L'aposiopèsi

Ciò che stiamo per scrivere sarà censurato da qualche linguista o sedicente tale — ne siamo certi — se si dovesse imbattere in questo sito. Siamo convinti, però, della bontà della nostra tesi e proseguiamo per la nostra strada.
Vogliamo parlare di una figura retorica chiamata aposiopèsi e ritenuta affine, per non dire identica alla preterizione. A nostro avviso, invece, sono due figure con significati completamente diversi.
La preterizione, dal latino praetéreo (trascurare, passare oltre) è una figura retorica per la quale il parlante o lo scrivente dichiara di non voler parlare di un determinato argomento ma ne... parla subito dopo. Petrarca ci dà un bellissimo esempio di preterizione: «Cesare taccio, che per ogni piaggia fece l'erbe sanguigne di lor vene ove il nostro ferro mise».
L'aposiopèsi (probabilmente poco conosciuta sotto questo nome perché ritenuta, appunto, sinonima di preterizione), dalle voci greche ἀπό (apò, da, particella intensiva) e σιώπησις (siòpesis, taccio, ammutolisco, passo in silenzio, trascuro), consiste, invece, nel tacere qualcosa nel corso del discorso e nello scritto è rappresentata dai puntini di sospensione. Si usa, generalmente, per richiamare l'attenzione su ciò che si è taciuto, ma facilmente comprensibile.
Si adopera anche per esprimere un dubbio, una certa perplessità, un'esitazione di chi scrive. Ecco un esempio manzoniano: «Lo può; e potendolo... la coscienza... l'onore...».
Concludendo queste noterelle possiamo affermare (e attendiamo eventuali smentite) che la preterizione parla dopo l'aposiopèsi non parla né prima né dopo.

26-11-2019 — Autore: Fausto Raso — permalink


Lo sputapepe

Abbiamo notato che non tutti i vocabolari dell'uso attestano questo termine, che si riferice a una persona dalla parlantina facile, arguta ma petulante. I dizionari che lo registrano lo danno come sostantivo invariabile.

No, il vocabolo, riferito al maschile, si pluralizza normalmente: uno sputapepe, due sputapepi.

Segue, infatti, la regola della formazione del plurale dei nomi composti. Tale regola stabilisce che un sostantivo composto di una voce verbale (sputa) e un sostantivo maschile singolare (pepe) nella forma plurale cambia regolarmente.

Resta invariato solo se si riferisce a un femminile: Giovanna è una sputapepe; Luisa e Anna sono delle emerite sputapepe.

25-11-2019 — Autore: Fausto Raso — permalink


L'illesità

«Gentilissimo dr Fausto Raso,
la seguo dai tempi dei tempi. Le scrivo per una curiosità. Esiste il sostantivo corrispondente all'aggettivo illeso, come da incolume si ha incolumità? Ho provato a cercare a naso nei vari vocabolari in mio possesso, ma non ho trovato nulla. Può togliermi questa curiosità che mi attanaglia da tempo? Ritengo superfluo complimentarmi per il suo encomiabile lavoro.
Restando in attesa di una cortese risposta, la saluto cordialmente.
Benedetto C.
Como
»

Caro amico, no, non esiste, o meglio nessun vocabolario dell'uso attesta il sostantivo corrispondente all'aggettivo illeso. Si potrebbe coniare però, anzi è già stato creato, un neologismo lessicale: illesità. Sulla scia dei sostantivi in -ità derivati da aggettivi.
Da raro abbiamo, infatti, rarità; da sordo, sordità; da cieco, cecità, da incolume, incolumità ecc.
Da illeso, per tanto, si può benissimo avere illesità. In proposito invitiamo i lessicografi a prendere in considerazione questo neologismo, che ha tutte le carte in regola per essere attestato nei vocabolari.

22-11-2019 — Autore: Fausto Raso — permalink