Che pollèbro!
«Cortese dott. Raso,
seguo le sue noterelle fin dai tempi del Cannocchiale: leggendola ho imparato molte cose, soprattutto sono riuscito a penetrare nei segreti della nostra lingua. Grazie di cuore.
Le scrivo, sperando in una sua risposta, perché leggendo un vecchio libro, rinvenuto rassettando la soffitta, mi sono imbattuto in un vocabolo mai sentito: pollèbro. Ho consultato tutti i vocabolari in mio possesso (anche quelli in rete), ma del termine nessuna traccia. Saprebbe dirmi il significato del vocabolo incriminato?
Grazie in anticipo e un doppio grazie per la sua meritoria opera.
Giovanni F.
Moncalieri»
Caro amico, grazie per le sue parole di apprezzamento; fa sempre piacere vedere che la fatica non è stata vana. Quanto alla sua domanda, ha ragione: la parola citata è stata relegata nella soffitta della lingua in quanto non più in uso.
Si adopera, anzi si adoperava il termine pollèbro per definire un uomo dappoco, un buonannulla: non ti rivolgere a Osvaldo, è un pollèbro! Il vocabolo, comunque, si trova qui.
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