Il tànghero e il «tanghista»
Incredibile, ma vero. Tempo fa, le nostre povere orecchie, anzi, correttamente, i nostri poveri orecchi, ebbero la sventura di udire queste frasi: “Giulio, accendi il televisore, c'è il campionato internazionale di tango al quale partecipano tutti i migliori tàngheri”. Facemmo fatica a trattenere il sorriso per non offendere i nostri illustri ospiti. Il tànghero, con il rispettivo femminile (tànghera), chiariamolo subito, è la persona zotica, rozza, ottusa e villana: con te non si può discutere, sei proprio un tànghero! La sua origine, vale a dire l'etimologia, è sconosciuta. Il linguista Ottorino Pianigiani, però, avanza un'ipotesi che facciamo nostra: «Dal barb. latino ‘tànganum che corrisponde con l'antico francese ‘tangre', ostinato, resistente, affine al verbo francese ‘tangoner', stringere, e al modello tedesco ‘Zange', e deriva da una radice germanica ‘Tahn-', tener saldo, tener fermo (…)». Il tànghero, potremmo dire, è la persona “ferma sulle proprie posizioni”, quindi ostinata, e “tiene strette le sue idee”.
Per quanto attiene, invece, al ballerino professionista di tango - non avendo un nome specifico - proporremmo di chiamarlo "tanghista" (il tanghista, la tanghista). Il suffisso "-ista", infatti, si adopera per indicare la persona che svolge una certa attività: violino/violinista; camion/camionista; bar/barista ecc. Perché, dunque, non chiamare "tanghista" chi, per professione, balla il tango? Che ne pensano gli amici blogghisti? Attendiamo i loro cortesi commenti.
come si dice...
Come si chiama la persona che legge qualunque cosa che le capiti sotto gli occhi? Non ha una denominazione specifica. Proponiamo “leggivoro” (dalle voci latine “legere” e “-vorus”, da “vorare”, divorare), sulla scia di onnivoro: Mario è proprio un leggivoro, legge di tutto. Che ne pensano gli amatori della lingua?
15-12-2017 — Autore: Fausto Raso — permalinkRimediare...
Ancora un verbo usato, molto spesso, in modo improprio. Si tratta del verbo denominale “rimediare” che alla lettera significa “porre rimedio”, “accomodare una situazione” e anche “ovviare”, “provvedere”, “aggiustare”. Può essere tanto transitivo quanto intransitivo: Giovanni ha cercato di rimediare al misfatto che ha combinato; bisogna rimediare alla mancanza di mezzi; Pietro ha rimediato l’errore commesso dal figlio. Spesso, dicevamo, si adopera impropriamente con i significati di: trovare, raggranellare, raccattare, ottenere, raccogliere e simili: Giulio ha rimediato (ottenuto) un quattro in matematica; Giuseppe ha rimediato un biglietto per lo stadio. Chi ama il bel parlare e il bello scrivere adoperi, dunque, il verbo rimediare nel significato proprio; negli altri casi usi i verbi sopra citati a seconda dei… casi.
Etimo.it - rimediare

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