Comandare a bacchetta
Tutti conosciamo il modo di dire succitato, che significa comandare in modo autoritario, quasi dispoticamente; esercitare il potere, insomma, in maniera non proprio ortodossa.
Ciò che non tutti sanno, probabilmente, è il fatto che la predetta locuzione non deriva dall'uso figurato della bacchetta del direttore d'orchestra, che non comanda ma dirige.
L'espressione, come si può leggere nelle note linguistiche al Malmantile racquistato (un poema burlesco), viene dal fatto che «comandare a bacchetta vuol dire comandare assolutamente e dispoticamente in ogni congiuntura, come re o capitano che porti scettro, mazza o bastone di comando». La bacchetta, infatti, è bene ricordarlo, è un antico simbolo di potere, di comando.
Vi sono anche altri modi di dire che hanno che vedere con la bacchetta, caduti, però, in disuso, come: Signore a bacchetta, cioè persona molto autoritaria; rendere la bacchetta, vale a dire lasciare il comando. Di significato uguale e intuitivo l'espressione comandare a campanello.
Un po' diverso, invece, il senso della locuzione avere (o tenere) il mestolo in mano, che significa comandare e fare e disfare una cosa a proprio piacimento, come la massaia che — in cucina — tiene il mestolo.
Il modo di dire implica il fatto che una persona, cui l'espressione si riferisce, ci metta un gusto particolare nel
comandare, come recita il proverbio: «Chi ha il mestolo in mano, si fa la minestra a modo suo».
I batticuore o i batticuori?
Non tutti i vocabolari sono concordi sulla variabilità di batticuore che — come si sa — in senso proprio significa palpitazione violenta, battito accelerato del muscolo cardiaco e in quello figurato trepidazione, ansia, apprensione. Alcuni vocabolari, dunque, attestano il termine come sostantivo invariato; altri, invece, danno la forma del plurale.
Chi consulta più dizionari, dunque, non sa come regolarsi: i batticuore o i batticuori? A nostro modesto avviso il termine si pluralizza normalmente perché appartiene alla schiera dei nomi composti formati con una voce verbale (battere) e un sostantivo maschile singolare (cuore) e i termini così composti prendono la regolare forma del plurale: parafango/parafanghi; coprifuoco/coprifuochi; batticuore... batticuori.
Una rapida ricerca con Google sembra darci ragione: 55 occorrenze per i batticuore e 382 per i batticuori. Ma anche l'autorevole Dizionario di Ortografia e di Pronunzia si schiera per la variabilità. Al lemma in oggetto non riporta, infatti, la scrizione inv.
La preposizione impropria senza
Due parole sull'uso corretto della preposizione impropria senza perché molto spesso non viene usata a dovere. In linea generale si unisce direttamente al sostantivo: senza paura; senza fretta; senza soldi.
Quando regge due o più nomi, davanti al secondo (e a quelli successivi) non si ripete ma si pone la negazione né (oppure la o, secondo i casi), mai la e: senza grazia né garbo; senza aiuto o conforto.
Quando è seguita da un pronome personale (e molto spesso anche con i dimostrativi) si costruisce, preferibilmente, con la preposizione di: senza di loro (ma anche senza loro); senza di voi (senza voi); senza di questo (senza questo).
In funzione di congiunzione introduce una proposizione esclusiva con valore modale. Sempre in funzione di congiunzione si unisce direttamente a un verbo di modo infinito se il soggetto di entrambe le proposizioni è il medesimo: è andato via di corsa senza dire una parola; se i soggetti sono, invece, diversi si fa seguire dalla congiunzione che con il verbo al modo congiuntivo: ha fatto tutto di testa sua senza che io lo sapessi.
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