Corbellerie... (2)
Riprendiamo il discorso sulle corbellerie linguisticheperché ci piacerebbe che le grammatiche smettessero di riportarne una dura a morire. Ci riferiamo al famoso sé pronome, che perde l’accento quando è seguito da stesso o medesimo. È una corbelleria, appunto.
Sappiamo benissimo che l’argomento è trito e ritrito, ma non ci arrendiamo fino a quando le così dette grandi firme del giornalismo continueranno, presuntuosamente, a indurre in errore i lettori sprovveduti togliendo il cappello (leggi: accento) al pronome sé (quando è seguito da stesso o medesimo, appunto).
Il pronome “sé” si accenta sempre. Non lo sostiene l’umile estensore di queste noterelle. Lo hanno stabilito fior di linguisti, tra i quali Amerindo Camilli, certamente molto più autorevole di alcuni illustri sconosciuti, autori di grammatiche varie (indegnamente adottate nelle scuole di ogni ordine e grado e pedissequamente rispettate dai giornalisti che fanno opinione linguistica). Ma sentiamo il Camilli.
«Stabilito che il ‘sé’ pronome si distingue dal ‘se’ congiunzione per mezzo dell’accento, è assurdo andar poi a ricercare quando sia più e quando meno riconoscibile per dare la stura alle sottoregole e alle sottoeccezioni. E l’avere stranamente scelto proprio quelle due combinazioni (se stesso, se medesimo, ndr) e l’aver lasciato con l’accento, per esempio, il sé finale di frase, assolutamente inconfondibile con la congiunzione, o locuzioni come ‘per sé stante’, ‘di sé solo’, ‘a sé pure’, che si trovano nella stesse condizioni di ‘sé stesso’ e di ‘sé medesimo’, testimonia solo la mania delle distinzioni e suddistinzioni a vanvera di cui qualche volta soffrono i grammatici».
Sé stesso e sé medesimo, con i vari plurali e femminili, con tanto di accento, sempre. E basta! Si clicchi QUI.
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