Piangere lacrime di coccodrillo
Il modo di dire, in senso traslato, vuol significare un pentimento finto o, comunque, tardivo. La locuzione, diciamolo subito, non è legata al fatto che il coccodrillo pianga veramente dopo aver compiuto il misfatto ma al comportamento dell'animale che, mangiando prede di enorme mole, ha una difficile digestione e cade in un torpore che fa ritenere il grosso rettile essere in uno stato di abbattimento e... pentimento.
Quanto alle famose lacrime, leggiamo assieme una curiosa favola narrata da Jean-Pierre Claris de Florian, Enciclopedia della fiaba: «Due graziosi fanciulli giocavano un giorno sulle rive del Nilo. Raccoglievano sassi piatti e rotondi e si divertivano a farli rimbalzare sull'acqua azzurra del fiume. Ed ecco che un mostruoso coccodrillo emerse all'improvviso lì presso a fauci spalancate e, afferrato uno dei bimbi, se lo divorò, mentre il compagno fuggiva gridando disperatamente.
Aveva assistito a quella scena un probo storione che, tra lo sdegno e l'orrore, si tuffò di colpo nel più profondo delle acque; se non che, udendo il colpevole gemere e singhiozzare si commosse nel suo mite cuore e pensò: "Il mostro è colto dai rimorsi. Ne sia lodata la provvidenza. Meglio sarebbe che questi delitti non venissero compiuti; tuttavia è già grande cosa che lo scellerato rimpianga la propria colpa. L'istante è propizio. Lo persuaderò almeno ad espiare il delitto e a giurare di non commetterne più".
E risalito a galla nuotò verso il coccodrillo. "Piangi! — gli gridò — Piangi il tuo misfatto! Ringrazia gli Dei che ti mandano il rimorso, il quale strazia, ma purifica. Disgraziato! Divorare un bambino! Il mio cuore ne freme tuttora. Ma anche il tuo ne piange...". "Sì — l'interruppe il coccodrillo sempre singhiozzando — sì, piango per la rabbia di non aver potuto acciuffare anche l'altro"».
Di significato affine le espressioni Fare come il gatto, che prima ammazza il topo e poi miagola; Fare prima il morto e poi piangerlo e infine Piangere con un occhio solo.
Le corna del dilemma
Adoperiamo questa locuzione, naturalmente in senso figurato, quando ci troviamo davanti a un problema che presenta due soluzioni, opposte tra loro ma le uniche possibili.
Nella logica il dilemma — che in linguistica, sotto il profilo etimologico, significa propriamente doppia proposizione — è un problema intricato e di soluzione difficile, un ragionamento fondato su due premesse dette, appunto, corni o corna, di cui una necessariamente falsa, l'altra vera le quali portano, tuttavia, alla stessa conclusione o soluzione.
Tra i più celebri dilemmi con le corna ricordiamo quello di Umar, detto, per l'appunto, dilemma di Umar, dal nome del califfo che la storia ha accusato di avere ordinato la distruzione della biblioteca di Alessandria. In quell'occasione il califfo ebbe a dire, a sua discolpa: «Se questi libri sono contrari al Corano sono dannosi, e per tanto da bruciare; se al contrario sono conformi al Corano sono decisamente inutili e, quindi, sempre da bruciare».
Trattare con i guanti gialli
Contrariamente all'uso comune l'espressione corretta è guanti gialli, non bianchi. Sinceramente non sappiamo trovare una spiegazione che giustifichi l'uso distorto del modo di dire.
Sappiamo con certezza, però, che l'espressione si riferisce a persone molto permalose, suscettibili; persone che debbono essere trattate — per avere la certezza che non risentano di un nostro involontario sgarbo — con tutte le cure possibili e immaginabili, con tutti i riguardi, insomma.
Ma perché guanti gialli e non, per esempio, neri, marrone o... bianchi come il modo di dire storpiato? La risposta è più semplice di quanto si possa pensare. Un tempo, soprattutto nel periodo della belle époque, i guanti gialli erano propri di persone raffinate ed eleganti, erano, per usare una barbara e bruttissima espressione, lo status symbol delle persone; in Francia, in modo particolare dove, da sempre, la moda impera e viene esportata.

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