Indietro Indice Autori Italiani

Giuseppe Garibaldi
(✶ 1807   †1882)

Dopo circa quindici minuti, quando Garibaldi cadde, il combattimento cessò: si contarono 7 morti e 14-24 feriti nell'esercito regio e 5 morti e 20 feriti fra i seguaci di Garibaldi.

La cosiddetta giornata dell'Aspromonte fruttò al generale l'arresto. Venne imbarcato sulla pirofregata Duca di Genova, raggiungendo prima Scilla e poi il 2 settembre giunse a La Spezia venendo rinchiuso nel carcere del Varignano. Fu curato dai medici Di Negro, Palasciano e Bertani, ma, in considerazione della sua notorietà, accorsero al suo capezzale Richard Partridge da Londra, Nikolaj Ivanovič Pirogov dalla Russia e Auguste Nélaton dalla Francia.

Vittorio Emanuele, per festeggiare il matrimonio nel 1862 della figlia Maria Pia con Luigi I re del Portogallo, amnistiò i rivoltosi il 5 ottobre dello stesso anno. Garibaldi il 22 fu trasportato all'Albergo "Città di Milano" e venne visitato da Auguste Nélaton, che gli applicò uno specillo di propria invenzione in porcellana, che aveva la proprietà di individuare il piombo. La cosa rese possibile al chirurgo fiorentino Ferdinando Zannetti di operarlo il 23 novembre per estrarre la palla di fucile. Venne trasportato sulla nave Sardegna per Caprera. In seguito partì per l'Inghilterra.

Che il tentativo del 1862 fosse velleitario, lo provarono i successivi eventi del 1867. Garibaldi promuove una raccolta che chiama «Obolo della Libertà» contrapponendolo all'«Obolo di San Pietro», e si interessa al centro insurrezionale romano, formando un Centro dell'emigrazione con sede a Firenze. Partecipò al Congresso internazionale della pace, il 9 settembre 1867 a Ginevra, dove venne eletto presidente onorario.

Preparò un attacco contando sulla rivolta interna della città; dopo una serie di rimandi, senza l'appoggio dello stato, il 23 settembre partì da Firenze, ma il giorno dopo il 24 settembre 1867 venne arrestato a Sinalunga e portato nella fortezza di Alessandria. 25 deputati protestarono per l'accaduto: essendo il nizzardo stato eletto nel Mezzogiorno, veniva a infrangersi l'immunità parlamentare e i soldati che dovevano sorvegliarlo ascoltavano i suoi proclami dalla finestra della prigione. Venne poi portato il 27 settembre prima a Genova e poi a Caprera, isola in quarantena per colera, dove era prigioniero, sorvegliato a vista.

Organizzò una fuga utilizzando Luigi Gusmaroli come suo sosia. Mentre l'uomo sostituì Garibaldi, il nizzardo lasciò l'isola il 14 ottobre stendendosi su un vecchio beccaccino comprato anni prima e nascosto. Giunse all'isolotto di Giardinelli, e, dopo aver guadato, arrivò a La Maddalena alloggiando dalla signora Collins. Con Pietro Susini e Giuseppe Cuneo giunsero in Sardegna, dopo essersi riposati ripartirono il 16 ottobre e dopo aver viaggiato a cavallo per 15 ore, il 17 si imbarca raggiungendo in seguito Firenze il 20. Partito da Terni raggiungendo Passo Corese il 23, contava fra i suoi uomini circa 8.000 volontari, in quella che venne riconosciuta come "Campagna dell'Agro Romano per la liberazione di Roma". Dopo un primo attacco a Monterotondo il 25 ottobre prese il 26 ottobre 1867 la piazzaforte pontificia bruciando la porta utilizzando un carro infuocato penetrandovi con i suoi uomini.

Giunse il 29 a Castel Giubileo e dopo a Casal de' Pazzi, il 30 sino all'alba del 31 rimase in vista di Roma ma non ci fu la rivolta che attendeva e ritirò le sue truppe. Garibaldi non sapeva del proclama del re che aveva sedato gli animi rivoltosi, malgrado il sacrificio dei fratelli Cairoli (Scontro di Villa Glori) e il sacrificio a Roma della Tavani Arquati e di Monti e Tognetti decapitati nel 1868.

Decise di recarsi a Tivoli: la partenza era prevista il 3 novembre alle 3 di notte ma venne posticipata alle 11, erano circa in 4.700 giunti a Mentana incontrano i 3.500 pontifici guidati da Hermann Kanzler, ma riuscirono a farli retrocedere; sopraggiunsero quindi i 3.000 francesi guidati da Charles De Failly, dotati del fucile Chassepot a retrocarica in quella che verrà chiamata la battaglia di Mentana. Di fronte al fuoco Garibaldi continuò l'attacco ma a una successiva carica annunciata venne fermato da Canzio, decise quindi il ritiro delle truppe. Partì con un treno da Orte alla volta di Livorno, ma presso la stazione di Figline Valdarno venne nuovamente arrestato e rinchiuso a Varignano il 5 novembre, vi restò sino al 25 novembre, dopodiché tornò a Caprera. Come deputato si dimise nell'agosto del 1868.

continua sotto




La terza guerra d'indipendenza

Il 6 maggio 1866 si formarono dei Corpi Volontari: Garibaldi doveva assumerne il comando, ma invece di 15.000 persone previste si presentarono in 30.000 persone. Sul Piemonte il 10 giugno Garibaldi partì raggiungendo i suoi uomini. Alla fine si contarono 38.000 uomini e 200 cavalieri, ma di questi utilizzerà inizialmente solo 10.000. contro di lui il generale Kuhn von Kuhnenfeld con 17.000 uomini. Doveva agire in una zona di operazioni secondaria, le prealpi tra Brescia e il Trentino, a ovest del Lago di Garda, con l'importante obiettivo strategico di tagliare la via fra il Tirolo e la fortezza austriaca di Verona.

Ciò avrebbe lasciato agli Austriaci la sola via di Tarvisio per approvvigionare le proprie forze e fortezze fra Mantova e Udine. L'azione strategica principale era, invece, affidata ai due grandi eserciti di pianura, affidati a La Marmora e a Cialdini. Garibaldi operò inizialmente a copertura di Brescia, dopo piccole vittorie del 24 giugno e quella del Ponte Caffaro il 25 giugno 1866. Il 3 luglio non riuscì a penetrare a Monte Suello dove venne ferito, lasciando il comando a Clemente Corte.

Il 16 luglio respinse una manovra del generale nemico a Condino il 21 luglio gli austriaci presero Bezzecca Garibaldi notando i suoi uomini ritirarsi diede nuove disposizioni riuscendo a respingere l'avanzata e a far ritirare il nemico. Si apriva la strada verso Riva del Garda e quindi l'imminente occupazione della città di Trento. Salvo essere fermato dalla firma dell'armistizio di Cormons. Il 3 agosto ricevette con telegramma di abbandonare il territorio occupato rispose telegraficamente: «Ho ricevuto il dispaccio nº 1073. Obbedisco» "Obbedisco", parola che successivamente divenne motto del Risorgimento italiano e simbolo della disciplina e dedizione di Garibaldi.

Il telegramma fu inviato dal garibaldino marignanese Respicio Olmeda in Bilancioni il 9 agosto 1866 da Bezzecca, evento ricordato su una lapide collocata sulla facciata della sua casa natale a San Giovanni in Marignano (RN). Il corpo dei volontari venne sciolto il 1º settembre; in seguito ci fu l'episodio di Verona.>

continua sotto




Le campagne in Francia

Durante la guerra franco-prussiana del 1870-1871, Garibaldi offrì i suoi servigi alla neonata Terza Repubblica francese. Joseph-Philippe Bordone, con il battello Ville de Paris, raggiunse la Corsica e, per ingannare la sorveglianza della marina italiana, continuò il viaggio su una piccola barca. Indi prese a bordo Garibaldi, che sbarcò a Marsiglia il 7 ottobre 1870, recandosi poi nella capitale provvisoria francese, Tours. I primi ordini di Léon Gambetta furono quelli di occuparsi di qualche centinaio di volontari; il nizzardo rifiutò di eseguire l'ordine, ottenendo il comando delle truppe della cosiddetta «Armata dei Vosgi», gli uomini furono inizialmente 4.500. Stabilì dunque il quartier generale a Dôle e poi l'11 novembre a Autun.

Nello stesso mese predispose una spedizione vittoriosa, compiuta da Ricciotti. Digione intanto era caduta in mani tedesche, comandate da Augusto Werder, e poi era stata abbandonata per l'avanzata delle truppe francesi. Sentenziò la pena di morte al colonnello Chenet perché abbandonò la sua postazione durante il combattimento, ma graziato dagli stessi francesi, la condanna non venne eseguita.

Garibaldi occupò la città e la difese dall'attacco del 21 gennaio. Dopo tre giorni di combattimenti i tedeschi si ritirarono e in quei giorni fu presa l'unica bandiera dei tedeschi persa nella guerra. Fra i 4.000-6.000 uomini prussiani le perdite furono circa 700.

Il 29 gennaio venne stipulato un armistizio di alcune settimane, che non tenne conto della zona del sud-est e quindi dei soldati dell'Armata del Vosgi. Il 31 gennaio le truppe di Garibaldi vennero attaccate, il generale sottraendosi allo scontro diresse i suoi uomini in una zona compresa nell'armistizio. Quando terminò la guerra la sua armata fu l'unica che rimase sostanzialmente intatta, con minime perdite.

Victor Hugo affermò che soltanto Garibaldi era intervenuto in difesa della Francia, al contrario di nazioni o re, affermazione che suscitò aspre polemiche.

Nel 1871, dopo la proclamazione della Terza Repubblica francese, nelle elezioni politiche tenutesi l'8 febbraio, Garibaldi venne eletto all'Assemblea Nazionale di Bordeaux, nella speranza di far abrogare il Trattato di Torino del 1860 con cui la Contea di Nizza era stata ceduta a Napoleone III, la richiesta di ritorno all'Italia sfociò nei Vespri nizzardi, militarmente repressi e il 13 febbraio a Garibaldi fu impedito di parlare all'Assemblea Nazionale, per protesta si dimise.

Fonte: Wikipedia, l'enciclopedia libera

Pagina precedente
8/10
Pagina successiva
Indietro Indice Autori Italiani