Che taffio ricco!

Ecco un termine — a nostro giudizio poco aulico — non attestato in alcuni vocabolari dell'uso: taffio.

Sostantivo deverbale che sta per ricco banchetto.

Proviene, infatti, dal verbo taffiare.

05-10-2020 — Autore: Fausto Raso — permalink


Guarisci? Ti difendi...

Riprendiamo il nostro viaggio attraverso il ricchissimo lessico italiano alla ricerca di parole di tutti i giorni, quelle che adoperiamo per pratica il cui significato nascosto, però, non è noto a tutti, fermandoci al verbo guarire.
Il significato scoperto — tutti lo sappiamo — è recuperare la salute, rimettersi, tornare a essere sano e simili.
Quello che non tutti sanno — probabilmente — è il fatto che il suddetto verbo non è di origine squisitamente latina o, se si preferisce, italiana. Prima di vedere il suo significato nascosto ci sembra interessante rilevare che il verbo in oggetto può essere tanto transitivo quanto intransitivo: nel primo caso sta per rimettere in salute (guarire qualcuno da o di una malattia, si possono adoperare, indifferentemente, le due preposizioni); nel secondo caso vale riacquistare la salute, ristabilirsi: sono guarito ora di (o da) una malattia.
E la persona che è guarita, per esempio, dall'influenza che cosa ha fatto? Si è difesa. Sì, questa l'accezione nascosta del verbo che — come dicevamo — non è di provenienza italo-latina ma germanica, per l'esattezza longobarda: warian, alla lettera tener lontano, quindi difendere. In origine, infatti, il verbo in esame era adoperato nel significato di preservare, salvare, difendere; oggi si usa, per lo più, nell'accezione nota a tutti: far tornare in salute chi è malato.
Da guarire — ci sembra superfluo ricordarlo — sono nati i derivati guaribile (che può guarire), guaritore (la persona che opera una guarigione) e guarigione (il ristabilirsi in salute). E a proposito di quest'ultimo termine, è interessante ricordare una massima di Seneca: «Nulla è più contrario alla guarigione del cambiare spesso i rimedi».

02-10-2020 — Autore: Fausto Raso — permalink


Addetto di o addetto a?

Secondo i redattori titolisti di un quotidiano in rete l'aggettivo e sostantivo addetto si costruisce con la preposizione di e non, correttamente, con la a: Fuori servizio, scioperano a Torino gli addetti del commercio e del turismo.

Per costoro, insomma, si è addetti di qualcosa e non a qualcosa, come riportano i migliori vocabolari della lingua italiana.

Addetto significa, infatti, destinato, adibito. Si dice adibito di qualcosa o adibito a qualcosa?

C'è ancora qualcuno disposto ad accusarci di censurare la lingua biforcuta della stampa?

01-10-2020 — Autore: Fausto Raso — permalink