Il laziale

Due parole su laziale, un'altra parola omografa e omofona con distinti significati: abitante del Lazio tifoso della squadra di calcio (la Lazio). E qui lanciamo una provocazione ai lessicografi.
Perché non chiamare il tifoso della squadra di calcio “lazista” e lasciare laziale solo per designare l'abitante della regione?
Laziale ambivalente — a nostro modo di vedere — può creare confusione tra l'abitante e il tifoso. Un abitante di Frosinone, per esempio, è un laziale, ma non necessariamente un tifoso della Lazio.
A suffragio della nostra tesi — che non riteniamo affatto peregrina — portiamo una motivazione etimologica. Il suffisso -ale di laziale indica un'appartenenza: che è del Lazio, che appartiene al Lazio.
Lazista — per indicare il tifoso della squadra — oltre a non creare equivoci — ci sembra appropriato perché composto con il suffisso -ista con il quale si intende “colui che professa o parteggia per qualcosa”.
Il tifoso della Lazio non parteggia per la squadra del cuore? Ci piacerebbe conoscere il parere dei soliti
soloni della lingua...
Si dia un'occhiata anche qui.

02-12-2020 — Autore: Fausto Raso — permalink


Il rancio

Due parole sul rancio, uno dei vocaboli omografi e omofoni di cui la nostra lingua non difetta. Cominciamo con il dire che questo termine può essere tanto sostantivo quanto aggettivo.
Nel secondo caso è l'aferesi di (a)rancio: color dell'arancia; sta, quindi, per “arancione". Occorre dire, però, per “obiettività linguistica" che questo aggettivo viene adoperato, per lo più, in poesia; difficilmente un grande scrittore lo userebbe in una prosa. È anche aggettivo quando viene adoperato nell'accezione di rancido: quel formaggio è rancio, vale a dire rancido.
Il terzo significato — e in questo caso è un sostantivo — è quello noto a tutti: pasto dei soldati. L'origine non è schiettamente italiana (o latina) — per questo motivo, pur essendo l'accezione “principe" del vocabolo, lo abbiamo relegato nell'ultimo posto — ma spagnola: rancho (stanzone di persone). I militari non consumano il pasto in comune in uno “stanzone"?

01-12-2020 — Autore: Fausto Raso — permalink


Altro che o altroché? Dipende...

Tutti i vocabolari che abbiamo consultato sostengono l'intercambiabilità grafica dell'avverbio altroché: altroché o altro che.
A nostro modestissimo parere andrebbe fatto un distinguo in quanto l'avverbio su detto cambia di significato a seconda della grafia. La scrizione univerbata, altroché, andrebbe adoperata quando l'avverbio in questione ha il valore di esclamazione affermativa con il significato, per l'appunto, di sicuramente, senza dubbio, certamente ecc.: ti è piaciuto il film? Altroché!
La grafia analitica (scissa, separata), altro che, si dovrebbe usare, invece, allorché la locuzione indica una preferenza o un'esclusione rispetto a qualcos'altro: occorrono prove certe, altro che supposizioni.
Da evitare assolutamente la grafia altrocché (con due 'c') perché errata. L'aggettivo altro non determina geminazione (raddoppiamento della consonante).

30-11-2020 — Autore: Fausto Raso — permalink