Raddoppiamento (o rafforzamento) sintattico
Abbiamo visto, dunque, che la grafia corretta di sennonché è con due n perché il [se] richiede il così detto raddoppiamento sintattico. Vediamo, ora, sia pure succintamente, quali sono i termini che lo richiedono:
a) tutti i vocaboli che lo producono nella scrittura allorché entrano nella formazione di termini composti (a, che, da, e, fra, o, se, su, come, per esempio, accanto, abbasso, suddetto, seppure);
b) le parole che terminano con l'accento scritto;
c) tutti i sostantivi, aggettivi, e pronomi tonici che hanno accento proprio e contengono una sola vocale (tu, tre, re, blu, gru).
Vediamo, ora, perché questo fenomeno linguistico si chiama raddoppiamento sintattico o fonosintattico. Perché è un fenomeno di fonetica sintattica, appunto. Leggiamo dal vocabolario Gabrielli in rete: «fenomeno fonetico proprio della lingua italiana, spec. delle regioni centro-meridionali, consistente nel rafforzamento di alcune consonanti semplici in inizio di parola, pronunciate doppie quando si trovano dopo altre parole terminanti per vocale: ierisséra, bellommìo, ammàno».
La d di Dio, in questo contesto, è un caso particolare in quanto si pronuncia sempre rafforzata a prescindere dalla parola che la precede. A questo proposito si presti attenzione alla a, non si confonda, cioè la a, prefisso (arrivederci, per esempio) con la a privativa, che ha il compito di negare senza affermare il contrario e non ammette il raddoppiamento della consonante iniziale del vocabolo cui si unisce: apolitico, amorale.
Si eviti anche il deleterio vezzo di raddoppiare la consonante dopo il prefisso di; non si scriva, dunque, dippiù, ma dipiù (o di più). Ciò vale anche per dinanzi, che molti scrivono, erroneamente, dinnanzi, probabilmente per un accostamento analogico con innanzi il cui rafforzamento è apparente perché la doppia n risulta dalla fusione di in e della locuzione latina in antea già contratta in nanzi (in+in antea=in nanzi=innanzi). Dinanzi deriva, invece, dalla fusione di di e di nanzi).
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