La «tripanofobia»
«Gentilissimo dott. Raso,
il suo prezioso sito mi è stato segnalato da un amico, che lo ha scoperto per caso: cercava una regoletta grammaticale non riportata nelle comuni grammatiche. Ho visto che risponde anche ai quesiti che le vengono sottoposti. Approfitto, quindi, della sua non comune cortesia per sapere se esiste un termine atto a indicare la paura delle iniezioni. Ho cercato, invano, nei vocabolari in mio possesso. Può dirmi qualcosa in merito? Grato se avrò una risposta.
Corrado S.
Carbonia»
Cortese Corrado, il termine che lei cerca, effettivamente, non esiste, per questo non è a lemma nei vocabolari. Si potrebbe creare, però, tripanofobia, composto con le voci greche τό τρύπανον (trypanon), arnese chirurgico acuminato, e -φοβία (-fobia), paura, sulla scia di agorafobia, claustrofobia ecc.
PS. Il prof. Marco Grosso, moderatore del sito Cruscate, mi fa notare che per quanto attiene alla paura degli aghi (iniezioni) si usa il termine belenofobia. Il vocabolo non è a lemma nei comuni vocabolari, si trova, però, in alcune pubblicazioni.
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Il per concessivo
Il linguista Luciano Satta consiglia un uso parco del così detto per concessivo. «Il tipo sintattico per + aggettivo + verbo al congiuntivo (Per ricco che tu sia) è assai frequente.
Non diremo di condannarlo del tutto, ma è consigliabile non abusarne. Alcuni esempi.
"Odiava... quel figuro, per biondo che fosse" (Gadda); "Per dura che fosse la vita di quella gente..." (Cassola); "Per tremende che fossero le verità" (Pratolini); "L'acqua, per profonda che sia..." (Moravia); (...).
E c'è anche l'esempio autorevole del filologo Giorgio Pasquali: "Per straniera che sia la parola..."».
A nostro modestissimo avviso crediamo che coloro che amano il bel parlare e il bello scrivere...
In qualità di...
Il linguaggio burocratico (che, ricordiamolo, non fa la lingua) ci ha abituati a frasi del tipo in qualità di, nella qualità di ecc. In molte lettere di assunzione si può, infatti, leggere: «Siamo lieti di comunicarle che dal giorno () Lei sarà alle dipendenze della nostra Società in qualità di».
È un'espressione, questa, da evitare se si vuole scrivere e parlare in buona lingua italiana. Qualità, in casi del genere, si può sostituire con come, con l'incarico di, con il grado di e simili: sarà assunto con l'incarico di segretario.
È, altresì, da evitare — sempre che si voglia parlare e scrivere bene — l'espressione di qualità nel significato di buona, ottima qualità: è un libro di qualità; uno spettacolo di qualità.
A questo proposito il linguista Rigutini — non l'illustre sconosciuto, estensore di queste noterelle — fa notare che si tratta del solito francesismo: dare un senso determinato a parole che hanno bisogno di una determinazione; una qualità può essere anche cattiva, mediocre e pessima oltre che buona.
Oggi tale locuzione è largamente adoperata tanto che nell'uso comune si sente dire stoffa di qualità volendo significare stoffa di buona, ottima qualità.
Gli amatori del bel parlare e del bello scrivere aborriscano da questo gallicismo. La qualità di qualcosa deve sempre essere seguita dalla sua determinazione: buona, ottima, cattiva, pessima, mediocre e via dicendo.
PS. La locuzione in qualità di si trova in molte pubblicazioni, ma, come dicevamo, è meglio starne alla larga: Google Libri

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