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Giosuè Carducci
(✶1835 †1907)
Roma e la collaborazione con Angelo Sommaruga
Mario Menghini afferma che Carducci andò per la prima volta a Roma nel 1872. In realtà Giosuè giunse nella città eterna solo nel 1874 e fu davvero una "toccata e fuga". Ebbe modo di vedere solo il Colosseo, le Terme di Caracalla e poco più. È dal 1877 che le visite romane diventarono frequenti e significative. Nel marzo di quell'anno rimase incantato dalla capitale, mentre Domenico Gnoli gli fece da cicerone e lo presentò a Giovanni Prati al Caffè del Parlamento, dove trovarono casualmente il poeta toscano allontanatosi dal tardo romanticismo, in un incontro pieno di affetto ed ammirazione reciproche. L'impressione suscitata dalla città che con la sua storia aveva impregnato a tal punto l'immaginario giovanile e gli ideali carducciani ispirò le due barbare Nell'annuale della fondazione di Roma e Dinanzi alle Terme di Caracalla, in aprile, non appena il vate fece ritorno a Bologna.Le visite a Roma divennero un appuntamento fisso; in virtù delle adunanze della Giunta per la licenza liceale e del Collegio degli esaminatori (che lo mandava in tutta l'Italia centrale) Carducci scese nell'urbe almeno una volta all'anno. Al tempo stesso vi giunse un ambizioso signore milanese da poco uscito dalle miniere di Iglesias, intenzionato a fare fortuna con la letteratura, aprendo una casa editrice che si diffondesse in tutta la penisola. Questi era Angelo Sommaruga.
Il primo suo obiettivo era ottenere la collaborazione del massimo poeta nazionale, e siccome era dotato di buona dialettica ed era prodigo di promesse convinse il Nostro con la propria schiettezza. Gli ultimi due versi dell'epodo Per Vincenzo Caldesi fornirono lo spunto per il titolo di una rivista, la Cronaca bizantina. Sommaruga decise che la sede doveva essere a Roma, e tappezzò di giallo le sale della redazione, mentre la rivista aprì i battenti il 15 giugno 1881. In prima pagina vi era Ragioni metriche di Giosuè, assieme all'annuncio della prossima pubblicazione di Confessioni e battaglie per Sommaruga e la promessa di un intervento del poeta in ogni numero del giornale.
La Cronaca si fregiava di firme illustri, ma non era gran cosa. La mondanità e il pettegolezzo avevano il sopravvento, e non doveva essere lontana da quello che si potrebbe definire «gossip letterario» ante litteram. Ebbe tuttavia un largo pubblico e presentava tutte le seduzioni tipografiche del caso.
Tra il giugno 1881 e il 1884 Carducci scrisse per la Cronaca diciassette poesie e ventuno scritti in prosa, mentre diede alla neonata casa editrice i tre volumi di Confessioni e Battaglie (marzo 1882, inizi del 1883, inizi del 1884) e i dodici sonetti del Ça ira, oltre alle Conversazioni critiche (1884). I sonetti furono percepiti come un attacco frontale alla monarchia portato da un fervente repubblicano (il titolo francese dovette risvegliare in qualcuno il fantasma degli eventi del secolo precedente); nella Domenica Letteraria Ruggiero Bonghi diede dello «sconsigliato» al poeta, e non furono certo moderati nei toni anche giornali come la Provincia di Brescia, la Libertà e la Rassegna italiana. Giosuè redasse l'anno successivo una lunga difesa, spiegando con toni oscillanti tra il risentito e l'ironico come mai la repubblica venisse nominata nelle poesie, né vi fosse stata in lui alcuna intenzione di aggredire la monarchia.
Con decreto regio del 12 maggio 1881, Carducci fu nominato membro del Consiglio Superiore dell'Istruzione. In tale veste il poeta aveva la possibilità di concedere o negare la libera docenza ai candidati che si presentavano. Dette in questo contesto prova del proprio temperamento incorruttibile e volto unicamente al bene della scuola del futuro. Per questo, spesso e volentieri, respingeva personaggi caldamente raccomandati dalle Facoltà di appartenenza e particolarmente "protetti". Non risparmiava neppure gli amici: negò infatti anche il sussidio richiesto da Tommaso Casini, Salomone Morpurgo e Albino Zenatti, i tre redattori della Rivista critica della letteratura italiana.
In tutti questi anni la produzione poetica e prosastica fu molto ricca, e numerose le edizioni venute alla luce. Nell'aprile 1880 presso la collezione elzeviriana vi è la pubblicazione di Juvenilia, comprendente un numero di poesie quasi doppio rispetto alle due stampe barberiane. Carducci ridusse invece la quantità di testi presenti in Levia Gravia (settembre 1881, Zanichelli), espungendone gli scritti precedenti il 1881 e quelli seguenti il 1887. Le poesie politiche e civili del quinquennio 1867-72 confluirono nei Giambi ed Epodi (ottobre 1882, sempre Zanichelli) assieme ai Decennali e ai testi, tra le Nuove Poesie imolesi, di analogo argomento civile e polemico.
Oltre alla collaborazione sommarughiana, pubblicò le Nuove Odi Barbare (marzo 1882) e lesse il famoso discorso Per la morte di Garibaldi (1882). Le Nuove Odi Barbare erano venti, e il volume comprendeva inoltre la traduzione de La Lirica del Platen e due traduzioni klopstockiane.
Licenziate le tre edizioni definitive delle maggiori raccolte poetiche, pensò, sin dal principio del 1885, ad un volume che inglobasse infine tutte le poesie in rima rimanenti, quelle tra le Nuove Poesie rimaste escluse dai Giambi ed Epodi e quelle composte o terminate dopo il 1872. Il progetto si concretizzò solo nel giugno 1887 con la stampa delle Rime Nuove.
Il corso che tenne all'Università nel 1888 sul poema Il giorno di Parini produsse l'importante saggio Storia del "Giorno" di Giuseppe Parini, edito da Zanichelli nel 1892. Nel 1889, dopo la pubblicazione della terza edizione delle Odi Barbare, il poeta iniziò ad assemblare l'edizione delle sue Opere in venti volumi.
Quanto al Sommaruga, per quanto stilasse l'elenco delle opere carducciane che a breve sarebbero uscite (molte rimasero allo stadio di semplici intenzioni), l'arresto del 1º marzo 1885 con l'accusa di tentativi di ricatto lo convinse, dopo essere stato rilasciato, a prendere la via delle Americhe. Rimase così incompiuto il volume di Vite e Ritratti che Giosuè stava preparando per l'editore.
Primi soggiorni alpini e primi problemi di salute
«Erra tra i vostri rami il pensier mio
sognando l'ombre d'un tempo che fu.
Non paure di morti ed in congreghe
diavoli goffi con bizzarre streghe,
ma del comun la rustica virtù
accampata a l'opaca ampia frescura
veggo ne la stagion de la pastura
dopo la messa il giorno de la festa.»
(Il comune rustico, vv.8-15)
Dall'estate 1884 Carducci inaugurò l'usanza di trascorrere l'estate in località alpine. Quell'anno soggiornò a Courmayeur, dove scrisse la barbara Scoglio di Quarto, ispirata dalla visita genovese che precedette l'arrivo in montagna. L'aria salubre dovette rivelarsi una necessità ancor più forte negli anni successivi, dopo che nel 1885 fu colto per alcuni istanti da una semiparalisi del braccio destro mentre era intento agli studi quotidiani.
Non era una cosa grave, ma i medici gli imposero di prendere un periodo di riposo. Fu così che si recò per la Pasqua a casa della figlia Beatrice, a Livorno, e tornando a Bologna fece tappa a Castagneto, ritrovando i luoghi maremmani dell'infanzia, che continuavano a conservare nella sua fantasia un aspetto mitico. Assieme a un gruppo di amici banchettò allegramente a Donoratico, «circonfuso di calore e di luce, lì all'ombra della fiera torre, in un bosco fresco di lecciuoli e di giovani querce».
Certo non bastarono i medici a far cambiar vita al Carducci: tornato a Bologna riprese la vita abituale. Alla fine dell'anno scolastico fu a Desenzano del Garda come commissario d'esami, e a metà luglio prese la via della Carnia. Il mese e mezzo passato a Piano d'Arta fu un vero toccasana. Immerso nella natura e lontano dallo stress cittadino, poté dedicarsi a letture di semplice diletto. La fantasia e l'ispirazione poetica ne ebbero uguale giovamento: scrisse in quei giorni due celebri poesie: In Carnia e Il comune rustico. Memore inoltre del maggio maremmano, volle rivedere quelle terre anche in ottobre. Passò quindi, assieme a Giuseppe Chiarini e Leopoldo Barboni, altri piacevoli momenti.
Fonte: Wikipedia, l'enciclopedia libera
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