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Luigi Pirandello
(✶1867   †1936)

La reazione al relativismo

Reazione passiva
L'uomo accetta la maschera, che lui stesso ha messo o con cui gli altri tendono a identificarlo. Ha provato sommessamente a mostrarsi per quello che lui crede di essere ma, incapace di ribellarsi o deluso dopo l'esperienza di vedersi attribuita una nuova maschera, si rassegna. Vive nell'infelicità, con la coscienza della frattura tra la vita che vorrebbe vivere e quella che gli altri gli fanno vivere per come essi lo vedono. Accetta alla fine passivamente il ruolo da recitare che gli si attribuisce sulla scena dell'esistenza. Questa è la reazione tipica delle persone più deboli come si può vedere nel romanzo Il fu Mattia Pascal.

Reazione ironico - umoristica
Il soggetto non si rassegna alla sua maschera però accetta il suo ruolo con un atteggiamento ironico, aggressivo o umoristico. Ne fanno esempio varie opere di Pirandello come: Pensaci Giacomino, Il giuoco delle parti e La patente. Il personaggio principale di quest'ultima opera, Rosario Chiàrchiaro, è un uomo cupo, vestito sempre in nero che si è fatto involontariamente la nomea di iettatore e per questo è sfuggito da tutti ed è rimasto senza lavoro. Il presunto iettatore non accetta l'identità che gli altri gli hanno attribuito ma comunque se ne serve. Va dal giudice e, poiché tutti sono convinti che sia un menagramo, pretende la patente di iettatore autorizzato. In questo modo avrà un nuovo lavoro: chi vuole evitare le disgrazie che promanano da lui dovrà pagare per allontanarlo. La maschera rimane ma almeno se ne ricava un vantaggio.

Reazione drammatica
L'uomo, accortosi del relativismo, si renderà conto che l'immagine che aveva sempre avuto di sé non corrisponde in realtà a quella che gli altri avevano di lui e cercherà in ogni modo di carpire questo lato inaccessibile del suo io.

Vuole togliersi la maschera che gli è stata imposta e reagisce con disperazione. Non riesce a strapparsela ed allora se è così che lo vuole il mondo, egli sarà quello che gli altri credono di vedere in lui e non si fermerà nel mantenere questo suo atteggiamento sino alle ultime e drammatiche conseguenze. Si chiuderà in una solitudine disperata che lo porta al dramma, alla pazzia o al suicidio. Da tale sforzo verso un obiettivo irraggiungibile nascerà la voluta follia. La follia è infatti in Pirandello lo strumento di contestazione per eccellenza delle forme fasulle della vita sociale, l'arma che fa esplodere convenzioni e rituali, riducendoli all'assurdo e rivelandone l'inconsistenza.

Solo e unico modo per vivere, per trovare il proprio io, è quello di accettare il fatto di non avere un'identità, ma solo centomila frammenti (e quindi di non essere "uno" ma "nessuno"), accettare l'alienazione completa da se stessi. Tuttavia la società non accetta il relativismo, e chi lo fa viene ritenuto pazzo. Esemplari sono i personaggi dei drammi Enrico IV, dei Sei personaggi in cerca d'autore, o di Uno, nessuno e centomila.

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Teatro

Pirandello divenne famoso proprio grazie al teatro che chiama teatro dello specchio, perché in esso viene raffigurata la vita vera, quella nuda, amara, senza la maschera dell'ipocrisia e delle convenienze sociali, di modo che lo spettatore si guardi come in uno specchio così come realmente è, e diventi migliore. Dalla critica viene definito come uno dei grandi drammaturghi del XX secolo. Scriverà moltissime opere, alcune delle quali rielaborazioni delle sue stesse novelle, che vengono divise in base alla fase di maturazione dell'autore:

- Prima fase - Il teatro siciliano
- Seconda fase - Il teatro umoristico/grottesco
- Terza fase - Il teatro nel teatro (metateatro)
- Il teatro dei miti

Generalmente si attribuisce l'interesse di Pirandello per il teatro agli anni della maturità, ma alcuni precedenti mostrano come tale convinzione necessiti di una rivalutazione: in gioventù, infatti, Pirandello compose alcuni lavori teatrali, andati perduti poiché da lui stesso bruciati (tra gli altri, il copione de Gli uccelli dell'alto). In una lettera del 4 dicembre 1887, indirizzata alla famiglia, si legge:

«Oh, il teatro drammatico! Io lo conquisterò. Io non posso penetrarvi senza provare una viva emozione, senza provare una sensazione strana, un eccitamento del sangue per tutte le vene. Quell'aria pesante chi vi si respira, m'ubriaca: e sempre a metà della rappresentazione io mi sento preso dalla febbre, e brucio. È la vecchia passione chi mi vi trascina, e non vi entro mai solo, ma sempre accompagnato dai fantasmi della mia mente, persone che si agitano in un centro d'azione, non ancora fermato, uomini e donne da dramma e da commedia, viventi nel mio cervello, e che vorrebbero d'un subito saltare sul palcoscenico. Spesso mi accade di non vedere e di non ascoltare quello che veramente si rappresenta, ma di vedere e ascoltare le scene che sono nella mia mente: è una strana allucinazione che svanisce ad ogni scoppio di applausi, e che potrebbe farmi ammattire dietro uno scoppio di fischi!»
(Luigi Pirandello, da una lettera ai familiari del 4 dicembre 1887)

È in questa dimensione che si parla di "teatro mentale": lo spettacolo non è subito passivamente ma serve come pretesto per dar voce ai "fantasmi" che popolano la mente dell'autore (nella prefazione ai Sei personaggi in cerca d'autore Pirandello chiarirà di come la Fantasia prenda possesso della sua mente per presentargli personaggi che vogliono vivere, senza che lui li cerchi).

In un'altra missiva, spedita da Roma e datata 7 gennaio 1888, Pirandello sostiene che la scena italiana gli appare decaduta:

«Vado spesso in teatro, e mi diverto e me la rido in veder la scena italiana caduta tanto in basso, e fatta sgualdrinella isterica e noiosa»
(Luigi Pirandello, da una lettera ai familiari del 7 gennaio 1888)

La delusione per non essere riuscito a far rappresentare i primi lavori lo distoglie inizialmente dal teatro, facendolo concentrare sulla produzione novellistica e romanziera.

Nel 1907 pubblica l'importante saggio Illustratori, attori, traduttori dove esprime le sue idee, ancora negative, sull'esecuzione del lavoro dell'attore nel lavoro teatrale: questi è infatti visto come un mero traduttore dell'idea drammaturgica dell'autore, il quale trova dunque un filtro al messaggio che intende comunicare al pubblico. Il teatro viene poi definito da Pirandello come un'arte "impossibile", perché "patisce le condizioni del suo specifico anfibio": un tradimento della scrittura teatrale, che ha di contro "il cattivo regime dei mezzi rappresentativi, appartenenti alla dimensione adultera dell'eco".

È in questo momento che Pirandello si distacca dalla lezione positivista e, presa diretta coscienza dell'impossibilità della rappresentazione scenica del "vero" oggettivo, ricerca nella produzione drammaturgica di scavare l'essenza delle cose per scoprire una verità altra (come è spiegato nel saggio L'Umorismo con il sentimento del contrario).

Il 6 ottobre 1924 fondò la compagnia del Teatro d'Arte di Roma con sede al Teatro Odescalchi con la collaborazione di altri artisti: il figlio Stefano Pirandello, Orio Vergani, Claudio Argentieri, Antonio Beltramelli, Giovani Cavicchioli, Maria Letizia Celli, Pasquale Cantarella, Lamberto Picasso, Renzo Rendi, Massimo Bontempelli e Giuseppe Prezzolini: tra gli attori più importanti della compagnia figurano Marta Abba, Lamberto Picasso, Maria Letizia Celli, Ruggero Ruggeri. La compagnia, il cui primo allestimento risale al 2 aprile 1925 con Sagra del signore della nave dello stesso Pirandello e Gli dei della montagna di Lord Dunsany, ebbe però vita breve: i gravosi costi degli allestimenti, che non riuscivano ad essere coperti dagli introiti del teatro semivuoto costrinsero il gruppo, dopo solo due mesi dalla nascita, a rinunciare alla sede del Teatro Odescalchi. Per risparmiare sugli allestimenti la compagnia si produsse prima in numerose tournée estere, poi fu costretta allo scioglimento definitivo, avvenuto a Viareggio nell'agosto del 1928.

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Prima Fase - Teatro Siciliano

Nella fase del Teatro Siciliano Pirandello è alle prime armi e ha ancora molto da imparare. Anch'essa come le altre presenta varie caratteristiche di rilievo; i testi sono scritti interamente in lingua siciliana perché considerata dall'autore più viva dell'italiano e capace di esprimere maggiore aderenza alla realtà.

- Lumìe di Sicilia, Roma, Teatro Metastasio, 9 dicembre 1910;
- Il dovere del medico, Roma, Sala Umberto, 20 giugno 1913;
- La ragione degli altri, Milano, Teatro Manzoni, 19 aprile 1915;
- Cecè, Roma, Teatro Orfeo, 14 dicembre 1915;
- Pensaci, Giacomino, Roma, Teatro Nazionale, 10 luglio 1916;
- Liolà, Roma, Teatro Argentina, 4 novembre 1916;

Seconda fase - Il teatro umoristico/grottesco

Mano a mano che l'autore si distacca da verismo e naturalismo, avvicinandosi al decadentismo si ha l'inizio della seconda fase con il teatro umoristico. Pirandello presenta personaggi che incrinano le certezze del mondo borghese: introducendo la versione relativistica della realtà, rovesciando i modelli consueti di comportamento, intende esprimere la dimensione autentica della vita al di là della maschera.

- Così è (se vi pare), Milano, Teatro Olimpia, 18 giugno 1917;
- Liolà Roma, Teatro Argentina, 4 novembre 1916
- Il berretto a sonagli, Roma, Teatro Nazionale, 27 giugno 1917;
- La giara, Roma, Teatro Nazionale, 9 luglio 1917;
- Il piacere dell'onestà, Torino, Teatro Carignano, 27 novembre 1917;
- La patente, Torino, Teatro Alfieri, 23 marzo 1918
- Ma non è una cosa seria, Livorno, Teatro Rossini, 22 novembre 1918;
- Il giuoco delle parti, Roma, Teatro Quirino, 6 dicembre 1918;
- L'innesto, Milano, Teatro Manzoni, 29 gennaio 1919;
- L'uomo, la bestia e la virtù, Milano, Teatro Olimpia, 2 maggio 1919;
- Tutto per bene, Roma, Teatro Quirino, 2 marzo 1920;
- Come prima, meglio di prima, Venezia, Teatro Goldoni, 24 marzo 1920;
- La signora Morli, una e due, Roma, Teatro Argentina, 12 novembre 1920;

Terza fase - Il teatro nel teatro

Nella fase del teatro nel teatro le cose cambiano radicalmente, per Pirandello il teatro deve parlare anche agli occhi non solo alle orecchie, a tal scopo ripristinerà una tecnica teatrale di Shakespeare, il palcoscenico multiplo, in cui vi può per esempio essere una casa divisa in cui si vedono varie scene fatte in varie stanze contemporaneamente; inoltre il teatro nel teatro fa sì che si assista al mondo che si trasforma sul palcoscenico.

Pirandello abolisce anche il concetto della quarta parete, cioè la parete trasparente che sta tra attori e pubblico: in questa fase, infatti, Pirandello tende a coinvolgere il pubblico che non è più passivo ma che rispecchia la propria vita in quella agita dagli attori sulla scena.

In questo periodo Pirandello ebbe un decisivo incontro con un grande autore teatrale italiano del XX secolo: Eduardo De Filippo. Conseguenza, oltre alla nascita di un'amicizia che durò tre anni, fu che l'autore napoletano sentì, come accadde in passato per quello siciliano, il bisogno di allontanarsi dal "regionalismo" dell'arte verista pur conservandone però le tradizioni e le influenze.

- Sei personaggi in cerca d'autore, Roma, Teatro Valle, 10 maggio 1921;
- Enrico IV, Milano, Teatro Manzoni, 24 febbraio 1922;
- All'uscita, Roma, Teatro Argentina, 29 settembre 1922;
- L'imbecille, Roma, Teatro Quirino, 10 ottobre 1922;
- Vestire gli ignudi, Roma, Teatro Quirino, 14 novembre 1922;
- L'uomo dal fiore in bocca, Roma, Teatro degli Indipendenti, 21 febbraio 1923;
- La vita che ti diedi, Roma, Teatro Quirino, 12 ottobre 1923;
- L'altro figlio, Roma, Teatro Nazionale, 23 novembre 1923;
- Ciascuno a suo modo, Milano, Teatro dei Filodrammatici, 22 maggio 1924;
- Sagra del signore della nave, Roma, Teatro Odescalchi, 4 aprile 1925;
- Diana e la Tuda, Milano, Teatro Eden, 14 gennaio 1927;
- L'amica delle mogli, Roma, Teatro Argentina, 28 aprile 1927;
- Bellavita, Milano, Teatro Eden, 27 maggio 1927;
- O di uno o di nessuno, Torino, Teatro di Torino, 4 novembre 1929;
- Come tu mi vuoi, Milano, Teatro dei Filodrammatici; 18 febbraio 1930;
- Questa sera si recita a soggetto, Torino, Teatro di Torino, 14 aprile 1930;
- Trovarsi, Napoli, Teatro dei Fiorentini, 4 novembre 1932;
- Quando si è qualcuno, Sanremo, Teatro del Casino, 7 novembre 1933;
- La favola del figlio cambiato, Roma, Teatro Reale dell'Opera, 24 marzo 1934;
- Non si sa come, Roma, Teatro Argentina, 13 dicembre 1935;
- Sogno, ma forse no, Lisbona, Teatro Nacional, 22 settembre 1931.

Il teatro dei miti

A questa fase si assegnano solo tre opere della produzione pirandelliana.

- La nuova colonia
- Lazzaro
- I giganti della montagna

Fonte: Wikipedia, l'enciclopedia libera

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