Fare la pacchia
«Sbrigati, alzati, la pacchia è finita», urlò il padre al figlio. «Finalmente anche tu conoscerai i sacrifici da affrontare per guadagnarsi un tozzo di pane».
«Fare la pacchia», cioè godersi la vita senza alcun pensiero; aver trovato il modo di vivere bene, di mangiare e bere senza lavorare. Quest'espressione è tratta dal mondo animale.
La [pacchia], dal latino pabula, plurale di pabulum (pascolo), indicava — un tempo — la pastura per gli
animali. Questi, infatti, hanno la loro [pacchia]: mangiano e bevono senza lavorare.
Da pacchia è stato coniato il verbo denominale [spacchiare] (non attestato in tutti i vocabolari), come si può leggere nel Tommaseo-Bellini:
«[V. n. pass. Mangiar con piacere o abbondantemente checchessia. (Man.) — Rammenta Pabulum, e il gr. Παχὺς, grasso, pingue.
2. Val. Spacchiarsela. Passarsela, Godersela. Fag. Rim. 6. 212. Al mormorio d'un fonte… M'addormento la state, e me la spacchio. E 6. 240. Cantar lo lascia a ufo, e se la spacchia. G.M. E altrove: Egli intanto se la spacchia, E fa ognor pompa solenne.
G.M. Per estens. Sono stato a sentire la Semiramide di Rossini, e mi ci sono proprio spacchiato (me la son goduta).]»
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