L'affetto e l'affezione

Un cortese lettore desidera sapere se c'è una relazione etimologica tra l'affezione intesa come stato morboso, stato patologico, la classica accezione di malattia, insomma e quella intesa come affetto, amore, tenerezza, sentimento.
Questo stesso termine — si domanda il cortese interlocutore — come può indicare due concetti apparentemente in antitesi tra loro? C'è, quindi, una relazione etimologica tra i due significati del termine che ha permesso, per l'appunto, una divaricazione semantica del vocabolo?
Certamente. L'affezione è, infatti, il latino affectione(m), un derivato di afficere, composto di ad e facere (toccare, impressionare, influire).
Nel primo significato l'affezione tocca, impressiona, influisce sul nostro corpo determinando uno stato morboso, patologico (affezione gastrica, per esempio); nel secondo significato l'affezione influisce sul nostro spirito, sul nostro animo dando vita a quel sentimento di viva benevolenza, attaccamento a una persona o a una cosa.
Da notare, a questo proposito, che l'affezione, intesa come sentimento, esprime minore intensità che l'affetto sebbene abbiano in comune il medesimo padre.
Nei confronti di una persona, insomma, è meglio provare un certo affetto che una certa affezione, anche per non dare adito a... equivoci semantici.

30-12-2020 — Autore: Fausto Raso — permalink


Le legne e il mozzo

Alcune precisazioni sui succitati sostantivi. Il primo appartiene alla schiera dei nomi sovrabbondanti perché ha due plurali: le legna e le legne.

Il più usato, però, è il primo. Ma nessuno potrà accusarvi di ignoranza se direte o scriverete “voglio un po' di legne per il mio camino".

Il secondo cambia di significato a seconda del suono della o e della z. Con la ó chiusa e la z sorda (mózzo) sta per marinaio addetto ai servizi di pulizia e di cucina; con la ò aperta e la z sonora (mòzzo) vale perno, centro della ruota.

29-12-2020 — Autore: Fausto Raso — permalink


Ieri

Probabilmente pochi sanno che l'avverbio di tempo, “ieri”, se unito a “sera”, “notte”, “mattina” si può troncare formando un'unica parola: iersera, iernotte, iermattina. Si tratta di una sorta di “troncamento interno".

A nostro modo di vedere queste forme hanno un sapore aulico se confrontate con le così dette grafie normali: ieri notte; ieri sera; ieri mattina.

28-12-2020 — Autore: Fausto Raso — permalink