Moto da luogo: di o da?
Il complemento di moto da luogo indica — come si sa — il luogo, anche figurato, dal quale il moto ha inizio. Si riconosce perché risponde alla domanda sottintesa da dove? ed è introdotto dalle preposizioni di e da': vengo dall'ufficio; esco ora di casa.
I classici, però, non adoperavano indifferentemente le due preposizioni. Riservavano la preposizione da (il latino ab) per indicare propriamente l'allontanarsi dall'esterno di un luogo; la preposizione di, invece (il latino ex o e), per indicare più spesso il partire dall'interno di un luogo, insomma l'uscirne fuori.
Secondo questa regola classica', dunque, la preposizione di si usava (e si dovrebbe adoperare ancora oggi) con i verbi partire, fuggire, uscire, cadere, guarire; la sorella da con i verbi nascere, dipendere, derivare, degenerare, tralignare, scampare.
L'uso del di per da nel moto da luogo, insomma, è una di quelle cosette linguistiche che ancora oggi — se adoperate correttamente — mettono all'occhiello dello scrivente o del parlante un bel distintivo di classicità. E Giacomo Leopardi non mancò di fregiarsene.
E con la medesima logica — i classici — distinguevano i modi lontano da, lontano a. Nel primo modo si concepisce lo spazio dal punto più lontano da noi a quello più vicino; nel secondo si percepisce lo spazio dal punto a noi più vicino al punto a noi più lontano. Sono solo sottigliezze, però.
Mi è costato una cifra!
Cortesi amanti del bel parlare e del bello scrivere, quante volte avete sentito o pronunciato voi stessi frasi del genere? Ebbene: frasi di questo tipo sono maledettamente errate. Probabilmente ci attireremo le ire di qualche linguista "d'assalto" ma non possiamo sottacere questo orrore.
Vediamo, dunque, dov'è l'errore. È presto detto: nel termine cifra. Perché la cifra essendo propriamente il segno grafico con il quale vengono rappresentati i numeri dall'uno allo zero non si può usare nel significato di prezzo, somma, totale o numero.
Diremo correttamente, quindi, che quell'affare « mi è costato un prezzo eccessivo». Abbiamo letto su un giornale, a proposito della tragedia di Lampedusa, che «la cifra dei morti aumentava di giorno in giorno».
Non siamo riusciti a trattenere — nonostante la gravità della notizia — una clamorosa risata. E sempre a proposito di cifra, non si dica cifre romane perché i Latini per indicare i numeri adoperavano le lettere dell'alfabeto non conoscendo le... cifre arabe, per l'appunto.
Brutalizzare: francesismo da... evitare
Le cronache nere dei giornali sono piene di questo verbo: «Ragazza aggredita e brutalizzata da quattro malviventi»; «Extracomunitari brutalizzano una pensionata».
Chi ama scrivere secondo i sacri crismi della lingua di Dante aborrisca da questo verbo essendo il francese brutaliser.
Ci sono altri verbi schiettamente italiani che fanno alla bisogna, secondo i casi, ovviamente: maltrattare, torturare, violentare, perseguitare, trattare brutalmente.
Scriveremo correttamente, quindi: «Ragazza aggredita e violentata da quattro malviventi», così come scriveremo «extracomunitari torturano una pensionata».

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