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Giuseppe Garibaldi
(✶ 1807 †1882)
La società protettrice degli animali
Garibaldi fu anche un difensore dei diritti degli animali. A seguito dell'acquisto da parte sua di metà dell'isola di Caprera, avvenuto nel 1856 e finalizzato a fare del luogo la propria residenza, Garibaldi – come scrive lo storico Denis Mack Smith – «più tardi si fece sempre più vegetariano; lo stretto contatto con la solitaria natura gli diede l'eccentrica credenza che gli animali e perfino le piante avessero un'anima cui non si doveva nuocere. Divenuto mezzo vegetariano, rinunciò quasi interamente anche a bere; ma ritenne il consueto gusto per i sigari».Nel 1871 fu promossa da Garibaldi la prima società in Italia per la protezione degli animali: la Regia società torinese protettrice degli animali (oggi ENPA), contro i maltrattamenti che gli animali subivano sia in campagna sia in città, specie da parte dei guardiani e dei conducenti. Affermava Garibaldi: «Proteggere gli animali contro la crudeltà degli uomini, dar loro da mangiare se hanno fame, da bere se hanno sete, correre in loro aiuto se estenuati da fatica o malattia, questa è la più bella virtù del forte verso il debole».
Gli ultimi anni
Garibaldi coniò il detto l'«Internazionale è il sole dell'avvenire», per quanto riguardava l'Internazionale; prendendo posizione in favore della Comune di Parigi, fu eletto deputato alla nuova Assemblea Nazionale francese in diversi dipartimenti metropolitani: Savoia, Parigi, Basso Reno, Digione e Nizza accettò per poi dare le dimissioni.Per le continue inondazioni del Tevere Garibaldi propose un piano ideato da Alfredo Baccarini, ma venne scartato per l'elevato bisogno finanziario. Nel giugno del 1872 Benedetto Cairoli propose una legge sul suffragio universale, mentre Garibaldi il 1º agosto pubblicò un «Appello alla Democrazia». Intanto le sue condizioni peggiorarono: dal 1873 ebbe bisogno delle stampelle, nel 1880 verrà portato in carrozzina.
Nella primavera del 1879 organizzò il congresso, convocando 92 personalità rappresentative della democrazia, di esse intervennero in 62 il 21 aprile 1879 in cui chiedeva l'abolizione del giuramento e esprimeva il suo appoggio al suffragio universale. Portò con sua comunicazione il 26 aprile la formazione della Lega della Democrazia, dai 44 membri di cui si effettuerà una commissione esecutiva di 16 membri, un giornale venne alla luce: La lega della Democrazia. Il loro movimento avrà successo portando all'elezione di ottobre del 1882 da 620.000 elettori a circa 2.000.000.
Intanto aveva scritto alcuni romanzi: nel 1870 uscirono Clelia, ambientato nel 1849 a Mentana, e Cantoni il volontario. Nel 1874 fu pubblicato I Mille, la storia di una donna, Marzia, che, travestita da uomo, si univa ai volontari. Rivisitò le Memorie nel 1871-1872 giungendo nella rievocazione alla campagna dei Vosgi: rispetto alla versione precedente del testo inasprì i toni contro Mazzini e la Chiesa. Redasse in seguito Manlio, un resoconto delle sue avventure in Sud America e del suo ritorno in Italia. I proventi dei libri diminuirono nel corso del tempo. Nella sua vita non si limitò a questi scritti, ma scrisse anche due inni militari, un poema autobiografico in endecasillabi, un Carme alla morte e vari sonetti e rime, poi raccolti e pubblicati.
Il 2 dicembre 1874 Pasquale Stanislao Mancini propose al parlamento una rendita vitalizia al condottiero; il 19 dicembre viene approvata alla Camera (si contarono 307 si e 25 no), mentre il Senato l'approvò solo il 21 maggio 1875; la pensione era di 50.000 lire annue a cui si aggiungeva una rendita annua. Garibaldi inizialmente rifiutò per poi accettarla l'anno successivo.
Il 26 gennaio 1880 sposò la piemontese Francesca Armosino, sua compagna da 14 anni e dalla quale ebbe tre figli. Nel 1882 fece il suo ultimo viaggio in occasione del sesto centenario dei Vespri: per tale ricorrenza partì il 18 gennaio, prima giunse a Napoli che lascerà il 24 marzo raggiungendo Palermo il 28 marzo; durante il tragitto nella città regnò il silenzio in segno di rispetto. Ritornerà a Caprera il 17 aprile. Poco dopo il ritorno la bronchite peggiorò, e per tre giorni Garibaldi venne alimentato artificialmente. Fu assistito dal medico di una nave da guerra ancorata nell'isola vicina della Maddalena (La Cariddi) Alessandro Cappelletti e morì il 2 giugno 1882 alle 18.22, all'età di quasi 75 anni, per una paralisi della faringe che gli impedì di respirare. Nel testamento, una copia del quale è esposta nella casa-museo sull'isola di Caprera, Garibaldi chiedeva espressamente la cremazione delle proprie spoglie, desiderio disatteso. La salma giace a Caprera nel cosiddetto Compendio garibaldino, in un sepolcro chiuso da una massiccia pietra grezza di granito.
Le sue ultime parole, secondo quanto assicurato in seguito da Francesca Armosino, furono: «Muoio col dolore di non vedere redente Trento e Trieste». Garibaldi, massone e anticlericale convinto, deista ma non ateo inserì nel proprio testamento anche alcuni passaggi tesi a sventare eventuali tentativi di conversione alla religione cattolica negli ultimi attimi della vita:
«Siccome negli ultimi momenti della creatura umana, il prete, profittando dello stato spossato in cui si trova il moribondo, e della confusione che sovente vi succede, s'inoltra, e mettendo in opera ogni turpe stratagemma, propaga coll'impostura in cui è maestro, che il defunto compì, pentendosi delle sue credenze passate, ai doveri di cattolico: in conseguenza io dichiaro, che trovandomi in piena ragione oggi, non voglio accettare, in nessun tempo, il ministero odioso, disprezzevole e scellerato d'un prete, che considero atroce nemico del genere umano e dell'Italia in particolare. E che solo in stato di pazzia o di ben crassa ignoranza, io credo possa un individuo raccomandarsi ad un discendente di Torquemada»
Cronologia
1807: nasce a Nizza.1821: è iscritto nei registri dei marinai.
1824: primo viaggio in mare verso il Mediterraneo Orientale.
1833: a Taganrog entra in contatto con i mazziniani.
1834: partecipa ai moti di Genova.
1835: parte esule da Marsiglia verso il Sud America.
1839: combatte con il Rio Grande do Sul contro il Brasile centralista.
1839: incontra Anita, che sposerà nel 1842.
1841: combatte con l'Uruguay contro l'Argentina rosista.
1849: combatte per la difesa della Repubblica Romana.
1852: si reca da Lima a Canton per acquistare guano.
1859: partecipa alla Seconda guerra d'Indipendenza come generale dell'esercito piemontese, al comando dei Cacciatori delle Alpi.
1860: spedizione dei Mille.
1862: nell'intento di liberare Roma, parte dalla Sicilia con 2.000 volontari, ma è fermato sull'Aspromonte.
1864: si reca a Londra, dove è accolto trionfalmente e incontra Henry John Temple, III visconte Palmerston e Giuseppe Mazzini.
1866:
Partecipa alla Terza guerra d'Indipendenza. Comanda un corpo di volontari che combatte in Trentino. Sconfigge gli austriaci a Bezzecca.
Viene eletto alle elezioni politiche nel collegio di Lendinara-Occhiobello, anche se poi optò per il suo vecchio collegio di Ozieri, e al suo posto venne eletto Giovanni Acerbi.
1867:
A settembre partecipa a Ginevra al Congresso per la pace.
A ottobre si mette a capo dei volontari che hanno invaso il Lazio, ma viene fermato il 3 novembre a Mentana.
1870-71: partecipa alla guerra franco-prussiana a fianco dei francesi.
1874: viene eletto deputato del Regno.
1879: fonda a Roma la Lega della Democrazia.
1882: muore a Caprera il 2 giugno.
Garibaldi e l'unificazione italiana
«Favorito dalla fortuna, io ebbi l'onore nei due mondi di combattere accanto ai primi soldati, ed ho potuto persuadermi che la pianta uomo nasce in Italia, non seconda a nessuno; ho potuto persuadermi che quegli stessi soldati che noi combattemmo nell'Italia meridionale, non indietreggeranno davanti ai più bellicosi, quando saranno raccolti sotto il glorioso vessillo emancipatore.»
La figura di Garibaldi è assolutamente centrale nel quadro del Risorgimento italiano, ed è stata oggetto di infinite analisi storiografiche, politiche e critiche. La popolarità di Garibaldi, la sua capacità di sollevare le folle e le sue vittorie militari diedero un contributo determinante all'unificazione dello Stato italiano, premiandolo con una popolarità enorme tra i contemporanei – solo a titolo di esempio si possono citare le trionfali elezioni (nel 1860, poi nel 1861 al Parlamento subalpino e poi italiano) ovvero il trionfo che gli venne tributato a Londra nel 1864 – e presso i posteri.
Numerose furono, anche, le sconfitte. Fra le quali particolarmente brucianti furono quelle dell'Aspromonte e di Mentana in quanto lo opposero a una parte rilevante dell'opinione pubblica italiana, che, in tutti gli altri episodi della sua vita, lo aveva grandemente amato.
«(Catania) A Giuseppe Garibaldi che la notte del 18 agosto 1862 pronunziava da questa casa le storiche parole «o Roma o Morte» il popolo catanese dedicava questa lapide il 2 giugno 1883 primo anniversario della morte dell'Eroe, a gloriosa memoria del fatto, ad aborrimento perpetuo di tirannide.
Epigrafe di Mario Rapisardi»
Garibaldi e Cavour
Garibaldi non ebbe mai rapporti sereni con Cavour. Da un lato, semplicemente non aveva fiducia nel pragmatismo e nella realpolitik di Cavour, ma provava anche risentimento personale per aver ceduto la sua città natale di Nizza alla Francia, nel 1860. Garibaldi confidò al suo medico curante Enrico Albanese:«La patria non si baratta, né si vende per Dio! Quando i posteri esamineranno gli atti del governo e del Parlamento italiano durante il risorgimento italiano, vi troveranno cose da cloaca. Povera Nizza! Io feci male a non parlare chiaramente, a non protestare con energia, a non dire là in Parlamento, a Cavour, che era una canaglia, e a quei che ne volevano votare la rinunzia che erano tanto vili.»
D'altro canto si sentiva attratto dal monarca piemontese. Certo, scrivendo all'ambasciatore sardo in Francia, Cavour prometteva all'imperatore che avrebbe fermato Garibaldi. Ma, in realtà, non ostacolò seriamente la partenza da Quarto della spedizione dei Mille. Permise a diversi ufficiali dell'Esercito sabaudo di raggiungere Garibaldi in Sicilia. Infine, inviò le truppe che permisero la definitiva sconfitta di Francesco II.
Fonte: Wikipedia, l'enciclopedia libera
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