Per cui o perciò?

Abbiamo avuto modo di constatare (e constatiamo tuttora) che moltissime persone, tra le quali dobbiamo annoverare — nostro malgrado — le così dette grandi firme della carta stampata e no, adoperano in modo orribilmente errato la locuzione per cui con l’accezione di perciò, per la qual cosa.
Il cui innanzi tutto — chiariamolo subito — è un pronome relativo indeclinabile ed è riferibile a persona, animale o cosa. Non è corretto usarlo come soggetto, si adopera esclusivamente come complemento indiretto: ecco il libro di cui ti parlavo; tu sei la persona per cui ho molto sofferto.
Quando è complemento di termine il cui può essere preceduto o no dalla preposizione semplice a, dipende dal gusto stilistico di chi scrive o parla: l’uomo cui mi rivolsi o a cui mi rivolsi.
Fatta questa importante e necessaria precisazione, veniamo all’errore di cui parlavamo all’inizio di queste noterelle. Lo strafalcione, dunque, consiste nel dare al pronome cui un significato neutro che molto spesso si dà al pronome che, vale a dire l’accezione di la qual cosa e formare, in tal modo, il costrutto — errato, ripetiamo — per cui nel senso di perciò, per la qual cosa.
Insomma, per essere estremamente chiari, amici amatori della lingua, non si può dire o scrivere: pioveva per cui non sono uscito. Si dirà, correttamente, pioveva perciò non sono uscito; oppure pioveva per  la qual cosa non sono uscito. Pedanteria?  Fate l’analisi logica del per cui e giudicate.
E a proposito di pedanteria (che brutta parola) se proprio la volessimo mettere in pratica dovremmo sostenere — a spada tratta — la tesi secondo la quale è errato scrivere i pronomi personali, glielo, per esempio, attaccati: la sola forma corretta sarebbe glie lo, in grafia staccata.
Secondo questa tesi (pedantesca) tutti coloro che scrivono glielo uccidono la lingua. È quanto sostiene l’insigne linguista Amerindo Camilli, di gran lunga più autorevole dell’estensore di queste modeste noterelle.
Secondo l’illustre glottologo «i pronomi ‘glielo’, ‘gliela’, ‘glieli’, ‘gliele’, ‘gliene’ debbono essere scritti staccati perché questa grafia si conforma a quella di a ‘me lo’, ‘te ne’ ecc.». La forma errata, insomma, è proprio quella comunemente adoperata, cioè quella unita: glielo. Anche in questo caso, amici, giudicate voi se ciò è indice di pedanteria.

27-07-2016 — Autore: Fausto Raso