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Ignazio Silone
(✶1900 †1978)
Nel dicembre 1945 Silone è nominato direttore dell'edizione romana dell’Avanti!, dopo aver sottoscritto, assieme a Sandro Pertini, la mozione vincitrice del Primo Congresso Socialista; manterrà l'incarico sino all'estate dell'anno successivo. Viene quindi invitato a Londra assieme a Nenni, dal Partito Laburista per le discussioni informali sul trattato di pace; qui conosce George Orwell con cui si incontra più volte.
Nel 1946 fonda e dirige il periodico (prima quindicinale, poi trasformato in settimanale) Europa socialista, al quale dedica notevoli energie e larga parte del suo tempo, tanto da vedersi costretto a rinunciare all'incarico di Ambasciatore italiano a Parigi. La linea editoriale che Silone dà al periodico, riprendendo di fatto la battaglia politica e culturale condotta con l’Avvenire dei Lavoratori, si prefigge principalmente di rivendicare l'autonomia socialista dal PCI, di analizzare il rapporto tra politica e cultura e di lanciare il tema dell'unità europea.
Impegno politico e culturale
Prende parte alla "battaglia" politica all'interno del Partito Socialista, di cui fa parte, muovendosi sul piano della contestazione alla linea affine al PCI e per rivendicare l'autonomia socialista; innovative per l'epoca sono anche le sue posizioni di apertura verso la Chiesa: nel 1948 si schiera contro il Fronte popolare voluto da Nenni e l'insuccesso elettorale dei socialisti gli dà ragione. Sono le premesse della sua nuova delusione politica che maturerà nella breve esperienza del PSU fondato nel dicembre 1949, dalla confluenza della corrente autonomista del PSI di Giuseppe Romita, con la corrente di sinistra del Partito Socialista dei Lavoratori Italiani (PSLI). Sempre nel 1948 aveva sottoscritto, assieme a numerosi altri intellettuali e uomini di cultura, il manifesto Europa cultura e libertà.Intanto, per la prima volta la critica italiana sembra iniziare ad accorgersi del valore dello scrittore abruzzese, apprezzatissimo all'estero, ma ancora poco valutato in patria; significativo è il giudizio di Geno Pampaloni che afferma, agli inizi del 1949:
«l'importanza di Silone nella nostra letteratura contemporanea è notevole, più grande certamente di quanto la critica sinora non abbia sospettato.»
Nello stesso anno Fontamara esce sulla grande scena editoriale, pubblicato da Arnoldo Mondadori Editore, cui Silone era approdato e con cui rimarrà legato sino alla fine della sua produzione letteraria, seguito dalla seconda edizione de Il seme sotto la neve e dal suo primo romanzo del dopoguerra.
Il nuovo romanzo, Una manciata di more, è un vero e proprio atto d'accusa all'establishement comunista che per Silone appare ormai fagocitato nell'orbita sovietica avendo perso ogni contatto con i problemi reali della classe operaia. Mentre all'estero, come ormai di consueto, numerose sono le critiche positive che accolgono l'uscita del romanzo (che verrà tradotto in oltre dieci lingue), in Italia, come era prevedibile scoppiano le polemiche; duri attacchi vengono riservati allo scrittore dalle colonne dell'Unità, di Rinascita e dell'Avanti!, cui seguiranno le altrettanto dure schermaglie verbali fra lo scrittore e Togliatti.
Nel 1953, in un clima politico animato da un dibattito interno ed internazionale piuttosto rovente, Silone è convinto da Giuseppe Saragat a candidarsi alle elezioni politiche nelle liste del PSDI, ricavandone un insuccesso personale; primo dei non eletti nella XX circoscrizione (L'Aquila, Chieti, Pescara, Teramo), ottiene appena 320 voti nella sua Pescina. Da quel momento si allontana in modo definitivo dalla politica attiva.
È presidente della giuria alla Mostra del cinema di Venezia del 1954 e l'impegno appassionato nell'Associazione per la libertà della cultura di cui lo scrittore abruzzese è uno dei principali animatori e dai cui soci viene soprannominato col termine gandhiano di mahatma (grande anima) lo porta a frequenti viaggi all'estero, durante i quali partecipa a conferenze e dibattiti assieme a personaggi del calibro di Jean Paul Sartre (cui Silone era in quel momento vicino, così ancor maggiormente alle idee di Simone Weil).
Dopo l'uscita della nuova edizione di Vino e pane, rimaneggiata ed ampliata, secondo la consuetudine propria di Silone, di riadattare alcune sue opere con revisioni ed aggiornamenti, fonda con Nicola Chiaromonte la rivista Tempo presente (aprile 1956), rispondendo alla necessità di portare in stampa un foglio culturale slegato dagli apparati dei partiti e indipendente dalle pressioni politiche ed ideologiche. La rivista verrà considerata dalla storica e giornalista inglese Francis Stonor Saunders (in La guerra fredda culturale. La Cia e il mondo delle lettere e delle arti), destinataria di finanziamenti della CIA attraverso l'Associazione per la libertà della cultura, sebbene lo stesso Silone dichiarerà di esserne all'oscuro e di aver appreso la provenienza dei fondi solo nel 1967.
In seguito alla Rivoluzione ungherese del 1956, simpatizza per i rivoltosi di Budapest dirigendo il giornale magiaro d'Italia Olaszorszagi Magyar Ujsag e pubblica sul giornale francese L'Express, nel dicembre 1956, il saggio La lezione di Budapest, in cui, tra l'altro, attacca duramente l'atteggiamento di Togliatti che per lo scrittore nei confronti dei fatti ungheresi ha dimostrato di essere:
«di una volgarità e un'insolenza che la lingua italiana non aveva più conosciute dalla caduta del fascismo.»
Prende parte attivamente, sempre nel 1956, alla battaglia di opinione in favore del sociologo triestino Danilo Dolci, schieratosi al fianco dei contadini a Partinico e ivi arrestato pretestuosamente.
Spunti autobiografici e impianto scenico ancora una volta "abruzzese" caratterizzano il nuovo romanzo dello scrittore che vede le stampe nel 1956: Il segreto di Luca. In aggiunta a questi temi, ormai classici nella narrativa siloniana, va segnalato per questo romanzo un approccio diverso, se non altro per la presenza di una storia d'amore, tematica sinora estranea alla produzione letteraria dell'ex-esule.
Partecipando a Rodi, dal 6 all'11 ottobre 1958 ad un importante seminario dal titolo Governi rappresentativi e libertà pubbliche nei nuovi stati incentrato su temi di politica internazionale, ma dal cui pulpito lo scrittore lancia un segnale alla politica italiana, Silone inizia la sua "battaglia" ideale contro i partiti e la politicizzazione dell'intera vita pubblica nazionale.
"Cristiano senza chiesa"
Con una lucidità di analisi in grado di precorrere i tempi, Silone inizia a parlare già in quegli anni di regime partitocratico, affermando che «dato che il vero centro del potere reale è fuori dal parlamento, negli Esecutivi dei partiti, sarebbe più esatto dire che noi viviamo in un regime di partitocrazia». Dalla polemica contro gli apparati dei partiti, prende le mosse, sfociando in una dura presa di posizione nel corso della riunione Amici del mondo del 1959 tenuta in occasione del trentennale del Concordato, l'analisi delle intromissioni della Chiesa nella vita politica italiana che esercita per Silone un decisivo controllo sul principale partito italiano, la DC.Come si era dimostrato "socialista senza partito", così Silone manifesta la sua insofferenze per le gerarchie ecclesiastiche, autodefinendosi anche "cristiano senza chiesa"; fautore di un Cristianesimo capace di ripercorrere la sua storia per tornare alla purezza del messaggio evangelico delle origini, l'intellettuale abruzzese matura, già negli ultimi anni degli anni cinquanta le sue convinzioni che lo porteranno a scrivere alla fine del decennio successivo uno dei suoi libri di maggior successo di critica. Il "socialismo cristiano" di Silone non ammette compromessi con sovrastrutture ed apparati; di lui così scriveranno i critici:«La corruzione della religione era tra le cose che più lo ferivano e lo muovevano a sdegno»
Nel maggio del 1960 viene pubblicato La volpe e le camelie, romanzo che si presenta come rifacimento di un vecchio racconto inserito ne Il viaggio a Parigi, dal titolo La volpe, opera forse non tra le sue più conosciute ma che, nonostante alcune critiche espresse dall'editore Alberto Mondadori riuscirà a vendere nella sua seconda edizione (1964), oltre 70.000 copie.
L'anno seguente prende parte ad un convegno sulla letteratura araba contemporanea, di cui la rivista Tempo presente è tra gli organizzatori e intraprende un viaggio con la moglie nel Medio Oriente. Visitando la Terra Santa, definisce quei luoghi, così simili a quelli dei suoi romanzi, «paesaggio dell'anima».
Nel 1962, dopo l'uscita della terza edizione de Il seme sotto la neve e de La scuola dei dittatori, saggio analitico del fascismo e più in generale dei totalitarismi, inizia la sua collaborazione con Il Resto del Carlino, su pressante invito di Giovanni Spadolini, proprio mentre le fortune economiche di Tempo presente iniziano a creare enormi difficoltà a Silone e Chiaromonte che riusciranno comunque a far uscire la rivista sino al 1968.
Nel 1963 diventa addetto culturale dell'ambasciata statunitense a Roma, nonostante le polemiche che c'erano state sui presunti finanziamenti occulti americani alla rivista Tempo presente, peraltro sdegnosamente smentite da Silone, vincendo per la prima volta una sorta di scetticismo ad impegnarsi con gli americani stessi che pur lo stimavano notevolmente come scrittore da un lato ma che lo avevano accusato di maccartismo dall'altro.
Silone: uomo dalla doppia vita?
Nel 2000 gli storici Mauro Canali e Dario Biocca, alla luce di documentazione ritrovata negli archivi fascisti, hanno sostenuto la tesi di una attività spionistica di Silone a favore della polizia politica fascista e ai danni del Partito comunista, di cui Silone era un autorevole dirigente. L'immagine che prende forma è quella di un Ignazio Silone dalla doppia personalità: una di militante e dirigente comunista di spicco, l'altra di utilissimo collaboratore della polizia fascista. Secondo i due storici, tale ambiguità, mantenuta per tutto il corso degli anni venti, avrebbe finito con il travolgere psicologicamente lo scrittore verso l'inizio degli anni trenta, provocando una profonda depressione ed una crisi di coscienza (dovuta anche alla morte del fratello nelle carceri fasciste) che l'avrebbe convinto a lasciare sia il partito sia la sua attività di spionaggio, per dedicarsi completamente alla letteratura.La versione della "doppiezza" di Silone è stata oggetto di un acceso dibattito storiografico e mediatico, contestata soprattutto dallo storico Giuseppe Tamburrano che ha sostenuto l'innocenza di Silone. In realtà Tamburrano sostiene che contatti tra Silone e la polizia fascista vi furono, che Silone li stabilì per accorrere in aiuto del fratello Romolo allora in galera, e che tuttavia non fornì alla polizia fascista alcuna notizia utile. Nel corso del 2001 è stata effettuata una perizia calligrafica di parte sulla documentazione di cui sopra, commissionata dalla Fondazione Nenni. I risultati sono stati esposti presso la Fondazione Pietro Nenni di Roma e scagionano Silone. Inoltre la ricerca degli storici Canali e Biocca era principalmente basata sull'assunto secondo cui Silone avrebbe operato sotto il numero di copertura 73 e con lo pseudonimo di "Silvestri". La sovrintendente dell'Archivio Centrale dello Stato si limitava a dichiarare che né Silone né "Silvestri" appaiono nell'agenda personale del capo della polizia fascista relativa agli informatori depositata all'Archivio Centrale dello Stato. Occorre tuttavia precisare che l'agenda delle spie a cui faceva riferimento la Sovrintendente è quella che venne aggiornata nel 1938, cioè si tratta di un'agenda da cui erano stati espunti tutti i nomi delle spie che avevano interrotto il rapporto con la polizia politica fascista prima di quella data. Silone aveva interrotto il rapporto nel 1930 e quindi non poteva apparire sull'agenda di Bocchini del 1938, come infatti non vi appaiono i nomi di tutti quegli informatori che avevano cessato di servire la polizia politica prima del 1938. Occorre infine precisare che, come risulta tra le carte dell'Alto Commissario per le sanzioni dei reati fascisti, versate qualche anno fa all'Archivio Centrale dello Stato, il magistrato straordinario, impegnato a identificare le spie che avevano servito il regime fascista, pur non riuscendolo a identificare, stabilì che il fiduciario fascista che operava dietro il numero di codice 73, e che aveva interrotto i rapporti con la polizia nell'aprile del 1930, aveva usato lo pseudonimo "Silvestri", lo stesso usato da Silone, e lo stesso con cui Silone aveva firmato la lettera dell'aprile 1930, giacente in forma autografa negli archivi fascisti, diretta alla polizia politica, con cui dichiarava la sua intenzione di interrompere il rapporto fiduciario. Cioè lo stesso Silone rivelava con questa lettera di usare nella sua attività delatoria il codice convenzionale di "Silvestri". Lo stesso Tamburrano non ha potuto negare l'autenticità della firma e l'auto-attribuzione da parte di Silone dello pseudonimo "Silvestri". È significativo segnalare che Indro Montanelli, sulla presunta colpevolezza di Silone, dichiarò: "Non ci crederei […] nemmeno se venisse Silone a confermarmelo".
Gli argomenti addotti a favore della tesi colpevolista sono: a) nell'agenda del Capo della Polizia Bocchini manca il nome di Silone perché quell'agenda fu aggiornata nel 1938 e Silone non poteva esserci incluso avendo cessato di collaborare con l'OVRA nel 1930; b) nell'elenco redatto dall'Alto Commissariato per le sanzioni contro il fascismo vi è un n.73 riferito a Silvestri con l'annotazione "non è identificabile in quanto l'unico fascicolo relativo consta di due fogli" e aggiunge che l'anno è il 1929 e quel Silvestri opera a Roma;
Sulla lettera a) nell'agenda Bocchini del 1938 vi sono anche nomi di agenti cessati, ma non vi è Silone, è inconcepibile che l'OVRA distrugga i fascicoli di agenti che non collaborano più: semmai li archivia. Ma di Silone non vi è traccia in nessun archivio nemmeno in quelli conservati presso la Questura di Roma; Sulla lettera b) L'alto Commissariato non identifica il Silvestri del n.73 mancando elementi probanti. Ma è da escludere che si tratti di Silone il quale nel 1929 non operava a Roma. Che Silone nel suo rapporto con Bellone abbia preso o ricevuto lo pseudonimo Silvestri è certo. Ma questo non significa niente perché quando dopo l'arresto del fratello scrive a Bellone, automaticamente, per prassi, prende uno pseudonimo. Vuol dire che tra il 1928 e il 1930 Silone ha collaborato con l'OVRA? L'OVRA ci dà la risposta. In un rapporto a Mussolini del 12 ottobre 1937 scrive che dopo l'arresto del fratello: "diede a vedere di essersi pentito del suo atteggiamento antifascista e tentò qualche riavvicinamento con le Autorità italiane mandando disinteressatamente informazioni generiche circa l'attivita di fuoriusciti. Ciò fece nell'intento di giovare al fratello". La lettera autografa firmata Silvestri e attribuibile a Silone è "diretta non alla polizia politica", ma a Bellone ed è personale: "caro amico"...
A favore della tesi innocentista si rileva che nell'agenda di Bocchini non appare nessun nome di spie che hanno interrotto la loro collaborazione prima del 1938. Poiché quella agenda fu compilata da Guido Leto, quando, nel 1938, divenne capo della polizia politica succedendo a Michelangelo Di Stefano, morto di infarto, Leto volle fare un reset e compilò quell'agenda lasciando i nomi delle spie che nel 1938 ancora collaboravano con la Polizia politica. Non ci sono quindi i nomi delle spie che avevano cessato la collaborazione prima del 1938. Infatti oltre al n. 73, alias Silvestri, alias Silone, non appare nessun nome di quelli che come Silone avevano cessato a quella data la collaborazione con la Polpol fascista. L'affermazione poi che una Silone per scrivere a Bellone assunse "per prassi, automaticamente", uno pseudonimo è un nonsense. È Silone che firma la lettera autografa a Bellone con lo pseudonimo di Silvestri e guarda caso nell'elenco delle spie fasciste, compilato nel dopoguerra dall'Alto Commissario per i reati fascisti, appare "Silvestri", e appare proprio in coincidenza con il numero di codice 73, sotto il quale operava Silone. L'elenco è consultabile presso l'Archivio Centrale dello Stato, dove, secondo la dichiarazione della prof.ssa Carucci, riportata nelle tesi 'difensiviste', non avrebbe dovuto esserci alcun documento con riferimento a "Silvestri" e al numero di codice 73.
Fonte: Wikipedia, l'enciclopedia libera
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