Il qualunquista
Chi non ha mai pronunciato la parola qualunquista, che secondo quanto recitano i vocabolari si dice — per lo più in senso spregiativo — di chi assume atteggiamenti qualunquistici? Ma chi è nei dettagli questo qualunquista?
A lume di naso è una persona alla quale va bene una cosa qualunque o un uomo qualunque: una cosa vale l’altra; un uomo vale l’altro. Il qualunquista, apparentemente, non professa alcuna ideologia in quanto sotto il profilo politico si rifà a un atteggiamento di agnosticismo politico: un’ideologia vale l’altra. Ma, ripetiamo, solo apparentemente perché nei dettagli le cose non stanno affatto così.
Lodovico Griffa ci spiega magistralmente l’etimo “linguistico-politico” del qualunquista. Questo vocabolo è formato sulla radice di una parola italiana antichissima, derivata dal latino medievale: l’aggettivo qualunque, che indica il massimo grado dell’indefinitezza. Se io dico accomodatevi in un posto qualunque, sottolineo proprio il fatto che non mi interessa per nulla il posto che prendete, purché lo prendiate. Un uomo qualunque è un individuo preso a caso tra la moltitudine, talmente privo di connotati specifici, che se non viene tirato fuori materialmente non si distingue dagli altri.
Queste sono cose che sapete, però le espressioni uomo qualunque e il neologismo qualunquismo del linguaggio politico hanno bisogno di una spiegazione da ricercare nella storia di cinquanta e passa anni fa.
Appena finita la seconda guerra mondiale, sullo slancio e sulle ali dell’entusiasmo per l’avvenuta liberazione ci fu in Italia un periodo di grande fervore per ricostruire il Paese e riparare ai danni, materiali e morali, della dittatura e della guerra. Pareva finalmente che fosse giunto il tempo in cui gli interessi individuali e privati sarebbero stati subordinati a quelli della collettività per preparare un avvenire migliore per tutti. I giornali dei partiti e delle organizzazioni che avevano concorso alla Resistenza erano concordi su questa linea.
Proprio allora, però, fu fondato un giornale di impostazione ideologica del tutto diversa, che durò per qualche anno. In esso si sosteneva che lo Stato e la società non devono per nulla entrare nei settori privati, specie in quello economico, purché si stia — è ovvio — nella legge generale: è buon cittadino chi s’impiccia dei fatti suoi e non si occupa di politica (...); che ciascuno deve farsi strada nella vita con le sue sole forze ed esclusivamente per i suoi meriti.
Era, insomma, un movimento di opinione contrario alla tesi della funzione sociale dello Stato e delle sue istituzioni. Questo giornale era intitolato L’Uomo qualunque, con evidente allusione al privato cittadino che, non militando in partiti o in organizzazioni politiche, non è alla ribalta della vita pubblica e non si distingue dagli altri. Ci fu allora chi si fece vanto di essere qualunquista, cioè individualista, che bada ai fatti privati e non alle questioni comuni.
Il qualunquismo, come movimento politico organizzato, è morto e sepolto, ma il suo spirito rimane purtroppo in molti individui, che si fanno vanto di ignorare la politica (il che non è vero, perché anche il qualunquismo è una posizione politica...) e di non attendere dalla società e dalle istituzioni alcuna soluzione dei problemi sociali. Questi, dicono, si risolvono poco per volta, da soli, senza bisogno di intervento del potere pubblico.
Qualunquista sarà dunque, in termini semplificati al massimo, chi bada ai fatti suoi, dimenticando di vivere in un organismo che ha il dovere di provvedere alla promozione umana e civile di tutti suoi componenti.
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