Il più presto

Il più presto possibile o al più presto possibile? Questo dilemma tormenta da tempo alcuni nostri amici, da quando hanno notato che la televisione pubblica e alcune emittenti private non concordano circa la grafia contenuta in un videogramma che annuncia la ripresa delle trasmissioni. La prima scrive: “Le trasmissioni riprenderanno il più presto possibile”; le altre, invece, “Le trasmissioni riprenderanno al più presto possibile”.
A questo punto, ci domandava e si domandava un amico: Dando per corretta la prima versione, dovrò dire che il lavoro riprenderà l'alba?. Sciogliamo subito il dubbio: entrambe le versioni sono corrette. E facciamo anche la prova del nove: si può dire “le trasmissioni riprenderanno il più presto possibile” perché si può dire “le trasmissioni riprenderanno il 20 novembre; si può dire, altresì, “le trasmissioni riprenderanno al più presto...” perché non è errato dire “le trasmissioni riprenderanno alle 16.30”. Non esiste, dunque, una norma grammaticale, è solo questione di gusto.
L'avverbio di tempo presto nella forma del superlativo relativo diventa una locuzione avverbiale che può essere introdotta tanto dall'articolo il quanto dalla preposizione articolata al. Personalmente preferiamo al perché il complemento di tempo determinato è introdotto, generalmente, dalle preposizioni a, in, di, su, circa: verrò da te alle 17.00; le rose sbocciano a maggio; sarà qui in cinque minuti.
Al più presto possibile rispecchia fedelmente, per tanto, il predetto complemento di tempo determinato che... determina, appunto, sia pure approssimativamente, il tempo o il momento in cui l'azione espressa dal predicato si è svolta o si svolgerà. Si riconosce facilmente perché risponde alle domande sottintese quando?, in che momento? ed è rappresentato da un nome o da un'altra parte del discorso preceduta dalle preposizioni su accennate.
Può essere rappresentato anche da un solo avverbio (oggi, domani, ieri) o da una locuzione avverbiale (lì per lì). Può essere anche espresso, in alcuni casi, da un sostantivo preceduto dall'articolo: il pomeriggio; la sera; il mattino. Sono errate, quindi (anche se alcuni vocabolari...), le espressioni alla sera per la sera; al mattino per il mattino; al pomeriggio per il pomeriggio e via dicendo.

02-03-2021 — Autore: Fausto Raso — permalink


Alcune locuzioni di uso prettamente popolare

Rispondiamo ai quesiti postici da alcuni amici lettori che ci hanno chiesto di non copincollare le loro domande. Cominciamo con la locuzione di uso prettamente popolare e, quindi, da evitare: prendere per i fondelli. Il significato di quest'espressione — forma spurgata di quella ancora più volgare, prendere per il... — è chiarissimo: prendere in giro, burlare. In senso figurato una persona viene afferrata per i fondelli, vale a dire per la parte rinforzata del fondo dei calzoni (specialmente i calzoni dei cavallerizzi) e fatta girare (prendere in giro) al fine di metterla alla berlina.

Quanto alla locuzione il più pulito ha la rogna, si spiega da sé. Sempre in senso figurato, colui che predica bene, che ha sempre da ridire sul comportamento poco ortodosso degli altri, farebbe bene a stare zitto, invece, perché non si accorge che anche lui, che dentro si ritiene più pulito, ha la... rogna, le sue pecche.

Anche l'espressione la legge è per i fessi, si spiega da sola. I fessi, vale a dire le persone sciocche, non sono in grado di aggirare una legge; non sono capaci di mettere in pratica un altro modo di dire: fatta la legge, trovato l'inganno.

L'ultima espressione, ma cos'è, una repubblica?, si adopera quando si vuol mettere in evidenza il fatto che — in determinate circostanze — ciascuno fa quello che vuole. La locuzione si usa — in senso soprattutto scherzoso — riferita, in modo particolare, alla confusione disordinata di una famiglia, di una comunità in cui tutti vogliono comandare in base alla res publica, alla cosa pubblica.

01-03-2021 — Autore: Fausto Raso — permalink


Nozze di sogno o da sogno?

Nozze da sogno, ma solo nei ricordi: 60 anni dopo gli scatti del nuovo “sì” Probabilmente ci ripetiamo, e nel caso ci scusiamo, ma come dicevano i nostri antenati Latini... Ci riferiamo all'uso improprio, per non dire errato, della preposizione da.
La grande stampa, quella, come usa dire, che fa opinione, continua imperterrita a sfornare titoli del tipo nozze da favola, giornata da incubo, festa da ballo e simili. Bene, anzi male, malissimo: quel da — contrariamente a quanto sostengono alcuni vocabolari e vari sacri testi grammaticali — è errato. Si deve dire nozze di favola. Perché?
Il motivo è semplicissimo. La preposizione da è adoperata correttamente solo per indicare la destinazione, l'attitudine o l'idoneità di qualcosa: sala da ballo (destinata al ballo); bicicletta da corsa; veste da camera; pianta da frutto ecc. Il suo uso è scorretto, e occorre adoperare la preposizione di, quando si parla, invece, di una qualità specifica di una determinata cosa e non di un'occasionale destinazione. Si dirà correttamente, quindi: festa di ballo; nozze di favola; uomo di spettacolo; notte di inferno e via discorrendo.
Una regola empirica ci aiuta nell'uso del da o del di. Quando il sostantivo che segue la preposizione da può essere sostituito con un aggettivo o si può formare una proposizione relativa, la preposizione da va cambiata in di. Una vita da inferno, per esempio, può essere cambiata in vita infernale o in vita che è un inferno, in questo caso, quindi, la preposizione da va sostituita con la preposizione di. Ancora. Una notte da favola si può trasformare in una notte favolosa o in una notte che è una favola. Quindi: notte di favola.
Unica eccezione: biglietto da visita. Questa locuzione, benché errata, è ormai una forma cristallizzata nell'uso. Le eccezioni, si sa, confermano le regole.
26-02-2021 — Autore: Fausto Raso — permalink