di battaglia.
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