Portare la lettera (o la missiva) di Bellerofonte
Qualche lettore avrà sperimentato sulla propria pelle — con molta probabilità — il modo di dire sopra citato. L'espressione si riferisce, infatti, a colui che è latore di una missiva contenente notizie spiacevoli per sé stesso. La locuzione è tratta dalla mitologia greca.
L'eroe corinzio Bellerofonte, durante il dorato esilio a Tirinto presso il re Preto, respinse con decisione le profferte d'amore della consorte del re. La regina, offesa e infuriata, lo accusò, allora, di avere tentato, con ogni mezzo, di sedurla. Il re, per tanto, meditò di vendicarsi dell'affronto inviando il giovanotto presso il suocero Iobate con l'importante incarico di recargli un messaggio.
La lettera, sigillata — ovviamente — conteneva la richiesta di condannare a morte chi l'avesse recapitata. Iobate, però, prima di esaudire il volere del genero, volle sottoporre Bellerofonte a prove difficilissime; prove che il giovane superò brillantemente. Il sovrano, incredulo e pieno d'ammirazione per quell'eroe, invece di metterlo a morte, come avrebbe desiderato il genero re Preto, lo colmò di doni e gli dette in sposa la sua secondogenita.
Linguisti e giornalisti
Abbiamo l'impressione che nell'immaginario collettivo (anche se non si deve mai generalizzare) si faccia una gran confusione tra giornalisti, scrittori e... linguisti. Si accredita la tesi secondo la quale un giornalista così detto di grido, un giornalista dal nome prestigioso, sia anche un ottimo linguista.
Questa tesi, a nostro modo di vedere, è falsa e, quindi, da respingere recisamente. Un ottimo giornalista è colui che sa scegliere le notizie e, una volta assimilate, le commenta per il grande pubblico con parole semplici, come farebbe un insegnante di fronte ai suoi allievi. Il giornalista — in un certo senso — è l'educatore della pubblica opinione.
I giornalisti dal nome prestigioso (ma chi stabilisce il prestigio?) che non rispettano le norme grammaticali per puro snobismo non possono essere definiti linguisti nel senso letterale del termine, e sono colpevoli di lesa lingua quanto, se non di più, i giornalisti che non applicano le regole perché non le conoscono.
Il giornalista-linguista si preoccupa, nello scrivere, di non incorrere in inesattezze che potrebbero turbare l'equilibrio linguistico-grammaticale dei lettori, soprattutto dei lettori-studenti, mettendo così in discussione quanto alcuni docenti (quelli con la D maiuscola, se ce ne sono ancora, visto lo sfacelo in cui versa la scuola italiana) si sforzano d'insegnare ai loro discenti, a dispetto dei giornalisti che fanno la lingua.
Sbandare: quale ausiliare?
Tutti i vocabolari che abbiamo consultato (cartacei e in Rete) sono concordi nel segnalare il verbo "avere" quale ausiliare del verbo "sbandare": l'automobile ha sbandato ed è finita contro un muro.
E hanno perfettamente ragione perché "sbandare", come tutti i verbi intransitivi che indicano un moto fine a sé stesso, nei tempi composti prende l'ausiliare avere.
Solo il Treccani ammette anche l'ausiliare "essere". Una rapida ricerca con Googlelibri (l'auto ha/è sbandato/a) ha dato 32 occorrenze con l'ausiliare avere e 8 con l'ausiliare essere.
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