Chi guadagna... pascola
Viaggiamo, attraverso la foresta del vocabolario italiano, alla ricerca di parole di uso comune il cui significato scoperto è noto a tutti mentre quello coperto solo agli addetti ai lavori, facendo tappa alla voce guadagnare.
Chi non conosce, infatti, l’accezione di questo verbo? Se non altro basta aprire un qualsivoglia vocabolario e leggere: «Trarre profitto, utile, da un lavoro, a riconoscimento dei propri meriti e fatiche». Questo, appunto, il significato che abbiamo definito scoperto. E quello coperto, cioè nascosto dentro la parola?
Per… scoprirlo è necessario studiare l’origine del verbo – che non è schiettamente italiana – la quale ci porta al franco-gotico waidanjan (pascolare), derivato di waida, pascolo, appunto. Per i nostri antenati, infatti, la maggior fonte di ricchezza, di… guadagno, era data dall’allevamento di bestiame.
Con il trascorrere del tempo il verbo ha perso il significato originario (coperto) di pascolare per assumere quello scoperto di trarre lucro. Ma non finisce qui. Vi sono altre parole di uso comune – provenienti, però, dal latino – che ci riportano ai… pascoli: peculio, pecunia e peculato. Tutte e tre provengono, infatti, dal latino pecus (armamento, gregge). Vediamo, ora, i significati scoperti dei tre termini.
Peculio: somma di denaro accumulata con la costanza di piccoli risparmi. In origine il peculio era la quantità di beni posseduti, soprattutto di bestiame (pecus, pecora); pecunia: denaro. Originariamente ricchezza consistente in bestiame (pecus, pecora, gregge); peculato: appropriazione indebita di denaro o beni pubblici da parte di un funzionario pubblico. E sempre in tema di guadagno, di… pascolo, finiamo con il capitale che un tempo indicava esclusivamente il numero dei capi di bestiame bovino posseduti.
Dal guadagno andiamo al rivale, altra parola di uso comune con un significato nascosto. Ma diamo la parola a Enzo La Stella, molto più autorevole dell’estensore di queste modeste noterelle sulla lingua italiana.
«Si può essere rivali nello sport, negli affari, in amore e in mille altri campi, tanto più che il desiderio di primeggiare è innato in ogni uomo. Ma cos’è questo ‘rivo’ o fiume che intuiamo dietro rivale e rivalità? Ci troviamo di fronte a una metafora (uso figurato) di un termine proprio del mondo agricolo: in latino ‘rivales’ erano, in origine, i contadini i cui poderi erano divisi da un rigagnolo che, specie nei momenti di siccità, poteva dare origine a discussioni sui quantitativi d’acqua che ciascuno aveva diritto di attingere o deviare per i suoi bisogni di irrigazione. Spesso ne seguivano zuffe, tanto che, a poco a poco, rivale aggiunse al suo significato originale e specifico, quello più generico di concorrente e avversario. Fra le parole di uso corrente che derivano dalla vita dei campi ricorderemo ‘vite’, nel senso di organo meccanico, ‘appioppare’, ‘fisco’ e ‘pagina’ (il senso originale era di foglia), vocaboli e locuzioni che, da un ambito specifico e spesso tecnico, si sono estesi a campi espressivi più vasti».
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