Osservazioni...

Amante e amatore — i due termini non andrebbero adoperati indifferentemente. Il primo solo nel significato proprio del verbo amare da cui deriva; il secondo (con il femminile amatrice) nell'accezione di cultore, appassionato e simili: Pasquale è un amatore della lingua italiana.

Bisognare — verbo impersonale. Nei tempi composti richiede tassativamente l'ausiliare essere: giovedì era bisognato uscire. Seguito da un verbo di modo infinito rifiuta qualunque preposizione: mi bisogna parlarti (non di parlarti) urgentemente.

Brillare per l'assenza — espressione da non adoperare: brillare nell'accezione di distinguersi è un francesismo da evitare.

Cesto — sostantivo maschile che cambia di significato a seconda della pronuncia aperta o chiusa della e. Con la e chiusa ( césto) il termine indica una sorta di paniere; con la e aperta ( cèsto) il vocabolo definisce un'armatura di metallo o di cuoio che indossavano gli antichi pugilatori.
18-07-2019 — Autore: Fausto Raso — permalink


Può o puo'

«Gentilissimo dott. Raso,
spero di non approfittare della sua squisita cortesia. Le scrivo ancora per un altro quesito. Ai tempi della scuola ho imparato che le parole tronche non si accentano (e non si apostrofano, salvo qualche eccezione: mo', troncamento di modo e po', troncamento di poco, per esempio). A questo punto vorrei sapere se è corretto apostrofare la terza persona singolare del presente indicativo del verbo potere: egli puo'. Mi è stato fatto notare che l'apostrofo, in questo caso, è errato; ci vuole l'accento: egli può.
Potrebbe chiarirmi le idee? Grazie in anticipo.
Ottavio L.
Terni
»

Sì, cortese Ottavio, l'apostrofo è errato, ci vuole l'accento. Il motivo è semplice: «può» è la forma tronca dell'antico puote. Le parole tronche che originariamente avevano l'accento tonico (accento che si sente, ma non si segna graficamente) sulla penultima sillaba lo conservano tramutandolo in accento grafico. Per questo motivo abbiamo: città (da cittade), virtù (da virtude); gioventù (da gioventude); beltà (da beltade) e può da puote.

17-07-2019 — Autore: Fausto Raso — permalink


L'alternativa

Due parole sull'uso corretto di alternativa. L'argomento, forse, è stato già trattato e, nel caso, ci scusiamo per la ripetizione. Ma abbiamo notato che buona parte dei così detti mezzi di comunicazione di massa ignora il buon uso del termine e lo adopera a sproposito.
I grammatici sostengono, dunque, che per alternativa si deve intendere una scelta, o meglio una possibilità di scelta fra due termini e non come una delle possibilità che la scelta stessa concede. La frase, per esempio, l'alternativa è o morire o combattere è correttissima in quanto esiste un'«alternativa», vale a dire la possibilità di scegliere di combattere o di morire.
Se diciamo, invece, «non ha altra alternativa che morire» il discorso è agrammaticale, anzi insensato, perché non esiste possibilità di scelta. Che fare, quindi, in caso di dubbio sul corretto uso di alternativa? Seguire i consigli di alcuni grammatici: sostituire alternativa con dilemma. Se il discorso fila, cioè ha un senso, l'uso di alternativa è corretto, altrimenti no.
Vediamo con alcuni esempi pratici. Nella frase, vista prima, «l'alternativa è o morire o combattere» l'alternativa si può sostituire con dilemma e il discorso fila ugualmente: il dilemma è o morire o combattere. Nella seconda frase, invece, «non ha altra alternativa che morire» l'alternativa non si può sostituire con dilemma perché non ha senso dire, infatti, «non ha altro dilemma che morire». L'uso di alternativa, in questo
caso, è, dunque, spudoratamente scorretto.
I massinforma — come dicevamo — sono incuranti di queste norme (le conoscono?) e fanno un uso (e abuso) improprio, anzi scorretto, di alternativa. Ma sono in buona compagnia, dobbiamo dire, perché anche i vocabolari non sono da meno. Lo Zingarelli, per esempio, riporta: «Non avere altra alternativa; gli restava una sola alternativa». Provate a sostituire alternativa con dilemma e vedrete che i conti non tornano.
Il Sandron registra: «La sola alternativa che ci resta è la resa». Avverte, però, che l'uso è improprio. Noi sosteniamo, invece, che è maledettamente scorretto.

16-07-2019 — Autore: Fausto Raso — permalink