Fidanzarsi vuol dire... fidarsi

Sì, proprio così: chi si fidanza si fida. E per conoscere il perché occorre prendere il discorso alla lontana e rifarsi — come avviene spesso per le questioni di lingua — all'idioma dei nostri antenati: il latino.
Dobbiamo risalire, infatti, al participio passato del verbo latino spondere (promettere solennemente), sponsus. Lo sponsus e la sponsa (il promesso e la promessa) erano, quindi, coloro che promettevano solennemente di unirsi in matrimonio tra loro. Nell'antica Roma la formula rituale che gli innamorati si scambiavano all'atto del fidanzamento era: spondesne? (prometti?); alla quale si rispondeva: spondeo (prometto).
Il cerimoniale della promessa di matrimonio prevedeva anche che ciascuno dei promessi infilasse nel dito dell'altro un anello, elemento di una catena spirituale, come segno di fede reciproca; e di qui anche il nome di fede che si dà all'anello nuziale. E siamo, così, giunti al... fidanzamento.
Fede in latino si diceva fides, da questo termine si coniò fidentia (fidanza, fiducia) e di qui i vocaboli italiani fidanzarsi, fidanzati, fidanzamento. Il fidanzamento, per tanto, si può definire un atto di fiducia tra due giovani.

01-09-2020 — Autore: Fausto Raso — permalink


Non meni una vita mondana? Sei proprio un idiota!

Scrive Paul Laffite: «Un idiota povero è un idiota, un idiota ricco è un ricco». Voi quanti ricchi conoscete? Bando agli scherzi; oggi questo termine, vale a dire idiota, ha assunto — come tutti sappiamo — l'accezione dispregiativa; in origine non era affatto così.
L'idiota, stando all'etimologia, è colui che conduce una vita privata, fuori della società e dei pubblici impieghi perché deriva dal... latino idiota, tratto dal greco ἰδιώτης (idiòtes), che significa, propriamente, particolare, privato; colui, quindi, che mena una vita privata, particolare, appunto. Un privato cittadino, per tanto, stando alla lingua, è un perfetto idiota, al contrario di alcuni politici che non possono assolutamente essere considerati... idioti, anche se...
Con il trascorrere del tempo il significato originario del termine, cioè di colui che vive in disparte, da privato, si è tramutato in uomo rozzo, ignorante, demente perché l'idiota vivendo, appunto, da privato, non ha possibilità di affinare le sue capacità cerebrali. Da idiota, cioè da stupido, sono stati coniati i termini medici idiozia e idiotismo, vale a dire «gravissimo arresto delle facoltà intellettive che si manifesta in modo totale o parziale».
Da non confondere, a questo proposito, l'idiotismo medico-scientifico con quello linguistico, anche se l'origine dei due termini, come si può intuire, è la medesima. L'idiotismo linguistico, per usare le parole dell'illustre linguista Aldo Gabrielli, «è il sale e il pepe di una lingua». Deriva dalla voce greca ἰδιωτισμός (idiotismòs), tratta dall'aggettivo ἴδιος (ìdios) (mio, particolare, proprio) ed è, quindi, quella parola o quel modo di dire che si discosta dalle leggi della grammatica ed è propria (idios) di una lingua o di un dialetto, di una regione o di una provincia.
È, insomma, una parola che spurgata della sua volgarità (idiotismòs significa anche parlo volgare) entra a pieno titolo nel patrimonio linguistico nazionale, e noi tutti la adoperiamo quotidianamente senza pensare minimamente alla sua volgarità originaria.
La nostra bella lingua è ricchissima di idiotismi; il taccheggio, per esempio, termine tanto di moda oggi, è uno di questi. I vocabolari lo definiscono «furto commesso da chi, in un negozio, sottrae clandestinamente ciò che gli capita a portata di mano». Alcuni lo fanno derivare dall'accezione gergale di tacca (truffa): i negozianti di un tempo erano soliti segnare i debiti dei clienti (che molto spesso non pagavano) con tacche su un'apposita tessera. Da tacca è stato coniato il verbo taccheggiare, cioè... rubare

31-08-2020 — Autore: Fausto Raso — permalink


Gli antifurto e gli antipapi

Saremmo veramente felici se qualche linguista doc, qualora si imbattesse in questo sito, ci spiegasse perché buona parte dei vocabolari dell'uso — se non tutti — attesta (o, se preferite, attestano) il sostantivo antifurto invariabile e antipapa, invece variabile: l'antifurto, gli antifurto; l'antipapa, gli antipapi.

Eppure i due sostantivi sono formati con lo stesso prefisso anti- (che significa avversione, contro, opposizione) e un nome maschile singolare. Perché questa disparità di “trattamento linguistico"?

Da parte nostra, amici, diremo e scriveremo, sempre, per esempio (e a costo di attirarci gli strali di coloro che fanno la lingua), che «tutti gli appartamenti hanno gli antifurti». Voi, cortesi lettori...

28-08-2020 — Autore: Fausto Raso — permalink