Bigioia...

Ci piace segnalare un interessante articolo di Gian Luigi Beccaria

Ma che bigioia è questo museo
In difesa di una parola piemontese che non è volgare e tantomeno irriverente

Molti tabù linguistici vengono man mano infranti. Puttana, pronunciato la prima volta nel film Il bandito da Folco Lulli (1946) fece clamore. Venticinque anni dopo, nel Lessico di frequenza preparato dalla Ibm (1971), puttana raggiungeva il 5% nei romanzi, e già il 18% al cinema.
Tullio De Mauro negli Anni '70 era stato chiamato dal Tribunale di Torino per un parere su Dacia Maraini che avrebbe offeso lo scrittore Berto qualificato dalla stessa come stronzo. Si doveva stabilire se la parola era offensiva o no. Ora questa metafora stercoraria è sulla bocca anche dai parlanti imberbi.
Più di vent'anni fa Celentano pronunciò a Fantastico la parola cazzata, e suscitò scalpore. Adesso è un intercalare frequente, che, se non proprio elegante, non fa più scandalo.
Ho ricevuto questa arguta lettera di Enzo Biffi Gentili, Direttore del MIAO di Torino: «Le scrivo a proposito di una curiosa querelle linguistica che ha avuto come protagonisti da una parte il Museo Internazionale delle Arti Applicate Oggi, da me indegnamente diretto, e dall'altra Torino Sette, supplemento de La Stampa. Le espongo i fatti: nel titolo di un progetto grafico pubblicitario di una mostra mercato del Museo inviato a Torino Sette per essere pubblicato compariva, tra altre, la parola bigioie. Vocabolo subito giudicato come assolutamente inappropriato dalla redazione, che  ne chiedeva la sostituzione.
Ora a noi sembrava evidente che trattandosi della pubblicità di un museo specializzato in arti applicate e design, quella parola, oltre a tutto accostata ad altre come babaci, giargiatule, galuperie — ci perdoni, siamo fatti così, un po' eccentrici e vernacolari — si riferisse chiaramente ai bijoux. Ma ammettendo pure, e non potremmo fare altrimenti, una certa maliziosa ambiguità semantica del termine, siamo certi che la sua pubblicazione avrebbe urtato la sensibilità dei lettori?
Viviamo infatti in tempi nei quali vengono sdoganate parole a nostro avviso ben più urtanti, mentre quella nostra bigioia è forse la modalità eufemistica più poetica e meno volgare che esista per indicare, qualora l'avessimo voluto fare, quella cosa là. Ci scusi, per averLa disturbata a proposito di una minuzia, ma terremmo molto a conoscere, per ragioni di cultura generale, il Suo parere très autorisé sulla vicenda».
Stupisco anch'io che nel vortice di parolacce che ci circondano, nei fiumi di insulti e oscenità insopportabili che ci sommergono, si faccia i ritrosi di fronte a una parola piemontese che non è volgare e tantomeno irriverente.
Il piemontese bigioia, accanto al significato di immagine di santo, santino, figura, raffigurazione, contempla l'accezione vereconda di vulva. Si tratta di aggraziato francesismo, fr. bijou.

11-05-2016 — Autore: Gian Luigi Beccaria