Salace

Si presti molta, molta attenzione all'uso corretto dell'aggettivo salace perché non significa — come numerose grandi firme del giornalismo ritengono — arguto, spiritoso, pungente, ingegnoso, mordace e simili.

L'aggettivo in questione vale osceno, eccitante, scurrile, piccante, lascivo, lussurioso, libidinoso. Una prosa salace non è — come ci è capitato di leggere secondo le intenzioni di un critico letterario — una prosa arguta, sibbene una prosa oscena, scurrile.

17-12-2019 — Autore: Fausto Raso — permalink


Il frac

Dopo la livrea, due parole, due, sul frac. Cominciamo con il dire, innanzi tutto, che la sola grafia corretta è con la c: frac, non frak o frack.
La storia di questo abito non è ancora del tutto chiarita: la voce è francese ma la provenienza — sembra — inglese: frock (si badi bene, con la o), che originariamente indicava una veste maschile a falde indossata da persone che andavano a cavallo.
Si ritiene, anzi, che fosse usata dai militari (non solo dai cavalieri ma anche dai fanti): i due bottoni che ornano questo indumento, ancor oggi, all'altezza delle reni sarebbero la prova provata; servivano, infatti, a tenere le falde rialzate per permettere di camminare più speditamente.
Oggi, con il termine frac si intende un abito maschile da cerimonia, nero, con giacca corta davanti e prolungata dietro in due falde lunghe e sottili.
Aggiungiamo, per gli amanti (o amatori) della purezza linguistica, che l'Accademia della Crusca aveva proposto di sostituire il termine barbaro frac con marsina, ritenuto vocabolo più schietto.
Ma marsina non viene dal nome del maresciallo di Francia Jean de Marsin, che indossava il frac prima ancora che fosse coniato questo termine? Ma tant'è. Scherzi della lingua.

16-12-2019 — Autore: Fausto Raso — permalink


Che pollèbro!

«Cortese dott. Raso,
seguo le sue noterelle fin dai tempi del Cannocchiale: leggendola ho imparato molte cose, soprattutto sono riuscito a penetrare nei segreti della nostra lingua. Grazie di cuore.
Le scrivo, sperando in una sua risposta, perché leggendo un vecchio libro, rinvenuto rassettando la soffitta, mi sono imbattuto in un vocabolo mai sentito: pollèbro. Ho consultato tutti i vocabolari in mio possesso (anche quelli in rete), ma del termine nessuna traccia. Saprebbe dirmi il significato del vocabolo incriminato?
Grazie in anticipo e un doppio grazie per la sua meritoria opera.
Giovanni F.
Moncalieri
»

Caro amico, grazie per le sue parole di apprezzamento; fa sempre piacere vedere che la fatica non è stata vana. Quanto alla sua domanda, ha ragione: la parola citata è stata relegata nella soffitta della lingua in quanto non più in uso.
Si adopera, anzi si adoperava il termine pollèbro per definire un uomo dappoco, un buonannulla: non ti rivolgere a Osvaldo, è un pollèbro! Il vocabolo, comunque, si trova qui.

13-12-2019 — Autore: Fausto Raso — permalink