La soldata
Il caso Melania ha riportato prepotentemente alla ribalta il problema della formazione del femminile di sostantivi nati maschili come soldato: una donna-soldato è una soldatessa o una soldata? Per l'estensore di queste modeste noterelle non ci sono dubbi: soldata.
Il suffisso -essa, nei nomi non cristallizzati (poetessa, professoressa, dottoressa ecc.), sa di ironico o di dispregiativo (a nostro modo di vedere).
Perché si osteggia soldata quando la grammatica parla chiaro? I sostantivi maschili in -o formano il femminile mutando la desinenza -o in -a, propria dei nomi marcatamente femminili: sarto, sarta; amico, amica; cuoco, cuoca; postino, postina.
Soldata, quindi, non contravviene a nessuna legge grammaticale. E per lo stesso motivo diremo la marescialla, la capitana perché, appunto, i rispettivi maschili terminano in -o. Metteremo solo l'articolo femminile, invece, davanti ai nomi terminanti in -e perché questa desinenza è bivalente: il caporale, la caporale; il tenente, la tenente; il maggiore, la maggiore.
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