Il dizionario...
Siamo rimasti stupiti nel constatare che molti studenti (e no) non sanno consultare un dizionario (o vocabolario, anche se, a rigore, i due termini non sono proprio sinonimi): si fermano alla prima definizione. Il dizionario, invece, va letto con molta attenzione per non incorrere nella scelta di un termine non appropriato alla bisogna.
Scrive, infatti, il linguista Leo Pestelli:
«Il dizionario è un libro prezioso da gustare nelle minime pieghe; sono soldi spesi bene.
Importantissime quelle abbreviazioni che vi stanno in parentesi, accanto alla voce elencata: sost. agg. pron. avv. tr. intr. rifl. e così via, che molti saltano per la furia di andare a vedere la definizione, onde poi tanti errori come quello di barattare categoria ai verbi e usarli attivi quando son neutri e viceversa, o non distinguere i casi in cui lo stesso verbo è transitivo e intransitivo.
Così piombare, transitivo soltanto nel senso di ricoprire o rafforzare con piombo, è preso da taluni attivamente anche nel senso di cadere a piombo, d'improvviso e violentemente: quel lutto lo piombò nella miseria.
Il dizionario vuol essere letto con la lente e in pace e il più adagio possibile, senza fretta di arrivare in fondo. Tanto si sa come finisce. Finisce col sostantivo zuzzurullone, persona grande e grossa, vogliosa solamente di ruzzare, di girare, di non far nulla: un zuzzurullone di marito».
Parlare francese come una vacca spagnola
«Cortese dr Raso,
sarebbe interessante conoscere il motivo per cui si dice parlare francese come una vacca spagnola, cioè parlarlo malissimo.
Grazie e cordialità
Antonio F.
Caltanissetta»
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Gentile Antonio, le faccio rispondere dal linguista Enzo La Stella.
«Il curioso detto transalpino parler le français comme un Basque espagnol, ossia malissimo, diventa ancora più curioso nella nostra traduzione ad orecchio parlare francese come una vacca spagnola, efficace dimostrazione che il francese possono parlarlo male anche gli Italiani.
In realtà, quello che noi traduciamo vacca; è il nome etnico dei Baschi, popolazione non indoeuropea che abita alcune province della Spagna e della Francia, ma che in genere parla piuttosto male le lingue dei due Paesi che la ospitano, dato che è attaccatissima alla propria identità e alla parlata dei padri.
Comunque, se un Basco di San Sebastian o di Bilbao non ha molti problemi a dominare il castigliano, la cosa si complica se le circostanze lo obbligano ad arrabattarsi in francese: è proprio quello che la locuzione citata desidera sottolineare.
La pagina e la pagella
Non ricordiamo, francamente, se l'argomento di cui parliamo sia già stato affrontato, nel caso ci scusiamo per la ripetizione.
Abbiamo sempre sostenuto, da questa rubrica, l'importanza della scienza etimologica ed abbiamo esecrato il fatto che questa scienza non sia tenuta nella massima considerazione: la scuola — per quanto ne sappiamo — la ritiene, nei migliori dei casi, la cenerentola della grammatica. Non deve essere così, amici.
Questa scienza ci fa scoprire delle cose sorprendenti. Ci fa scoprire, per esempio, che la pagina in rete, che state leggendo in questo momento, ci porta al mondo rurale. La pagina (quella cartacea soprattutto) non è altro, infatti, che il latino pagina(m), dal verbo pangere (piantare, conficcare).
I nostri antenati Romani chiamavano pagina una pianta, quella delle viti in particolare. Questo stesso nome fu dato, in seguito, a un insieme di righi di scrittura e, per estensione, al foglio di carta che li conteneva. Perché? Il motivo è più semplice di quanto si possa credere: a coloro che erano abituati ai lavori agricoli il foglio scritto appariva simile a un campo con tanti filari.
Da pagina abbiamo la pagella, cioè una piccola pagina dove sono riportati i voti ottenuti dagli studenti in ogni materia. C'è ancora qualcuno che sostiene la barbosità dell'etimologia?

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