338. In tali costrutti la proposizione subordinata viene a confondersi di maniera colla principale, che il soggetto di quella diviene oggetto di questa (Vedi P. I, cap. XX, § 19 e 20), e perciò la oggettiva si scambia sovente coll’attributiva, tanto valendo il dire odo augelli che cantano, quanto odo augelli cantar. Anzi nelle lingue classiche invece dell’infinito è regola adoprarvi il participio presente, che nella nostra corrisponde ad un’attributiva (vedi P. I, cap. XXI, § 3).
339. Si può usare altresì dopo i verbi che significano dire, dichiarare, mostrare, pensare, credere, comprendere, intendere, conoscere, accorgersi, udire (nel senso di sentir dire) e simili concetti.
340. Ma questo costrutto come quello che ritiene del latino, non è oggi tanto frequente quanto presso gli antichi, e dovrà usarsi soltanto quando la chiarezza o la forza o la dignità dello stile pajano richiederlo, e specialmente per evitare una troppo vicina ripetizione della congiunzione che. Disse in certa occasione esser manco grave al benefattore la piena ed espressa ingratitudine, che il vedersi rimunerare di un beneficio grande con un piccolo. Leopardi. – Temistocle fece una diceria a’ Greci, per cui mostrò convenirsi abbattere e rapire il padiglione d’un tiranno. Adriani il G. (Vedi del resto P. I, cap. XX, § 22 e 23).
341. Alle proposizioni oggettive appartengono anche le interrogative indirette; ma di questo parleremo più oltre, nel capitolo che tratterà delle forme della proposizione.
Proposizioni subordinate avverbiali
342. Le proposizioni subordinate che modificano il senso della proposizione principale determinando la maniera e le circostanze dell’azione espressa dal principal verbo, possono ridursi alle seguenti: locali, temporali, causali, finali, condizionali, concessive, di maniera e guisa, comparative, consecutive. Discorreremo brevemente di ciascuna, assegnando le congiunzioni che vi si adoprano, e dandone qualche esempio.
Proposizioni locali
343. Le proposizioni subordinate locali si uniscono alla principale per mezzo degli avverbi relativi (vedi P. I, cap. XXVII, § 10) ove, dove, onde, donde, dovunque (e in verso anche ove che). I primi due possono significare stato in luogo, moto a luogo e moto per luogo; e così pure l’ultimo, ma in senso indeterminato. Onde e donde hanno il senso di moto da luogo. 344. Esempli: È finita la festa, e poi ciascuno va dove gli piace. Boccaccio. – Dove è religione, si presuppone ogni bene; dove manca, si presuppone ogni male. Machiavelli. – Egli era disposto d’andare dovunque a lui fosse a grado. Boccaccio. – Con costruzione correlativa: Dov’è l’amore e il piacere, ivi va l’occhio. Passavanti.
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