Fare altare contro altare...
... vale a dire gareggiare per la vittoria del proprio gruppo, della propria fazione, della propria squadra e così via.
La locuzione si rifà ai tempi in cui nei paesi, soprattutto nelle campagne, era molto sentito il culto per il Santo patrono, l'addobbo dell'altare a lui dedicato era, quindi, un fatto di primaria importanza per tutta la popolazione. Ogni fedele si prodigava al fine di rendere l'altare sempre più bello.
Ciò "scatenava" autentiche sfide tra gli abitanti dei paesi limitrofi nell'intento di avere, a tutti i costi, l'altare con gli addobbi più ricchi.
E già che siamo in tema vogliamo vedere perché l'altare si chiama... altare e con due accezioni?
Pedostatmo
Alcuni vocaboli di formazione greca sono adoperati scorrettamente, altri sconosciuti. Tra i primi citiamo neofita e archiatra. Il primo termine, che significa convertito di recente, nuovo adepto, formato con le voci greche νέο, neo (nuovo) e φύειν phyein (generare), latinizzato in neophytus (germogliato da poco) è divenuto in lingua italiana neofito, con tanto di desinenza -o\. È, per tanto, un sostantivo e si comporta come tale: neofito per il maschile singolare, neofita per il femminile singolare, neofiti e neofite rispettivamente per il maschile e femminile plurale.
E veniamo ad archiatra, la cui desinenza -a è tollerata. Anche in questo caso, infatti, l'unica forma corretta sarebbe con la o finale: archiatro. Questo sostantivo — adoperato un tempo per indicare il primo medico di corte e oggi rimasto in uso solo per il medico del Pontefice — è, infatti, il greco ἀρχιατρός archiatròs, composto con ἀρχή archè (primato, superiorità) e ἰατρός iatròs (medico). Da un punto di vista prettamente etimologico la desinenza a non sarebbe, quindi, giustificata. La forma scorretta archiatra si tollera, dunque, per analogia con pediatra, odontoiatra, otoiatra, psichiatra e via dicendo.
Vediamo, ora, quelli sconosciuti. Le mamme, per esempio, conoscono benissimo il pediatra ma non sanno che la bilancia per pesare i loro pargoletti si chiama pedostatmo, mentre — Dio non voglia — l'ospedale dove ricoverarli quando stanno male si chiama pedocomio (ma chi lo usa? tutti preferiscono ospedale pediatrico); infine, quando sono cresciutelli — a novant'anni — possono sperare di vederli ospitati in un gerontocomio (o gerotrofio).
E coloro che amano fare delle lunghe passeggiate ma devono rinunciarvi, a causa delle scarpe strette che procurano loro un forte dolore sotto la pianta del piede, sanno che soffrono di pedialgia? E i tantissimi uomini politici che di questi tempi fanno dei discorsi che per certi versi potremmo definire osceni sanno che sono affetti da escrologia?
Destricare o districare?
«Gentile prof. Raso,
mi sono trovata in una disputa linguistica sul "perché si dice DISTRICARE e non DESTRICARE" ...in nessun contesto ho trovato la parola con la E ma mi si contrasta che l'etimo dal latino mette la E quindi dovrebbe essere accettato anche DESTRICARE!
Può darmi una mano?
Grazie
MR
(località omessa)»
Cortese MR, sì, il verbo in questione proviene dal latino (con la e), come può vedere qui; ma in lingua italiana non è accettabile perché il prefisso latino de- in italiano diventa — in linea generale — 'di-' .
Il verbo corretto, quindi, è districare. I vocabolari, infatti, non attestano destricare, ad eccezione del GRADIT del De Mauro, che registra destricare variante di districare. Questo vocabolario, però, accoglie anche molta spazzatura e destricare ne fa parte.

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