Il saggio...
I saggi traggono profitto dagli stolti più che gli stolti dai saggi: perché i saggi evitano gli errori degli stolti, ma gli stolti non imitano i successi dei saggi. Questa massima latina, che ci è capitato di leggere, ci ha richiamato alla mente i vari significati che diamo inconsciamente al termine saggio, non ultimo quello di esame, prova: dammi un saggio della tua abilità acrobatica.
Come si concilia il significato di prova con quello più comune di sapiente, prudente? Per scoprirlo è necessario — come sempre in questi casi — esaminare il vocabolo in... esame sotto il profilo etimologico.
L’accezione più conosciuta e adoperata dell’aggettivo saggio, vale a dire persona che agisce pensa, quindi dotta, è un prestito dal francese sage derivato, a sua volta, dal latino parlato sapiu(m), connesso con sapere, aver senno, propriamente aver sapore. Sapido, a questo proposito, non vi dice nulla? Quante volte, nel parlar comune, diciamo, per esempio, che quella persona adopera un conversare sapido, vale a dire arguto?
Saggio inteso, invece, come sostantivo maschile nel significato di prova, esperimento, di cosa che mira a saggiare le qualità o il valore e simili è il latino tardo exagiu(m), peso, bilancia, tratto dal verbo exigere, pesare, esaminare; in senso figurato, quindi, il saggio è un esperimento, una valutazione. Di qui anche l’accezione di campione: saggio gratuito per i medici. Ma non è ancora finito.
Con il trascorrere del tempo, la voce saggio ha acquisito ancora un altro significato: ricerca, indagine scritta relativa a un particolare problema, evento, personaggio. Da quest’ultima accezione sono stati coniati i derivati saggista, colui che scrive saggi e saggistica, arte e tecnica dello scrivere saggi oltre a saggistico, genere letterario dei saggi. È interessante notare, a proposito dell’ultima — in ordine di tempo — accezione di saggio, quanto dice il Deli.
“Migliorini (‘Profili’) avverte: «alla sorgente del nuovo significato di saggio, nel senso di ‘breve trattazione di un argomento storico, letterario, morale’ stanno gli Essai di Montaigne, o almeno il modo in cui quel titolo fu inteso in Inghilterra, e la larga serie di opere che in quel paese ne ripeterono il titolo (...). Quale fosse il preciso significato che Montaigne intendeva dare al titolo della sua opera, è molto controverso tra i francesisti, i quali si sono volta per volta appoggiati per interpretarlo su passi vari di Montaigne, contenenti la parola essai (o essay, nella grafia del tempo) in vario significato.
Il vocabolo è adoperato qualche volta per indicare esperimento, qualche altra esperienza, altra ancora assaggio (d’un cibo o bevanda), altrove, infine, tentativo, esercizio, lavoro di scolaro o apprendista. Vi sono pochi passi in cui l’autore sembra alludere al titolo della sua opera, ma mentre qualcuno implica chiaramente l’idea di tentativo, esercizio di apprendimento (...) altri richiamano l’idea di assaggio (...). Che questi due significati potessero presentarsi insieme davanti alla mente dell’autore quando fissò il titolo del suo libro non è improbabile (...).
Ma il significato del titolo fu poi coscientemente o incoscientemente frainteso dando origine all’essay inglese, che indica lo scritto stesso, e non più soltanto gli esperimenti (...). L’essay prese una fisionomia così spiccata da presentarsi sul continente come un genere tipicamente inglese: il nome stesso penetrò in tedesco sotto la forma inglese, e ancora vi si mantiene, mentre in italiano la precedente tradizione del vocabolo permise di continuare a usare la parola vecchia con il significato nuovo (tipico caso di neologismo, ndr). (Si ricordi un altro caso abbastanza simile, bene illustrato da Sergio Baldi, la parola ‘ballata’ romantica, la quale originariamente designava un genere della nostra lirica antica, e al principio dell’Ottocento fu assunta per indicare la ‘ballata’ romantica che era tutt’altra cosa)».
Da parte nostra ci auguriamo che questo breve saggio vi invogli ad amare la scienza etimologica. Perché l’etimologia è e resta una scienza, con buona pace dei detrattori.
28-07-2016 — Autore: Fausto RasoCome si concilia il significato di prova con quello più comune di sapiente, prudente? Per scoprirlo è necessario — come sempre in questi casi — esaminare il vocabolo in... esame sotto il profilo etimologico.
L’accezione più conosciuta e adoperata dell’aggettivo saggio, vale a dire persona che agisce pensa, quindi dotta, è un prestito dal francese sage derivato, a sua volta, dal latino parlato sapiu(m), connesso con sapere, aver senno, propriamente aver sapore. Sapido, a questo proposito, non vi dice nulla? Quante volte, nel parlar comune, diciamo, per esempio, che quella persona adopera un conversare sapido, vale a dire arguto?
Saggio inteso, invece, come sostantivo maschile nel significato di prova, esperimento, di cosa che mira a saggiare le qualità o il valore e simili è il latino tardo exagiu(m), peso, bilancia, tratto dal verbo exigere, pesare, esaminare; in senso figurato, quindi, il saggio è un esperimento, una valutazione. Di qui anche l’accezione di campione: saggio gratuito per i medici. Ma non è ancora finito.
Con il trascorrere del tempo, la voce saggio ha acquisito ancora un altro significato: ricerca, indagine scritta relativa a un particolare problema, evento, personaggio. Da quest’ultima accezione sono stati coniati i derivati saggista, colui che scrive saggi e saggistica, arte e tecnica dello scrivere saggi oltre a saggistico, genere letterario dei saggi. È interessante notare, a proposito dell’ultima — in ordine di tempo — accezione di saggio, quanto dice il Deli.
“Migliorini (‘Profili’) avverte: «alla sorgente del nuovo significato di saggio, nel senso di ‘breve trattazione di un argomento storico, letterario, morale’ stanno gli Essai di Montaigne, o almeno il modo in cui quel titolo fu inteso in Inghilterra, e la larga serie di opere che in quel paese ne ripeterono il titolo (...). Quale fosse il preciso significato che Montaigne intendeva dare al titolo della sua opera, è molto controverso tra i francesisti, i quali si sono volta per volta appoggiati per interpretarlo su passi vari di Montaigne, contenenti la parola essai (o essay, nella grafia del tempo) in vario significato.
Il vocabolo è adoperato qualche volta per indicare esperimento, qualche altra esperienza, altra ancora assaggio (d’un cibo o bevanda), altrove, infine, tentativo, esercizio, lavoro di scolaro o apprendista. Vi sono pochi passi in cui l’autore sembra alludere al titolo della sua opera, ma mentre qualcuno implica chiaramente l’idea di tentativo, esercizio di apprendimento (...) altri richiamano l’idea di assaggio (...). Che questi due significati potessero presentarsi insieme davanti alla mente dell’autore quando fissò il titolo del suo libro non è improbabile (...).
Ma il significato del titolo fu poi coscientemente o incoscientemente frainteso dando origine all’essay inglese, che indica lo scritto stesso, e non più soltanto gli esperimenti (...). L’essay prese una fisionomia così spiccata da presentarsi sul continente come un genere tipicamente inglese: il nome stesso penetrò in tedesco sotto la forma inglese, e ancora vi si mantiene, mentre in italiano la precedente tradizione del vocabolo permise di continuare a usare la parola vecchia con il significato nuovo (tipico caso di neologismo, ndr). (Si ricordi un altro caso abbastanza simile, bene illustrato da Sergio Baldi, la parola ‘ballata’ romantica, la quale originariamente designava un genere della nostra lirica antica, e al principio dell’Ottocento fu assunta per indicare la ‘ballata’ romantica che era tutt’altra cosa)».
Da parte nostra ci auguriamo che questo breve saggio vi invogli ad amare la scienza etimologica. Perché l’etimologia è e resta una scienza, con buona pace dei detrattori.
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