Ti scrivo onde assicurarti che...

Non ricordiamo se abbiamo già trattato l’argomento, anche se così fosse vale la pena riproporlo perché ci sembra della massima importanza. Coloro che amano il bel parlare e il bello scrivere prendano atto, quindi, di queste modeste noterelle che trattano dell’uso corretto dell’avverbio onde.
Quest’avverbio, dunque, non può essere adoperato per introdurre una proposizione finale: le telefono onde pregarla... Essendo avverbio non può essere utilizzato con valore di preposizione (per); non è corretto, insomma, farlo seguire da un infinito.
Qualcuno obietterà: moltissimi scrittori usano onde e l’infinito; l’ha adoperato il Leopardi, il Parini, persino il purista Leonardo Salviati, per non parlare del Tommaseo che lo ha registrato nel suo vocabolario. E che cosa significa? Un uso improprio è e un uso improprio resta!
Onde è un avverbio di moto da luogo, è il latino unde, e significa da dove: “onde venisti?, quali a noi secoli...” (Carducci). Da questo significato primitivo sono derivati tutti gli altri, sempre con valore di provenienza. Abbiamo, così, onde adoperato come pronome invariabile nel senso di di cui, da cui, con cui, per cui: «i diletti, l’amor, l’opre, gli eventi onde (di cui) cotanto ragionammo insieme» (Leopardi). Quando in onde manca l'idea della provenienza, insomma, è bene non adoperarlo.
Vediamo ciò che dice in proposito il linguista Giuseppe Pittàno: «Il significato fondamentale dell’avverbio onde (...) è quello di da quale luogo, da chi: onde vieni? onde ti viene tanto coraggio? (...) Abbastanza frequente è l’uso di onde più l’infinito: ti scrivo onde informarti, accorse onde aiutarlo. Si tratta di un uso condannato dai grammatici che consigliano di ricorrere in questi casi alla preposizione per: ti scrivo per informarti, accorse per aiutarlo».

30-04-2010 — Autore: Fausto Raso