Non capire un acca (o un'acca)
Chi non conosce questa locuzione che significa non capire nulla? Ma perché si adopera l'acca come sinonimo di nulla, niente?
La spiegazione ci sembra intuitiva e non abbisognevole di... spiegazioni. Coloro che sanno un po' di latinorum sanno anche che l'identificazione della consonante con nulla, niente si deve al fatto che la predetta consonante in origine si pronunciava aspirata, poi, con il trascorrere del tempo si attenuò fino a perdere completamente il valore di aspirazione non incidendo più sulla pronuncia, non valendo, quindi, nulla. Anche in italiano, del resto, la consonante è presente in alcune voci del verbo avere e in alcune esclamazioni — che testimoniano la derivazione latina — ma non vale nulla agli effetti della pronuncia.
A questo proposito ci è venuta alla mente un'altra locuzione — ormai desueta e, per tanto, poco conosciuta — non valere un ette, in cui ette sta per nulla, niente. Anche qui occorre rifarsi al latino per capire la meccanica
dell'accezione di ette come sinonimo di nulla.
Ette è, infatti, la pronuncia italianizzata della congiunzione latina et (e) con il significato di parte del discorso priva di importanza e, quindi, di nessun valore.
I rompighiaccio o i rompighiacci?
Facciamo un po' di chiarezza su questo sostantivo perché non tutti i vocabolari concordano sulla sua variabilità o invariabilità nella forma plurale. Alcuni lo danno tassativamente invariabile (i rompighiaccio); altri variabile (i rompighiacci).
Una ricerca con Googlelibri sembra prediligere l'invariabilità: 120 occorrenze per "i rompighiaccio" e 10 per "i rompighiacci".
A nostro modesto avviso si pluralizza perché è un nome composto di una forma verbale (rompere) e di un sostantivo maschile singolare (ghiaccio) e i nomi così formati si pluralizzano regolarmente: Il passaporto/i passaporti; il parafango/i parafanghi; il grattacapo/i grattacapi; il rompighiaccio/i rompighiacci.
Resterà invariato nel plurale solo quando è in funzione aggettivale: nave rompighiaccio/navi rompighiaccio.
Dirangolato
La parola proposta da questo portale, anche se relegata nella "soffitta della lingua", è "dirangolato". Si dice di una persona spensierata e disattenta.
Vediamo, in proposito, anche, il Tommaseo-Bellini:
«Agg. Contrario di Rangoloso, e vale Disattento, Spensierato. Rangolo, aff. di suono all'antiq. Rancura, e al lat. Angor, che ha com. orig. con Angustia. Tratt. pecc. mort. (C) Sono elli assai rangolosi alle bisogne del mondo, ma elli sono dirangolati e addormentati nel servizio di Dio».
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